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ERDOGAN: L’ INDISCUTIBILE STRATEGA GEOPOLITICO

Il disastro conseguente al terremoto può aver tratto in errore e portato a pensare che ciò avrebbe avuto forti ripercussioni sul gradimento dell’attuale presidente alla luce delle imminenti elezioni che si terranno il 14 maggio. Secondo i sondaggi di inizio marzo, invece, sembra che la popolarità di Erdoğan non sia stata scalfita; l’importanza dell’appuntamento elettorale è amplificata dal dato storico: si terranno nella ricorrenza simbolica del centenario della nascita della Repubblica di Turchia.

I grattacapi del presidente possono però annoverarsi principalmente in ciò che riguarda il difficile rapporto con gli Usa: recentemente la Turchia ha acquistato sistemi missilistici antiaerei russi S-400 e ciò ha fatto sì che lo stato fosse escluso dal programma di costruzione degli aerei F-35. Lo spinoso contrasto con il popolo curdo ha spinto Erdoğan a colpire nel nord della Siria gli alleati di Washington impegnati nel contrasto alle cellule dello Stato Islamico tutt’ora presenti sul territorio.

Per quanto concerne il vecchio continente è indubbia l’antipatia anatolica verso Svezia e Finlandia visto che (seppur l’assunto sia suffragato da dati discordanti) i due paesi nordici si pongono in contrasto con la Turchia perché accusati da quest’ultima di aver dato asilo ad esponenti curdi accusati di terrorismo. La recente richiesta di annessione alla Nato di Helsinki (il 30 marzo il parlamento turco ha ratificato i protocolli di adesione) e Stoccolma avrebbe dovuto scatenare durissime reazioni che, sorprendentemente, non hanno avuto luogo. La razionalità ci porta a dedurre che la strategia turca sia sempre più volta al voler rappresentare l’immagine di partner affidabile per un sempre maggior numero di stati.

I rapporti internazionali del presidente siriano Bashar al-Assad con i principali attori internazionali e con le autorità regionali sono fortemente veicolati dalle azioni turche e dalla relativa “potenza diplomatica”.

Il rapporto tra Turchia e Russia appare non scalfito: riprova è il fatto che a fine aprile verrà inaugurata una centrale nucleare a Akkuyu e in tale occasione è prevista la presenza di Putin. La centrale è di indubbia importanza: sarà capace di produrre 35 miliardi di chilowattora (kWh) di elettricità annualmente e si stima possa soddisfare il 10% del fabbisogno elettrico annuo della Turchia. Il progetto ha potuto vedere la luce grazie  a Rosatom, un’azienda pubblica russa attiva nel settore dell’energia nucleare e che raggruppa 360 altre imprese; l’ente russo è stato incaricato di progettare, costruire, occuparsi della manutenzione, funzionamento ed eventuale smantellamento della centrale.

Un importante aspetto della collaborazione tra Ankara e Mosca è dato dal fatto che il Cremlino ha sempre cercato uno sbocco più o meno diretto al Mediterraneo e, nonostante lo stretto del Bosforo sia attualmente “chiuso”, la Russia ne fa uso per far sì che le sue navi mercantili possano trasportare rifornimenti bellici attraverso lo stretto.

La Turchia ha siglato un importante contratto con la Bulgaria: l’azienda Bulgargaz per 13 anni avrà il controllo diretto di cinque terminali turchi e la gestione della rete dei gasdotti al fine di ottimizzare i sistemi esistenti. Questa scelta è in realtà simile ad altri accordi intrapresi tra Sofia ed Atene.

Il dossier libico è indubbiamente il più incerto: la Nato è impegnata nel contrasto alla sempre maggior influenza del gruppo Wagner, ma il sostegno di Erdoğan a Khalifa Haftar non è mai stato posto in discussione, nonostante sia considerato un esponente inaffidabile dall’asse atlantico.

Alla luce di quanto sommariamente descritto emerge con dirompenza l’importanza delle elezioni turche di maggio perché decideranno il valzer dei rapporti che si potrebbero instaurare all’interno della Nato stessa.

Arianne Ghersi

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