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LE INTERVISTE TALEBANE: LORENZO MARIA PACINI

…Il dito medio è l’anima. Il pollice, lo spirito buono. L’indice l’intelletto buono. Le altre due dita rappresentano lo spirito e l’intelletto demoniaci. Questa disposizione ci aiuta a capire che l’uomo era stato emanato per fronteggiare il cattivo demonio, per contenerlo e combatterlo. La sua potenza era di molto superiore, perché univa alla scienza quella del suo compagno e del suo intelletto: tre potenze spirituali contro due potenze demoniache, più deboli. I professori del male erano destinati ad essere totalmente sottomessi e il male era destinato a essere completamente distrutto…

(Martinez de Pasqually – Trattato sulla reintegrazione degli esseri)

Da ragazzo ancora adolescente, ai tempi della quinta ginnasiale, tra una declinazione di greco e il mio ruolo di fratello maggiore vigile e proattivo, prendevo i miei tempi di fuga con letture impegnate. Era un misto tra desiderio di scoperta e opportunità di intelletto “impegnato”. Il tempo sembrava infinito e la percezione, soprattutto quella, era che ce ne fosse in abbondanza. Era quello il periodo in cui andavano tramontando le opulenze degli anni ’80, tra qualche rigurgito metal e qualche tiepido idealismo, e iniziava a delinearsi a gamba tesa il nuovo Occidente, quello del nuovo Millennio dominato dal Pensiero Unico. Poi venne l’Unione Europea, la guerra preventiva, i BRICS, un Occidente liberista che assegna alla vestaglia il suo ultimo ruolo sempre meno latino, sempre meno mediterraneo, sempre meno rappresentato dei Popoli che hanno fatto grande quel mare. Come insegna Marcello Veneziani nei suoi ultimi testi la società postindustriale e postmoderna è sempre più in balia di un Pensiero Unico liberale che assume tratti totalitari. La reazione generata è un profondo senso di malessere e scontento ma ciò, non sempre, produce alternative soddisfacenti. Molto spesso tale scontento, finisce  per arenarsi in un’effimera protesta priva di contenuti corredata dagli aspetti più negativi di quello che Faye  chiamò il “Sistema per uccidere i Popoli”.  A distanza di anni dal citato testo classico della Nuova Destra, l’elaborazione metapolitica è andata avanti elaborando nuovi paradigmi politici. 

La Russia appare, oggi, una interessante avanguardia anche grazie al neoeurasiatismo elaborato da Alexander Dughin  e all’omonimo movimento internazionale che si sta creando anche nel nostro paese. Protagonista interessante, in questo nuovo susseguirsi di eventi, è senza dubbio Lorenzo Maria Pacini che, prima come studente e poi come professore universitario, ha il merito di aver scosso il mondo accademico dominato dal politicamente corretto approfondendo il pensiero di  Alexander Dughin. 

Dal canto nostro, noi de Il Talebano, siamo fermamente convinti che senza un solido apparato filosofico e politologico sia impossibile difendere una società basata sul principio della comunità contro il Pensiero Unico  liberale. Quale interlocutore migliore di Lorenzo Maria Pacini per confrontarci su questo tema?

Professore Lorenzo Maria Pacini, recentemente ha scritto un bel testo intitolato “Dughin e Platone” che insieme a “Capire la Russia” di Paolo Borgognone è propedeutico allo studio del pensiero di Alexandr Dughin. Vuole spiegare il contenuto del testo?

Ringrazio anzitutto Il Talebano per l’intervista, augurando che i vostri lettori possano sempre trovare fra le righe dei vostri articoli l’ispirazione che fa ardere il cuore e il coraggio per tenere viva la fiamma anche nelle avversità di questo mondo. 

Il mio libro nasce, in realtà, come tesi di laurea magistrale in Filosofia Politica, poi aggiustata per il formato editoriale. Quando mi imbattei in Dugin per la prima volta, grazie ad una copia de La Quarta Teoria Politica che mi venne prestata da un amico, restai subito affascinato dal suo pensiero: non semplicemente andava oltre le già note parrocchie politiche di destra, sinistra e miscugli vari, ma, cosa più importante, proponeva una riaffermazione della metafisica nella politica. Questo mi fece battere il cuore. Fu così che decisi di scrivere la mia tesi proprio sul pensiero duginiano, o meglio sul platonismo politico quale base del suo pensiero politico, e mi trovai di fronte ad un’agguerrita censura da parte dei miei professori di allora, dovendo principiare una battaglia che nel giro di un paio di mesi – e non senza dure prove – si risolse con la mia vittoria. La tesi è stata la prima a trattare l’argomento della Quarta Teoria Politica, un’esclusiva, per così dire, che mi piace ricordare non per vanto personale, bensì per far notare come sia ancora possibile parlare, scrivere, ragionare di autori che sono in vita, e non solo di quelli trapassati, ed anche come sia importante esercitare il pensiero libero, andando controcorrente laddove si rende necessario. 

Il libro Dugin e Platone nasce per essere un instrumentum laboris alla comprensione del pensiero di Dugin. Leggere un filosofo in un tempo in cui la filosofia è stata fin troppo obliterata e maltrattata, è davvero difficile, e soprattutto ai giovani risulta noioso; ma non è affatto semplice nemmeno per gli addetti ai lavori, perché entrare nella mentalità di un autore russo è un’impresa ardua. Così ho pensato di rendere accessibile Dugin a tutti, attraverso un libro che fornisse lo strumento di base per leggere tutti i suoi testi. È quello che spero di essere riuscito a fare, con anche il desiderio di far scoprire la ricchezza del pensiero duginiano, che è molto più di una dottrina politica. 

