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La Seconda Guerra Mondiale è davvero finita per l’Italia?

di Barbara Leva 

Ripercorriamo brevemente la questione. A seguito di pressioni interne ed esterne, il governo fascista decide di allearsi bellicamente alla Germania nazista; fotografie d’epoca documentano la presa di posizione dei giovani in questa direzione. Come già era avvenuto nel conflitto precedente, la coscienza popolare indirizza l’azione governativa; ben diversamente da oggi, la vox populi era capace di farsi sentire. Schieratisi apertamente, l’Italia e gli italiani si impegnano in un conflitto che in realtà si configura come guerra di conquista e affermazione di potenza; e che di potenza bellica l’Italia fosse carente, è una questione marginale. Quello che mi interessa, al momento, è identificare la volontà che mosse tutto.

Solo quando la penisola venne invasa dal nemico infatti si risvegliò il sentimento patriottico dei partigiani, che si scoprirono antifascisti e decisero che l’alleato non era da identificare nell’alleato ma nel nemico. Trucchetti tutti italiani. Con ciò non voglio sostenere che l’antifascismo nasce a guerra inoltrata; molti furono coloro i quali perdettero il lavoro e furono vittime di volontari esili pur di non tesserarsi al Partito, ma i più questo Partito lo sostennero. Per fede o codardia, lo fecero. E questo basta perché il governo dittatoriale ebbe la maggioranza. Che molti cambiarono idea a seguito delle leggi razziali, è altresì un altro discorso. Perché queste leggi non furono combattute dall’interno ma tacitamente accettate; e l’opposizione a queste nel momento di crisi governativa mi pare piuttosto una situazione di comodo, di accondiscendenza ulteriore. La manifestazione moderna del detto tipico relativo alla penisola: chi ci governa, che importa finché sopravviviamo?

Nel vedere infatti che il governo stava scivolando nelle mani del nemico, dicevo appunto, gli italiani si scoprirono quasi in blocco antifascisti, la monarchia si diede alla fuga e i voltafaccia divennero la classe dirigente. Fuori dalla dittatura, favorevoli all’occupazione ideologica americana e ideologicamente vicini al totalitarismo sovietico.

Classe dirigente favorita dal silenzio dei più, interessati solo alla vita domestica tipica del borgo italiano. All’interno della categoria dei più non rientrano però quei pochi rimasti dalla maggioranza di inizio guerra, i quali portarono avanti la loro battaglia per mezzo della creazione di una Repubblica Sociale.

L’armistizio infatti non fu firmato dal governo fascista, ma dal popolo partigiano, quello dei voltagabbana. In pratica, dunque, la Repubblica Sociale si pone come organismo di governo in minoranza ma pure esistente, derivazione naturale del governo teoricamente in carica, in lotta aperta con la classe dirigente di cui sopra. Lotta che non ha mai trovato conclusione per mezzo di un trattato di pace, quei documenti che decretano la fine di una guerra, e che continua ad albeggiare nelle menti dei post fascisti e non solo. L’amnistia concessa da Togliatti, oltre a essere ben diversa da un armistizio, fu infatti osteggiata da tutta la sinistra.

Ecco che quindi si festeggia l’Unità d’Italia, e si tace sulla guerra civile ancora in corso.

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