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La spesa nella Sanità, o meglio, la malasanità nella spesa

Mario Monti, che tra tutti i difetti che ha sicuramente non c’è quello di far mancare al TALEBANO materiale da post, ha sostenuto che la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale “non è garantita”. Brutte notizie per chi pensava di vivere ancora in uno Stato sociale o, nella lingua di chi sta cercando di togliercelo, welfare state. Riflettiamo su come vengano spesi i soldi per la sanità in Italia.

Mi capita sotto mano un documento del CeRM (nota 1) sulle “Differenze regionali nella governante della spesa sanitaria”; cioè: centodue pagine su come sono spesi i tuoi soldi negli ospedali, qui riassuntissime (nota2). L’analisi è svolta sotto due aspetti: analisi quantitativa (quanto viene speso) e qualitativa (com’è il servizio offerto). Partiamo dal primo punto.
Quel che viene evidenziato è una pesante geograficizzazione della “sovraspesa”, cioè dello scarto tra il costo pro capite che segna il risultato minore (il cd. benchmark, che appartiene al Friuli) e quello della singola regione. Peggiori della classe risultano Campania, Sicilia, Puglia, con scarti dal 36% al 27%, seguite da Calabria, Molise, Basilicata, Lazio. Due bei grafici a torta ci informano che il 64% della sovraspesa è collocato al Sud, e ben in 40% è spartito tra Campania, Sicilia, Puglia e Molise.

Secondo elemento: qualità del servizio. Si valuta non solo quanto economicamente viene a costare un trattamento, ma anche la sua efficacia: tutto ciò secondo una cinquantina di parametri (e.g. mortalità a 30 giorni dopo intervento di by-pass aorto-coronarico). Qui la situazione si inverte: chi spende di più ironicamente offre il servizio peggiore. Su 100, punteggio massimo (medaglia d’oro all’Umbria), il risultato più scarso in assoluto è il 43 della Calabria, seguita da Puglia, Campania, Sicilia, Lazio, Basilicata (51, 53, 53, 56, 57 rispettivamente).

Naturalmente anche al Nord vi sono delle flessioni in almeno uno dei due indicatori, ad esempio in Trentino, ma restiamo sotto le due cifre percentuali come scostamento. Per citare alcuni esempi, la Campania dovrebbe, onde raggiungere il risultato delle regioni più virtuose, ridurre del 30% la spesa e aumentare del 90% la qualità, la Sicilia dovrebbe pensare a variazioni del 24% e del 90%, la Puglia vendoliana del 24% e del 96%. Gli autori (nota3) quantificano in 12’000’000’000 (dodici miliardi di euri ragazzi) il possibile risparmio.

Mi verrebbe da rispondere al Presidente del Consiglio, che pure senz’altro ha più familiarità di me con dati macroeconomici, grafici e statistica: mancano i soldi, o sono molto più semplicemente spesi male? Com’è possibile che quando ci sono chiesti tanti sacrifici ci siano luoghi dove si spende tanto e non si combina niente? Vogliamo parametrare poi una parte significativa del trattamento economico di chi lavora nel SSN all’effettivo rendimento? Incentivare e verificare la responsabilità, specie di spesa? Domande al vento. Che peraltro mentre scrivo ha portato le nuvole, e piove. Governo ladro.

Andrea Carbone

 
Nota1: centro di ricerche in ambito finanziario con sedi a Lucca, Roma, Siena, Francoforte. Googolando il nome si trova il borioso sito web per chi fosse interessato.

Nota2:i dati elaborati sono del 2011, non essendo ovviamente quelli del 2012 disponibili, come forniti dal Ministero della Sanità.

Nota3:F. Pammolli, professore ordinario a Lucca, e N. Salerno, Ph. D. in economia politica

(fonte foto: http://www.terrysdiary.com)

 

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