Nella Quarta Teoria Politica, il filosofo Alexandr Dughin dice che il neoeurasiatismo è una epistemologia: oggi abbiamo diversi testi  del grande pensatore russo che spaziano dalla geopolitica, alla filosofia, alla storia, alla etnosociologia, alla politica. Un retroterra di strumenti teorici per intepretare  il mondo in chiave  Tradizionalista e identitaria.  Professore, può gentilmente spiegare questo concetto consigliando letture appropriate?

Parlare di epistemologia oggi è un’avventura spesso rischiosa. Il dominio egemonico del liberalismo scientifico occidentale impedisce da lungo tempo qualsiasi libertà autentica di pensiero, scientifico ed umanistico, cristallizzando un’egemonia epistemologica persecutoria e violenta ad ogni manifestazione di dissenso e di alternativa. 

Se l’epistemologia è ancora considerabile come lo studio critico della conoscenza e dei suoi limiti, appare evidente come il pensiero duginiano presenti un’impostazione rivoluzionaria, nel senso etimologico del termine di “ritorno” alla vera essenza dell’essere umano e della conoscenza stessa. Dugin, infatti, è a partire da se stesso un conoscitore, sperimentatore ed allo stesso tempo eretico di tutto ciò che ha studiato: ha studiato la tradizione orientale ed occidentale, ha sperimentato l’azione politica di molteplici fazioni, ha indossato il mito e messo in scena il pensiero, facendo della decostruzione dei paradossi occidentali e delle credenze il suo punto di partenza per aprirsi agli orizzonti di un nuovo mondo. 

In questo senso, Dugin si inserisce a pieno titolo nella schiera degli autori della Tradizione, seppur in maniera anomala. Mi spiego meglio: il filosofo moscovita è studioso di Tradizione e Tradizionalismo, sulla scia dei grandi autori che lo hanno preceduto e che gli sono contemporanei, e molti dei suoi elaborati filosofici trovano fondamento nella sempiterna tradizione filosofica, occidentale come orientale; ma, allo stesso tempo, Dugin guarda oltre e chiede di lanciare lo sguardo al di là delle coordinate usuali della Tradizione stessa, facendo sì che non diventi una catena che ci tiene bloccati nel passato, in nostalgismi o anacronismi rievocativi di “bei tempi” andati, bensì ci proietti verso il mondo che c’è da creare, da manifestare. Cartografi chini sulle mappe di mondi ancora inesplorati, questa è forse l’immagine più evocativa. Pionieri di dimensioni esistenziali multipolari di cui bisogna tracciare le rotte. 

Proprio per questa ragione, capire Dugin non è – lo riconosco – semplice, e non è per tutti probabilmente. Ci vuole una predisposizione del Cuore ed un’apertura mentale ad accogliere un’idea che potrebbe sconvolgere le proprie credenze e convinzioni e farci mettere criticamente in discussione. 

Molti cercano di “catturare” Dugin entro le categorizzazioni di destra o sinistra, sia per farsene vanto sia per criticarlo aspramente, ma costoro sbagliano e non hanno inteso le sue parole, perché dappertutto nelle sue opere sono presenti attacchi e difese, distanze e focalizzazioni su tutte le idee – politiche e non solo – , senza mai andarsi a definire membro o parte o adepto di alcuna scuola o filone di pensiero. Dugin è un filosofo a mio giudizio davvero libero. Certo, il suo essere russo è un tratto distintivo e identitariamente molto marcato, ma perché mai uno dovrebbe essere incriminato per la propria nazionalità o etnia, se questi è capace di volare ben più in alto di ogni schema di umana fattura? Io lo trovo molto sciocco e discriminatorio. Il mondo contemporaneo è fortemente offensivo. D’altronde, il neoeurasiatismo si pone come approccio epistemologico perché porta con sé un bagaglio di conoscenze e un modo di conoscere molto diversi dalle ideologie occidentali della Modernità; mantiene in sé molto dell’Antichità ed ha metabolizzato diversamente il Moderno rispetto alla filosofia occidentale, mantenendo un afflato profondamento spirituale e intuitivo, dove c’è spazio per i movimenti dello Spirito. Lo stesso assioma della geopolitica classica di Mackinder che recita “Chi controlla l’Isola-Mondo, controlla l’Heartland, e chi controlla l’Heartland controlla il mondo” ci ricorda che parliamo di Eurasia, del cuore della civiltà della Terra in perenne lotta con la civiltà del Mare, e quindi il neoeurasiatismo porta con sé una missione escatologica che non ha eguali e si fa custode e difensore delle sorti del mondo. 

A mio parere, e Dugin lo spiega bene, non è però un’ideologia “definitiva”, nel senso che è uno strumento di transito da un mondo ad un altro, così come la Quarta Teoria Politica di Dugin ci ricorda: siamo pionieri in una fase di passaggio fra due mondi, e del nuovo mondo possiamo solo intravedere qualcosa, ma non possiamo descriverlo interamente. 

Volendo dunque procedere nella lettura e comprensione del pensiero duginiano, il mio consiglio è di seguire il seguente ordine delle opere: Dugin e Platone, a mia firma, che funge da strumento per la lettura di tutti i testi di Dugin; quindi Politica Aeterna, La Quarta Teoria Politica, Noomachia, Soggetto Radicale, Etnosociologia, Geopolitica. Seguendo questo schema è possibile entrare davvero nel pensiero del “filosofo più pericoloso del mondo”. 

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