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RUSSIA E G.N.A. LIBICO PIU’ VICINI?

I due sociologi russi, Maxim Shugaley e Samer Sueifan, prigionieri da oltre un anno e mezzo nel centro di detenzione illegale libico di Mitiga, sono stati rilasciati. Lo ha annunciato ieri il ministero degli Affari esteri russo Sergei Lavrov.

Mentre si trovavano in Libia per svolgere alcune ricerche demoscopiche per conto della Fondazione per la Difesa dei valori nazionali, Shugaley e Sueifan erano stati catturati con l’accusa di ingerenza negli affari interni del Paese. Erano stai quindi trasferiti nella prigione di Mitiga, situata nell’aeroporto vicino Tripoli e controllata dal gruppo islamista radicale RADA, politicamente vicino al ministro degli Interni del Governo di Accordo Nazionale (GNA), Fathi Bashagha, nota a livello internazionale per il trattamento particolarmente crudele riservato ai detenuti.

La vicenda dei due ricercatori russi aveva suscitato notevole clamore in patria, dove ha ispirato ben due film.

Secondo quanto riferito dal presidente della Fondazione per la quale i due sociologi lavoravano, Alexander Malkevich, e dal governo di Mosca, il ministro degli Esteri libico, Mohammed Siyala, avrebbe avvisato il suo omologo russo che i due sono stati consegnati a Ivan Molotkov, ex ambasciatore del Cremlino a Tripoli.

Il 3 giugno scorso Lavrov aveva avuto un incontro con il vicepresidente del GNA, Ahmed Maiteeq e con il ministro Siyala, al termine del quale aveva dichiarato che “i cittadini russi tenuti illegalmente in ostaggio a Tripoli sono il principale ostacolo all’avvio di una cooperazione reciprocamente vantaggiosa tra i due Paesi “. Ora che il nodo è stato finalmente sciolto è probabile che ci sia una ripresa del dialogo tra il GNA e la Federazione russa, finora apertamente schierata dalla parte del generale Khalifa Haftar.

La vicenda è interessante perché dimostra come la diplomazia, nel complesso contesto libico, si costruisca anche attraverso la cattura e la liberazione di ostaggi e rimanda alla situazione in cui versano i 18 pescatori italiani di Mazara del Vallo, sotto sequestro ormai da 100 giorni e detenuti in una caserma nei pressi di Bengasi, dunque in un’area del paese sotto il controllo del generale Khalifa Haftar. Solo un’azione diplomatica ad ampio raggio, al più alto livello e dai connotati spiccatamente politici potrà far rientrare a casa i nostri connazionali.

Nel frattempo la soluzione della vicenda dei due ricercatori russi potrebbe incidere positivamente, nelle prossime settimane, sull’andamento dei lavori del Forum di dialogo libico, apertosi a Tunisi all’inizio dello scorso novembre sotto la guida del capo della missione ONU in Libia Stephanie Williams.

Alessandro Sansoni per loccidentale.it

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