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LE INTERVISTE TALEBANE: ENRICO FAGNANO

Da dove vieni? Vengo da Ksar Rhilane. Come ti chiami? Mi chiamo Mohammed A’ladj! Cosa sei venuto a fare? A fermare la Latinizzazione della lingua araba. E poi… l’immortale Maestro creato al secolo con il nome di Franco Battiato, cresciuto nelle mitiche terre sicule, continua ritmando la sua filosofia mistica.
Voglio vederti danzare Come le zingare del deserto Con candelabri in testa O come le balinesi nei giorni di festa! Voglio vederti danzare Come i dervishes turners che girano Sulle spine dorsali O al suono di cavigliere del Katakali! Nei ritmi ossessivi la chiave Dei riti tribali Regni di sciamani E suonatori zingari ribelli. Nella bassa padana Nelle balere estive Coppie di anziani che ballano Vecchi valzer viennesi.
Il resto, come ebbe a dire William Shakespeare, o Michelangelo Florio il Messinese come si afferma in alcuni ambienti, È Silenzio…
Noi, Talebani nel cuore uniti in eggregore dal nostro leader Fabrizio Fratus, sociologo antievoluzionista, usiamo il Silenzio come strumento di Riflessione profonda e Crescita radicata. Il resto è solo Vanità e, si sa, della Vanità, alla fine, cosa ne rimanga….
Noi Colombe in stormo formiamo Il Talebano, Think Tank innovativo e comunitarista. Siamo certi che la Tradizione e il Progresso vadano a braccetto! D’altronde siamo Innovatori che camminano nel Solco della Tradizione, e narriamo il concetto di neopatriottismo: esso si pone senza dubbio come una rottura rispetto al clevage Nord-Sud nell’ordita etnoregionalista.
Senza più nessun dubbio, si afferma che il processo che ha portato all’ Unità d’Italia presenta molteplici criticità! Luci, ombre, intrighi! Una Storia cruenta di liberazione da un sovrano e una intellighenzia legittima ed espressione di un territorio dalle Tradizioni millenarie e, soprattutto, vere…
Sotto questo aspetto ci impegniamo in un confronto critico con quel processo definito Risorgimento. Ma tali problematiche necessitano di trovare rimedi oltre le critiche di sistema e i piagnistei nostalgici di quello che poteva essere e non è stato. Una Storia antica 200 anni che si ripropone oggi tale e quale con l’attuale annientamento del Sistema Italia, o meglio, del Sistema Comunitario in una visione mondialista priva di una vera identità.
È opportuno tener conto che lo smantellamento dello Stato Nazionale verso un modello di società civile globale porta alla totale distruzione dei popoli italiani. Oggi più che mai è diventa opportuna una analisi senza sconti di uno dei nodi principali della storia nazionale italiana: la questione meridionale.
Lo studio delle origini di tali problematiche, l’evoluzione odierna e il superamento di tali ostacoli vanno orientati su una riformulazione del concetto di Stato.
Per farlo ci confrontiamo con Enrico Fagnano, espressione contemporanea del più nobile Meridionalismo, ovvero di una analisi accurata ed aggiornata sulla problematica di quella che fu definita Magna Grecia e sulla proposta di un diverso rapporto Nord-Sud


Un Grazie ad Enrico Fagnano e Benvenuto!
Enrico, Lei ha scritto un bellissimo libro sulla questione meridionale. Vuole descrivere da dove nasce il suo libro: LA STORIA DELL’ITALIA UNITA?

Diceva Orwell ‘Chi controlla il passato, controlla il presente’. La narrazione convenzionale, secondo la quale la miseria sarebbe da sempre nel destino del Sud, ci rende vulnerabili e questo avvantaggia il Nord e i suoi gruppi affaristici. Il mio libro innanzi tutto, quindi, nasce dalla volontà di fornire ai Meridionale gli strumenti per acquisire la consapevolezza di quello che siamo stati. Allo stesso tempo, però, intendo anche indicare il percorso attraverso il quale le nostre Terre sono state progressivamente svuotate delle loro risorse (ricordiamo come Gramsci nel decimo dei Quaderni da Carcere definisca il Nord come una piovra). Solo conoscendo tutto questo, e quindi comprendendo l’enorme sacrificio che ci è stato imposto in nome del nuovo Stato, noi Meridionali potremo riacquistare l’orgoglio perduto. E questo ci spingerà a difendere finalmente i nostri interessi e a pretendere ciò che ci spetta come cittadini e come Italiani.

Il nostro laboratorio culturale, sulla base della lezione del grande pensatore identitario Andrea Rognoni, ha proposto una riscoperta del pensiero federalista di Gaetano Salvemini, sostenendo che le ragioni del federalismo non sono antitetiche alla questione meridionale, ma al contrario, seguendo il grande pensatore pugliese, la sua risposta.
Non crede che sulla base della riflessione ed attualizzazione del pensiero federalista sia lecito fare avanzare un’idea di Italia e di conseguenza di Europa più attenta ai suoi millenari popoli?

Gaetano Salvemini era convinto che l’Italia dovesse essere divisa in territori autonomi e a questo proposito nel saggio La questione meridionale e il federalismo, pubblicato in più puntate nel 1900 sulla rivista Critica sociale, scriveva: “Il federalismo è l’unico sistema amministrativo che possa eliminare ogni artificiale squilibrio finanziario ed economico fra le singole regioni italiane.” Bisogna precisare, però, che all’epoca il Mezzogiorno aveva ancora considerevoli risorse. Innanzi tutto era ancora attivo il Banco di Napoli, uno degli istituti più importanti e meglio organizzati d’Europa, che svolgeva una funzione di indirizzo per l’intera economia meridionale. In quegli anni, inoltre, erano ancora presenti nel Sud numerose industrie. L’elenco sarebbe lungo, ma basta ricordare i Cantieri Pattison e la Wenner, l’imponente industria tessile di Sarno con migliaia di dipendenti. Durante la Prima Guerra Mondiale lo Stato italiano assegnò le commesse quasi esclusivamente alle fabbriche del Triangolo Industriale (e in particolare a quelle torinesi) determinando di fatto l’azzeramento di quelle nel Mezzogiorno. Con il Fascismo, con la Seconda Guerra Mondiale e con la politica della Repubblica (basta pensare alla famigerata Cassa per il Mezzogiorno), poi, il Sud è stato letteralmente depredato. Ha senso in una situazione del genere parlare di federalismo, di autonomia, o di qualcosa del genere? La questione rimane aperta e occorrerà discuterne più ampiamente, magari in incontri e dibattiti dal vivo. Certamente nel nostro mondo globalizzato, nel quale i poteri finanziari intendono uniformare i cittadini dei vari Stati in un’unica grande popolazione al loro servizio, è urgente lottare per riaffermare l’importanza delle differenze tra le varie comunità, che solo conservando la loro cultura e le loro tradizioni più profonde potranno continuare a essere veri Popoli.
La nostra Narrazione si arricchisce di un ulteriore tassello con il desiderio che possa essere strumento al libero pensiero. Concludiamo con le parole del Santo Francesco, il poverello di Assisi patrono d’Europa, il quale rappresenta insieme con San Francesco di Paola, patrono dell’Italia mediterranea, una fonte di eggregore per tutti i popoli mediterranei.

Paolo Guidone

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