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The Niro: un capolavoro dopo l’altro

di Riccardo Boccassini

Nuova recensione, in occasione dell’uscita del nuovo album di The Niro, alias Davide Combusti .  Spesso quando un artista, famoso o sconosciuto che sia, incide un album che si rivela un “masterpiece”, ovvero un capolavoro, è assai arduo per lui potersi ripetere eguagliando o addirittura superando con il successivo album la grandezza di quello precedente. Capita che, preso dall’isteria del ricevere successo subito, componga e incida pezzi di scarsa qualità; in preda alla sperimentazione; che sia a corto di ispirazione.

“Best Wishes”, questo il titolo del nuovo album firmato The Niro, è certo uscito molto in fretta, solo dopo due anni dal precedente lavoro, è anche certamente più sperimentale, ma è un vero capolavoro! Davide è cambiato, è cresciuto, non si è ripetuto e la sua vena ispiratrice è più viva che mai. È vero che, se nell’album precedente la musa ispiratrice gli aveva dettato note dolci e tipiche della musica cantautorale, per questo ultimo lavoro ha invece imbracciato la chitarra elettrica e, al grido di Pink Floyd e anni ’70, ha iniziato a suonare vere e proprie bombe adrenaliniche. Voglio però premettere una cosa importante: Davide non ha cambiato stile di scrittura, le nuove tracce suonano al 100% The Niro. La sua è stata semplicemente un’evoluzione in termini di genere musicale, non di sound dell’artista. Non mi spingo oltre, ma vi presento l’album traccia per traccia, per chiarire il tutto meglio.

La prima traccia ad aprire il lavoro è “No innocence” che con i suoi arpeggi iniziali di chitarra acustica e il falsetto ben costruito di Davide ci ambienta nuovamente nel suo mondo fino a quando una dirompente chitarra elettrica spezza il silenzio e carica l’ascoltatore per un ritornello potente e trascinante che sfocia in melodie accompagnate da leggeri archi probabilmente riprodotti dal sintetizzatore. Continui cambi di tempo e una chitarra incredibilmente distorta canta un assolo che ci riporta indietro nel tempo di almeno tre decadi: gran bell’inizio.

Segue “In my memory”, seconda traccia inizialmente dal gusto medievaleggiante, che dopo alcuni secondi rincara la dose adrenalinica iniettataci dalla traccia precedente. Brano diviso in due parti, caratterizzate da due tempi di metronomo diversi (cosa che inizialmente mi ha fatto storcere il naso). E’ una delle tracce migliori dell’intero lavoro: ha certi picchi di pura estasi creati dal piano che canta sotto una base di chitarra elettrica che, grazie all’effetto delay, crea un muro di suono tipico del genere shoegaze: geniale e dal forte trasporto emotivo.

“The wrestler” è il terzo brano. Calma un attimo le acque e ripristina una tranquillità inquietante, triste e sconsolata, una melodia tetra che cambia le carte in tavola rispetto a quello che avevamo ascoltato prima di essa.

È quindi il turno di “London theater”, brano di cui The Niro ha deciso di girare anche un video musicale. Puro progressive rock e psichedelica suggeritaci da una tastiera Hammond che accompagna l’intero pezzo. Ascoltando già solo questi primi quattro brani, è evidente che, rispetto al primo album, Davide ha deciso di mettere in risalto le tastiere e il pianoforte, entrambi incisi ovviamente da lui stesso sull’album, come del resto quasi tutti gli strumenti su di esso registrati. Con “Stop it” giungiamo al primo brano di musica cantautorale di “Best wishes”, con qualche variazione: il pianoforte rende celestiale il pezzo grazie alle sue singole note dolcemente accennate, la tastiera Hammond dona quel tocco anni ’70, le spazzole battenti sulla pelle del rullante danno più movimento e forza al pezzo: elegantissimo ed incantevole. La sesta traccia è quella più rockeggiante dell’intero album, probabilmente anche quella più alternativa: “Johnny” è quel brano adatto a restituire all’ascoltatore la carica giusta utile a continuare con i pezzi successivi, come la successiva “Best wishes”, titletrack dall’animo psichedelico alla Pink Floyd. Vorrei sottolineare all’ascoltatore  l’assolo centrale di chiatrra e la parte finale del brano che spezzano l’apparente calma del brano, grazie anche ad una batteria galoppante e infuriata.

L’ottava traccia si intitola “When your father” e non so come mai, ma ogni volta che mi appresto ad ascoltarla mi sovvengono in mente immagini estive e una gran voglia di mare: mi auguro che le mie stesse sensazioni di calma e pace possano giungere anche a voi. Si prosegue poi verso la conclusione con “Cicle”, un altro pezzo molto rock e spinto, chitarra ruggente e galoppante che scoppia nel ritornello e avvolge l’ascoltatore con la sua semplicità melodica, ma per nulla scontata. La penultima traccia, “He’s a pray”, sembra ricalcare le orme di “Stop it”, partendo dolcemente come la melodia di un carillon, ma ingranando poi subito con del buon rock acustico, quindi non perdendo mai quell’animo spensierato e leggero. Per quanto mi riguarda questo brano è il più ispirato in termini di soli chitarristici, affascinanti e coinvolgenti.

Giunti alla conclusione con “Post atomic down”, The Niro chiude il proprio lavoro con una dolcissima e desolante traccia, dagli effetti di chitarra che esprimono al meglio le liriche catastrofiche e lo spirito struggente del pezzo.

Termina così, quasi con l’amaro in bocca e il cuore affranto, questo secondo capolavoro di Davide Combusti, musicista nostrano dalle immense risorse e che penso mai potrà deludere. Godete della sua musica, assaporatela e deliziate di essa le vostre orecchie. Buon ascolto a tutti.

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