PADRINI A CASA NOSTRA
Quando lo Stato dorme, i calabresi ballano
Nonostante la presenza stabile e massiccia della mafia al nord sia ormai appurata e documentata, l’argomento rappresenta ancora un tabù.
Questo breve articolo, con umiltà e modestia, si pone l’obbiettivo di provare a spezzare il velo sottile ma resistente che aleggia attorno alla colonizzazione che le regioni settentrionali del nostro paese hanno subito da parte della ‘Ndrangheta in particolare. È proprio da un esponente di spicco della mafia stessa che arriva, implicitamente, un avvertimento, un consiglio, se vogliamo.
Nel 1980, Frank Coppola, noto mafioso Italo-Americano, viene arrestato. Un magistrato, poco dopo la cattura, lo interroga e, in tono provocatorio chiede all’ormai anziano boss di Cosa Nostra che cosa fosse la mafia. Coppola risponde così: “Signor Giudice, tre magistrati vorrebbero oggi diventare procuratore della Repubblica. Uno è intelligentissimo, il secondo gode dell’appoggio dei partiti di governo, il terzo è un cretino, ma proprio lui otterrà il posto. Questa è la mafia…”
Con “cretino” si intende non un decerebrato o uno stupido, ma semplicemente una persona che non conosce la mafia, oppure che sottovaluta il problema. Per tutti gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso, la classe politica e dirigente delle regioni settentrionali, era fermamente convinta che le suddette regioni fossero sterili e inadatte per il seme della criminalità organizzata permettendo a quest’ultima di allungare i propri tentacoli indisturbata, coperta da uno scudo di ignoranza e negazionismo.
Ad oggi, nonostante Buccinasco venga definita come la San Luca del Nord, nonostante gli imprenditori di Corsico non siano più liberi di lavorare senza dover sottostare a ricatti di varia intensità provenienti dagli ‘ndranghetisti, nonostante nel retro dei bar di paesini affacciati sul lago di Como si svolgano arcaici riti di giuramento e iniziazione per affiliare giovani adepti alla ‘Ndrangheta e nonostante il tutto sia ampiamente documentato, ancora troppo pochi ne parlano, ancora troppo pochi sanno.
Perchè? Forse per paura, paura di un qualcosa che non si conosce, paura di una forza più potente anche del nostro Stato che opera nell’ombra e dalla quale non si sfugge. O forse per ignoranza, ignoranza di chi pensa che quello della mafia sia un problema che non lo riguarda o di chi fa dell’antimafia un retaggio e una prerogativa degli ambienti sinistrorsi di ciò che resta della politica italiana.
L’arma più potente che abbiamo, è l’informazione. Mentre scrivo queste poche righe, ometto volontariamente fonti e dettagli, perchè il mio obbiettivo non è quello di insegnare qualcosa al lettore, ma di far sì che sia il lettore stesso, indagando spinto dalla voglia di confutare ciò che ha appena letto, a rendersi conto della situazione, ad approfondire ulteriormente e a informare amici, parenti e conoscenti.
Venga ricordato che la mafia è l’Antistato: un’organizzazione parallela che tende a sovvertire l’ordine che regola le nostre vite, sia in ambito culturale che economico e, se è vero che lo Stato siamo tutti noi, è nostro preciso dovere diventare la chemioterapia per questo cancro che sta infettando tutti gli organi vitali del nostro paese, prima che sia troppo tardi.
Carlo Caporali
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