Uova di Pasqua

di Barbara Leva

Come ogni anno da sempre, per la gioia di bambini e bambini che furono, ecco che i supermercati e le pasticcerie si sono riempiti di coloratissime uova di cioccolato. Pasqua, si sa, pretende l’uovo. Il perché lo sanno in pochi.

I più si limitano a comprare, scartare, giocare con il regalino e mangiare il cioccolato oppure a cuocere e colorare uova sode. Non sanno che l’uovo viene mangiato un po’ perché la primavera e il disgelo provocano nelle galline l’aumento della produzione di uova ma specialmente perché l’uovo è simbolo di infinito, e dunque nascita ma più nello specifico di resurrezione. Vedi l’uovo appeso alla conchiglia nella Pala Brera di Piero della Francesca, opera commissionata dal Duca di Montefeltro per commemorare la nascita del figlio – e la concomitante morte della moglie.

Usciamo dal profano, la situazione lo impone: l’uovo è risurrezione, come è risurrezione Pasqua, la festa più importante del cattolicesimo. Ancora qualcuno crede che la messa più importante sia Natale, forse perché la funzione avviene a mezzanotte, sotto la neve, e la suggestione viene confusa con l’importanza liturgica.

Invece, Pasqua è per il cattolico l’evento dell’anno, perché senza resurrezione non c’è cattolicesimo. Cristo che non risorge non è il Cristo cristiano. Siccome Cristo risorge, è manifestazione di infinito e trova nell’uovo il suo simbolo.
Che, avvolto nella carta scintillante e riempito di gingilli, è diventato simbolo di una divinità ugualmente antica seppure meno sacra. La stessa che convertì Giuda Iscariota.