SCELTA DI CIVILTA’? NO, SOLO SQUALLIDI AFFARI
Cambio di sesso: non solo follia ideologica, ma anche e soprattutto business in crescita
Pochi giorni fa la giunta della Regione Veneto, guidata dal leghista Luca Zaia, ha annunciato l’apertura di un Centro Regionale per i disturbi dell’identità di genere. Lo stesso presidente ha rilasciato dichiarazioni molto chiare in proposito, sostenendo che:
“La determinazione del sesso avviene in fase embrionale (…). E poi, c’è chi nasce nel corpo sbagliato. E noi abbiamo il dovere di rispettare questi casi.”
In altre parole: la Natura, la Provvidenza, chiamatela come volete, può sbagliare. Per fortuna c’è la Regione Veneto che risolve queste imperfezioni regalando a queste persone un destino felice, risolvendo questi errori tramite un Centro Regionale pensato apposta per questo.
Finché queste cose le sostiene la Sinistra, non mi stupisco. La Sinistra, sia essa marxista, socialista, liberale, radicale o quello che si vuole, ha da sempre un unico fine: distruggere tutto ciò che c’è di buono a questo mondo, facendolo nel modo più ottuso e arrogante possibile. Il problema è che tutto ciò arriva da una regione storicamente “conservatrice” e da una figura di rilievo di un partito di Destra, che definisce questa decisione una “scelta di civiltà”.
Per provare a capire veramente cosa c’è dietro questa “scelta di civiltà” consiglio vivamente la lettura di un articolo molto crudo e dettagliato della femminista Marina Terragni (https://feministpost.it/en/dal-mondo/la-trans-industry-allassalto-dei-bambini/), certamente non etichettabile come cattolica oscurantista o estremista di destra.
Che poi anche qui mi permetto di aprire una parentesi polemica: tutta questa ostilità del mondo cattolico alle tematiche lgbt, purtroppo, io non la vedo, anzi. Nella mia parrocchia i catechisti fanno regolarmente sfoggio di vessilli arcobaleno durante il mese del Pride e gli insegnanti di religione che ho conosciuto passano la gran parte del tempo a dimostrare di essere molto più aperti dei propri colleghi laici su questi argomenti.
Ma tornando all’articolo della Terragni, lo scenario descritto è sconfortante e raccapricciante. Viene ripreso un articolo pubblicato su The Free Press in cui Jamie Reed squarcia il velo di omertà che avvolge le cliniche per il cambio di sesso.
La stessa Reed si definisce queer ed è stata manager presso il Transgender Center della Washington University presso il St. Louis Children’s Hospital, per cui conosce dall’interno la questione.
Rimando all’articolo per i dettagli medici sul reale impatto fisico e psicologico di questa “scelta di civiltà”, quello che mi preme però sottolineare è che non si sta parlando di persone con un problema che grazie alla transizione potranno vivere una vita più serena, ma di persone condannate a una vita di completa dipendenza dai farmaci, con conseguenze anche gravi, e che partono da un quadro psicologico non “ottimale”, come dovrebbe essere invece per chi sceglie di intraprendere un processo così impattante.
Dal 2015 ad oggi c’è stata un’impennata di richieste di transizione da parte di “ragazze adolescenti, molte senza precedenti di disagio di genere, che improvvisamente dichiararono di essere transgender e chiesero un trattamento immediato con testosterone.”
La Reed racconta che “uno dei miei compiti era occuparmi dell’accoglienza dei nuovi pazienti e delle loro famiglie. Quando ho iniziato c’erano probabilmente 10 chiamate di questo tipo al mese. Quando me ne sono andata erano 50 e circa il 70% dei nuovi pazienti erano ragazze. A volte arrivavano gruppi di ragazze dalla stessa scuola superiore, ma chi sollevava dubbi correva il rischio di essere chiamato transfobico. Le ragazze che sono arrivate da noi avevano molte comorbilità: depressione, ansia, ADHD, disturbi alimentari, obesità. A molte è stato diagnosticato l’autismo. Un rapporto dello scorso anno su un centro transgender pediatrico britannico ha rilevato che circa un terzo dei pazienti segnalati soffriva di disturbi dello spettro autistico.”
Tutte pazienti a cui viene prospettata la transizione come soluzione per risolvere il loro stato di disagio. Anche il percorso che precede l’inizio delle terapie di transizione e che dovrebbe valutare l’idoneità del paziente si risolve per lo più in una farsa: “Per iniziare la transizione le ragazze avevano bisogno di una lettera di supporto da parte di un terapista, di solito uno che consigliavamo noi e che dovevano vedere solo una o due volte per ottenere il via libera. Per agevolare il lavoro ai terapisti abbiamo fornito loro un facsimile di lettera a sostegno della transizione. La tappa successiva è stata una singola visita dall’endocrinologo per la prescrizione di testosterone. Questo è tutto quello che serviva.”
A questo punto la domanda è: a chi conviene sponsorizzare qualcosa di simile? Davvero dietro a questi casi ci sono solo degli attivisti disinteressati, che in buona fede cercano di risolvere i problemi di questi ragazzi attraverso il cambiamento di sesso?
Ci sono molti elementi che fanno pensare che le cose non stiano esattamente così, uno di questi è il giro di affari che ruota attorno al trans attivismo. Stiamo parlando di una fetta di mercato composta da interventi di chirurgia e da consumo di farmaci che sta aumentando notevolmente in tutto l’Occidente. Secondo Global Market Insight, nel solo 2022 il giro di affari per la sola chirurgia è stato di 623 milioni di dollari.
Una cifra destinata ad aumentare enormemente, con conseguenze disastrose per la salute psicologica e fisica di tanti, con la complicità e responsabilità di politici come Luca Zaia e delle sue “scelte di civiltà”.
Andrea Campiglio
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