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IL “CULTO” ( LAICO E REDDITIZIO ) DELLE CELEBRAZIONI

C'è chi ne ha fatto un mestiere e chi fa sciacallaggio sui morti: semplicemente imbarazzante

Puntualmente, con l’approssimarsi di alcune date fatidiche, ecco fare la loro apparizione, nel panorama politico italiano, degli adepti del ‘culto delle celebrazioni’. 

Queste ultime sono divenute, ormai, vere e proprie religioni (laiche), che dispongono ciascuna di una propria liturgia, un proprio clero e di una legione di fedeli ossequenti.

Come la storia di ogni confessione insegna, però, esistono i fedeli dell’ortodossia e gli scismatici, due grandi gruppi nei quali possiamo comprendere tutte le varie sette e relative filiazioni.

Alle celebrazioni a data fissa della ‘Resistenza’ e della ‘Shoah’ fanno infatti da contraltare quelle delle Foibe passando per quelle del sacrificio dei vari ‘martiri’ di questo o di quello schieramento.

Quel che purtroppo è accaduto con l’andar del tempo, però, è che siamo passati dal dovere del ricordo (sacrosanto) all’adorazione della cerimonia che diventa il vero argomento da dibattere e commentare.

Persino gli ‘officianti’ hanno ormai trasformato la loro presenza ad una mera ricerca di visibilità personale.

Succede così, come già avvenuto con i ‘professionisti dell’Antimafia’ –  come denunciato da Leonardo Sciascia – che sorgano vere e proprie professioni all’ombra del culto della memoria di cui alcuni si trasformano in ‘testimonial’.

Un caso emblematico è quello di Liliana Segre nominata il 19 gennaio 2018 senatore a vita da Sergio Mattarella in quanto autrice e coautrice di testi dedicati all’Olocausto (‘Un’infanzia perduta’, in Voci dalla Shoah Testimonianze per non dimenticare, AA.VV. 1996, Come una rana d’inverno. Conversazioni con tre donne sopravvissute ad Auschwitz: Liliana Segre, Goti Bauer, Giuliana Tedeschi, con Daniela Palumbo 2004, Fino a quando la mia stella brillerà, prefazione di Ferruccio de Bortoli, 2015, La memoria rende liberi. La vita interrotta di una bambina nella Shoah, con Enrico Mentana 2015) e sopravvissuta alla Shoah.

Naturalmente non tutti i casi sono così eclatanti e remunerativi però il fenomeno è lo stesso significativo.

Assistiamo ormai da tempo, infatti, a carriere nate o cresciute all’ombra delle ricorrenze, abilmente sfruttate come trampolino così come le relative contestazioni.

Sarebbe, invece, davvero ora di considerare ogni anniversario come un momento di condivisione e iniziare a ricordare tutti le vittime con un’unica celebrazione cumulativa con cui rendere un sincero omaggio a chiunque sia stato in vita.

Impossibile? 

Sicuramente finché saremo preda della visione manichea che stila invariabilmente classificazioni tra chi rappresenti il bene o il male.

Ma anche fino a quando chierici e sacerdoti del culto del ricordo non smetteranno di lucrarci sopra.

Gianluca Castro

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