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Torniamo a parlare di Padania, eccheccacchio!

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Al nord, un tempo, si parlava di Padania: molti si indispettivano e un motivo è dato dalla forte, presente e quasi univoca retorica nazionalista. Oggi l’argomento sembra quasi passato tanto che non si dibatte più sul “problema” territoriale posto dalla Lega Nord. Ma le argomentazioni a sostegno della Padania erano realmente stupide?

Noi crediamo di no e soprattutto pensiamo sia più corretto parlare di Padania che di Italia. Si. Lo pensiamo e lo crediamo.

Cosa è l’Italia?

Una nazione nata nel 1861 e come tutte le nazioni i suoi confini variano in relazione alla forza degli stati e ai diversi interessi dei governi. Ma cosa significa nazione? Per il dizionario Sabatini Colletti:

“Collettività etnica di individui coscienti di essere legati da una comune tradizione  storica, linguistica, culturale, religiosa”

La definizione sopra riportata apre diverse questioni; ad esempio, siamo certi che l’etnia dei cittadini italiani sia la stessa? Per Etnia, lo stesso dizionario riporta:

“Raggruppamento umano fondato su comuni caratteri morfologici, culturali e linguistici”

L’Italia è delimitata dai suoi confini e all’interno di essi suddivisa in 20 regioni, con 110 province (ma il numero è variabile e quasi aleatorio, ultimamente, NdR) e un totale di 8101 comuni. Potremmo facilmente dimostrare che la cultura come i caratteri morfologici siano molteplici e le diverse tradizioni come dialetti o usi e costumi siano molto diversi.  La nazione in realtà è definibile come un territorio delimitato da un confine con un governo centrale. Infatti, la nazione, come concetto, ha meno di 250 anni di storia e la sua idea si è sviluppata in reazione alla visione illuministica del cosmopolitisimo.

Noi siamo patrioti e il concetto di Patria è ben diverso da quello di nazione perché specifica l’appartenenza a una terra e quindi, conseguentemente, a usi e costumi del proprio territorio. Gli usi e costumi sono tramandati da padre (patria) in figlio in un percorso storico lungo migliaia di anni.

Territorio e popolo che vi risiede, unito da una lingua e dall’uniformità di cultura e tradizioni: lottare, morire per la p.

La Patria è facilmente identificabile e non varia con la forza di un governo: mentre una nazione cambia in relazione alle vittorie e le sconfitte di uno Stato, il senso di appartenenza a una popolazione identificabile con il dialetto, le usanze e la cucina sono riscontrabili nel tempo e nello spazio. Passano gli anni, i decenni, i secoli ma l’usanza di utilizzare il burro per cucinare, a esempio, nel nord, non passa. Ecco la Padania.

Ecco la Patria di cui parlavano e parlano gli scissionisti della Lega Nord. Ma tutto questo discorso vale anche per un calabrese come per un siciliano o un pugliese: noi siamo per le piccole patrie, per mantenere e valorizzare le antiche tradizioni, e quindi siamo ben lontani dal concetto di “confine” nazionale che nell’arco della storia varia e inoltre nega tutte le differenze.

In Italia, nazione mai compiuta, abbiamo perso dialetti, usi, tradizioni per una nazionalizzazione al ribasso. Anche un continente come quello europeo ha millenni di storia non classificabili con i confini nazionali. La nazione non è altro che il passo verso l’omologazione delle popolazioni. Come negare i passaggi storici da cui si è passati e giunti al concetto di nazione e non vedere come si è omogenizzato il mondo e il suo modello?

Fabrizio Fratus e Stefania Bonfiglio

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