MEDIORIENTE: UN VALZER CALEIDOSCOPICO DI ALLEANZE
Grandi manovre diplomatiche e scenari imprevisti. E' l' Italia cerca finalmente spazi di manovra
Il Medioriente è sempre stato un territorio complesso: prova ne è il fatto che usiamo così definirlo anche se la definizione geografica è errata. Sarebbe invece ipocrita non riconoscere la dinamicità estrinseca delle relazioni che caratterizzano quest’area: non eravamo soliti additare con scherno i sauditi e gli emiratini come dei bifolchi barbuti governati dal petroldollaro? Non eravamo pronti a scommettere che il sisma avrebbe compromesso le prossime elezioni turche? Avremmo mai immaginato che Israele avrebbe cercato amicizie limitrofe per mezzo degli Accordi di Abramo? Solo un veggente avrebbe potuto spingersi in tali previsioni.
Emirati Arabi Uniti – Turchia
Il 3 marzo, nel corso di una visita nella capitale emiratina di Mehmet Mus (ministro del commercio turco), è stato finalizzato un accordo (Comprehensive Economic Partnership Agreement – Cepa) che passerà alla storia tra Abu Dhabi e Ankara: il patto prevede il raddoppio degli scambi commerciali bilaterali con un volume di affari stimato intorno ai 45 miliardi di dollari per il prossimo quinquennio; Thani Al Zeyoudi (ministro di Stato degli Emirati Arabi Uniti per il commercio estero) ha inoltre specificato che verrà posta una riduzione delle tariffe doganali dell’82%.
L’accordo non ha una valenza meramente commerciale, ma segna un cambio di passo nei rapporti tra i due paesi che, oltre ad esprimere il potere politico interno in chiave identitaria in maniera diversa, si erano scontrati anche nello scivoloso territorio libico: gli Emirati lo scorso anno hanno dimostrato di sostenere i ribelli della Cirenaica a svantaggio del governo di Tripoli (sostenuto dalla Turchia e ad impronta Onu).
L’economia turca a fine 2022 ha registrato una crescita del 5,6% e solo una lungimirante politica commerciale potrà affrontare i danni causati dal sisma che la Banca Mondiale stima si attestino a circa 34 miliardi di dollari.
Giorgia Meloni in visita negli Emirati Arabi Uniti
La memoria storica degli accordi commerciali tra Roma e Abu Dhabi è sicuramente nefasta: Mubadala Development Company acquistò nel 2018 la Piaggio Aerospace (azienda capace di produrre il 5% della produzione mondiale dei turboelica di aviazione ed unica all’epoca produttrice di droni militari nel vecchio continente), a causa di reciproche accuse inerenti il mancato rispetto degli impegni presi la società è finita in amministrazione straordinaria; l’unione tra Etihad e Alitalia è sfociata in una richiesta di risarcimento di 500 milioni alla compagnia di bandiera emiratina da parte dei liquidatori del marchio italiano.
Il governo a guida pentastellata ha successivamente compromesso i rapporti politici in quanto fu richiesto un embargo sull’esportazione di armi agli Emirati perché coinvolti nella guerra in Yemen; questa posizione assunta impedì il rifornimento di pezzi di ricambio per Fursan Al Emarat (i cavalieri degli Emirati Arabi Uniti). Conseguentemente Abu Dhabi impedì il sorvolo del proprio spazio aereo ad un volo carico di giornalisti diretto a Herat con lo scopo di raggiungere la cerimonia prevista alla base italiana a seguito del ritiro dall’Afghanistan.
Alla luce di quanto sommariamente descritto risulta un successo la visita di Giorgia Meloni il 4 marzo: un clima disteso ha potuto caratterizzare il consolidarsi di una fattiva cooperazione.
Accordo tra Israele e Arabia Saudita
Alcuni media americani riportano la notizia secondo la quale Riad starebbe “mercanteggiando” con gli Stati Uniti il prezzo di un avvicinamento ad Israele. Il materiale di contrattazione sembra essere lo sviluppo di un programma nucleare civile e un’agevolazione sulla vendita di armi americane.
Determinante sarà la reazione del Congresso a stelle e strisce data la scarsa considerazione dimostrata verso Mohamed bin Salman e lo scarso apprezzamento dell’ala democratica verso Benjamin Netanyahu.
Un grande ostacolo ideologico è dato dalle dichiarazione saudite che hanno sempre espresso l’impossibilità di normalizzare i rapporti con lo stato ebraico senza la creazione di uno stato palestinese: questa visione è sicuramente affine alla linea dell’attuale regnante, Re Salman, ma è possibile ipotizzare che la linea venga “addolcita” nel momento in cui salirà al potere il suo erede, Mohamend bin Salman.
La Cina è mediatrice tra Iran e Arabia Saudita
Riad e Teheran hanno deciso di riprendere le relazioni diplomatiche: un accordo finalizzato alla riapertura delle ambasciate firmato da Musaed Al-Aiban (consigliere per la sicurezza nazionale saudita), Ali Shamkhani (capo del Consiglio di sicurezza nazionale iraniano) e Wang Yi (capo della diplomazia cinese) segna un successo planetario per la Cina dato che dal 2016 i due paesi hanno sostenuto guerre per procura e accuse reciproche di ingerenze negli affari interni. Iraq e Oman hanno facilitato questo riavvicinamento dando un “alloggio” fisico agli incontri; a dicembre il ministro saudita e il suo collega iraniano avevano avuto modo di incontrarsi in Giordania.
L’aspetto che rimane di difficile gestione è l’ormai incancrenita guerra in Yemen: il governo degli ayatollah sostiene i ribelli Houthi, la monarchia corrobora le azioni del governo centrale.
Benjamin Netanyahu in visita a Roma
Il rafforzamento delle relazioni tra Italia e Israele ha avuto inizio nel giugno scorso quando Mario Draghi ha incontrato Naftali Bennet, la successiva vittoria elettorale nei due paesi di leader marcatamente conservatori ha facilitato il proseguo di un impegno già intrapreso.
La cornice fornita dalla visita di Ignazio La Russa a Gerusalemme e dal viaggio di Antonio Tajani ha favorito una partnership siglata tra la Fondazione Med-Or e l’Institute for Nazional Security Studies di Tel Aviv: tale gemellaggio è finalizzato all’attuazione di progetti condivisi relativi alla sicurezza del Mediterraneo.
Il neonato governo a guida Meloni ha fin da subito compreso l’importanza assunta dall’Italia nel panorama geopolitico mondiale sia sotto il profilo securitario che economico. Per troppi anni il nostro paese è stato silente ed invisibile e questo nuovo slancio internazionalistico segna il passo verso la gestione della diplomazia in maniera maggiormente avveduta.
Arianne Ghersi
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