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CONTINUATE PURE A PARLARE DEL FRONT NATIONAL. INTANTO…

Lo spirito autonomista in Europa è come un fiume carsico, che scende nelle profondità della terra per poi riaffiorare impetuoso quando e dove vuole. Lo abbiamo visto in Scozia, dove il referendum ha sancito la temporanea sospensione della lotta per l’indipendenza. Lo stiamo vedendo in Catalogna, dove le aspirazioni catalane si fanno sempre più pressanti ma sembrano doversi arrestare. E così, dopo decenni di oblio, di guerre intestine, di fallimenti politici e di condanne e repressione senza sosta da parte del governo centrale di Parigi, le elezioni regionali del 13 dicembre consegnano al mondo una Corsica che ritorna a chiedere di più.

Ed è nella Francia di Marine Le Pen, di Hollande e Sarkozy, di centrodestra e centrosinistra uniti per combattere il Front National, mentre gli occhi dell’Europa puntano lo sguardo sulla Francia, impauriti dal nazionalismo lepeniano, che tutti si dimenticano proprio di chi della Francia non vuole farne parte: i nazionalisti corsi. È la coalizione autonomista “Pè a Corsica” a sancire la prima storica e inaspettata vittoria nelle ultime elezioni, il cartello elettorale nato dall’unione di intenti di “Femu a Corsica”, storica sigla del nazionalismo isolano, e “Corsica libera”, astro nascente dell’indipendentismo sotto le insegne della Testa Mora segna un 35,5%, ottiene la maggioranza dei seggi e dichiara parte la guerra al centralismo parigino. Entrambi i movimenti sono eredi naturali e legittimi della grande cultura indipendentista corsa, delle battaglie storiche del movimento, dei suoi padri fondatori. Entrambi i movimenti, pur non rinnegando il passato, allo stesso tempo hanno saputo modificarsi e rinnovarsi, non uscendo dal solco della tradizione ma cercando di non rimanere ancorati in un mare che probabilmente li avrebbe condotti ad una fine naturale.

Ma il clima che aveva condotto il fronte indipendentista della Corsica a una triste decadenza, oggi è cambiato nuovamente. E lo ha fatto nel modo più intelligente possibile, capendo di doversi unire se volevano tornare a valere qualcosa di più di un semplice ideale. Un’atmosfera che in Corsica è mutata da qualche anno, con un crescendo di iniziative, di militanza attiva, di un vigore fermo e costante nel proporre un’alternativa al bipartitismo del Parlamento parigino e al nazionalismo di stampo lepenista. Un cambio di passo già sancito dalla vittoria nelle elezioni comunali a Bastia del 2014 e che oggi trova una consacrazione nella storica vittoria del fronte autonomista unitario di Pè a Corsica alle regionali. E quel 35.5% di voti raggiunti nelle elezioni del 13 dicembre sono anche figli della grande vittoria di Bastia, il cui autore principale, oggi come a Bastia è Gilles Simeoni, leader di Femu e figlio di una firma storica dell’indipendentismo corso, Edmond Simeoni, uno di quelli che nel 1975 partecipò attivamente all’occupazione della tenuta di Aleria, episodio chiave della storia dell’autonomismo corso, perché conclusasi non solo con la morte di due poliziotti ma anche con la nascita del movimento clandestino del Fronte di liberazione nazionale.

L’obiettivo di Simeoni da molto tempo è quello di creare un fronte unitario dell’autonomismo corso, cercando di mediare tra le utopie indipendentiste e una più pragmatica lotta per una sempre maggiore autonomia svincolata il più possibile dal centralismo parigino. Sembra che stia raggiungendo lo scopo, grazie anche all’apporto di forze e numeri da parte dell’altro leader della coalizione, Jean-Guy Talamoni, leader di Corsica libera. E se Simeoni, da un lato, sembra più proiettato verso una logica autonomista, fermamente convinto nel pragmatismo di chi le elezioni le vuole vincere giocando il ruolo del politico, affermando che questa è stata la vittoria di tutti i corsi, dall’altro lato, Talamoni, a scrutinio avvenuto, ha festeggiato la vittoria dedicandola ai detenuti politici e ai ricercati e ricordando a tutti che la Corsica non è una semplice suddivisione amministrativa francese, ma è un paese, una nazione ed un popolo. Ed è forse proprio in questa logica di pragmatismo da un lato e idealismo dall’altro, di bilanciamento tra ideali romantici e logica politica, che va capito l’exploit elettorale dell’indipendentismo corso. Una vittoria storica che ricorda a tutta l’Europa come il fiume carsico dell’indipendentismo regionale può sempre affiorare da un momento all’altro.

Lorenzo Vita per L’Intellettuale Dissidente

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