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IL DADO E’ TRATTO

Il 68’, la caduta del muro di Berlino, tangentopoli, la seconda Repubblica, Berlusconi, la terza Repubblica, populismo e sovranismo … potremmo dibattere per mesi e scrivere trattati per consegnare ai posteri le più svariate interpretazioni su ciò che poteva essere e non è stato per la destra.

Và chiarito, subito ed a scanso di equivoci, che l’allocuzione “destra” ha valenza in questo contesto soltanto per individuare un’area contrapposta alla sinistra; una sorta di cartello politico eterogeneo ed a volte contraddittorio nei fondamentali, risultando così utile soltanto per individuare uno schieramento elettorale prodromico ad una compagine di governo.

In nessuna occasione, infatti, si è riusciti a definire un perimetro valoriale e ideale che riuscisse a fare sintesi tra posizioni diverse, specie in campo economico, ovvero a perimetrare un programma di riforme e caratterizzazioni del sistema sociale da attuare ad ogni costo.

Ma non è – soltanto – questa la riflessione odierna, consapevoli del fatto che non gioverebbe discutere del passato specie per chi è impegnato nel pensare ad una possibile avanguardia sociale e politica che riesca ad affrontare la sfida di nuove categorie ideologiche.

Risulta però indispensabile, alle porte di una competizione elettorale che potrebbe segnare uno spartiacque con la terra di mezzo, capire e valutare ciò che questa sfida deve essere e quel che invece può generare. Un’ occasione, l’ennesima, per dimostrare proprio in questo tempo che una sintesi Identitaria è possibile, pur tra varie anime coese da una vocazione condivisa; un passaggio epocale su cui non si può sbagliare, solitamente“tertium non datur”.

Stiamo cercando di semplificare, per quanto possibile, dinamiche ricorrenti nella storia di governo della Destra, che rischia di perdere anche vincendo le elezioni.

Premesso che nessuno ha, nè dovrebbe avere, la presunzione  di conoscere le cause dei fallimenti di governo; siamo consapevoli che tanti sono i fattori negativi che influenzano taluni livelli di responsabilità, un dato, però, appare evidente: laddove nonostante i consensi e le posizioni di governo troppo spesso settori chiave dell’apparato di Stato, l’ industria dell’informazione, la cultura ed i centri formativi e didattici, il mondo delle organizzazioni sociali e della cooperazione, siano sempre e comunque a servizio di “altri” puntualmente in antitesi con i governi alternativi al fronte progressista sovietico.

Comunque due imprescindibili elementi da approfondire: sul fronte della contrapposizione ideologica, non sbagliava quel galantuomo di nome Giorgio Almirante quando disse che, dopo la guerra, la sinistra ha vinto la battaglia più importante che è quella delle “parole”; su quello elettorale l’italiana propensione al trasformismo, arruolando colonnelli di altri eserciti, che aiuta a vincere in prima battuta le elezioni salvo poi determinare crisi mortali ed incapacità di governo. Ma gira così, nessun partito escluso, e ne va tenuto debito conto.

Ora non si tratta di essere più o meno bravi; si tratta di prendere consapevolezza di quali dinamiche bisogna mettere in campo per “smontare” l’apparato gramsciano che occupa da oltre mezzo secolo i gangli sociali e di potere e mettere in campo una classe dirigente in grado di sostenere un processo di rinnovamento metodologico e di autenticazione identitaria e politica.

Una sinergia tra strutture di partito, rappresentanti eletti e Comunità culturali metapolitiche, ognuno nel rispetto dei ruoli ma tesi, attraverso un dibattito chiaro ed articolato, alla creazione di un laboratorio di regia politica in grado di costruire una linea di demarcazione entro la quale condividere strategie e risorse finalizzandole alla partecipazione, come attori a pieno titolo, nelle strutture sociali e gestionali che rappresentano quel livello intermedio ma fondamentale e caratterizzante per una Nazione.

 Pasquale Morisani- Stanza101

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