Venti d’indipendenza
E’ di attualità l’ accordo appena firmato dal premier inglese e dal suo collega scozzese per indire un referendum sull’indipendenza della Scozia. Niente di cui stupirsi, coi tempi che corrono: i nipotini di William Wallace infatti sono in ottima compagnia.
Il vento indipendentista attraversa prepotentemente non solo la Catalogna (manifestazioni oceaniche), ma anche le Fiandre e addirittura la Baviera. Tutte zone contraddistinte da una forte identità culturale, dove ancora si parla fieramente la propria lingua e dove non è mai passato del tutto il mal di pancia causato tempo addietro dalla nascita dei cosiddetti Stati Nazionali. A questo aggiungiamo anche ovvie ragioni economiche: sono per lo più ragioni che grazie alla loro maggiore produttività sono costrette a mantenere il resto di quello Stato Nazionale, appunto, che venne imposto loro a seguito di guerre e crisi.
Ma ora, con la morte degli Stati Nazionali così come li abbiamo conosciuti per secoli (annientati dalla NATO, dalla BCE e dal Fiscal Compact), e soprattutto con la prospettiva inquietante di un super Stato europeo di tecnici e banchieri (o meglio, di banchieri spacciati per tecnici), assistiamo con gioia a un sano risveglio dei popoli (dove per popolo non si intende certo un agglomerato informe di culture ed etnie prive di qualunque minimo comune denominatore).
Non ci si faccia spaventare dalla solita propaganda di regime, che confonde i nobili concetti di federalismo e autonomia con secessione e razzismo, perchè – al di là delle strumentalizzazioni atte a salvaguardare lo status quo – la sentenza è ormai chiara e non più ignorabile: L’europa del mercato unico non la vuole nessuno… oggi più che mai, il sogno ancestrale reclamato a gran voce si chiama Europa dei Popoli.
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