AAA DESTRA DI GOVERNO CERCASI
Quanto espone Augusto Grandi nel suo articolo riproposto è uno dei punti sul quale il Talebano ha spesso scritto. La Destra non è in grado di governare perché non ha un progetto di società. Lo ha dimostrato negli anni al governo degli anni passati e lo sta dimostrando oggi con slogan contraddittori e spesso falsi. Augusto Grandi colpisce nel segno capendo che a Destra non si è nemmeno compreso l’inutilità del parlamento, il potere è in tutt’altro luogo e per gestirlo vi è necessità di persone con competenze e preparazione culturale. Senza entrare nella questione in modo specifico Grandi fa capire perché tra gli eletti sono pochi con una laurea o un lavoro alle spalle; i parlamentari vengono inseriti nelle liste solo se fedeli al segretario di partito. Idee, preparazione, cultura, correttezza verso i cittadini non sono qualità ricercate nella selezione per la scelta dei candidati. Tanto non si va a governare ma ad amministrare, come se si fosse a gestire un condominio.
Fabrizio Fratus
Governare è diverso da amministrare. È molto di più. Richiede una visione del mondo, una filosofia politica, un’idea in nome della quale guidare un Paese, uno Stato. La destra italiana non sa governare. Quando va bene, e non sempre va bene, sa amministrare. Sa acquistare i tombini meno costosi, sa scegliere le lampadine per l’illuminazione comunale, sa gestire i rapporti con le cliniche private.
Quando, però, si tratta di andare oltre, si inceppa, si blocca. Ed è inevitabile. Innanzitutto perché manca una visione del mondo condivisa all’interno degli stessi schieramenti. Il ruolo dello Stato, il senso della comunità, il tipo di economia, i riferimenti culturali. Liberisti e socialisti, cattolici e neopagani senza trascurare gli agnostici, filo yankee e terzomondisti, peronisti e fans dei militari argentini, estimatori di Prezzolini e di Nietzsche, di D’Annunzio e Guareschi, futuristi e classicisti. Un guazzabuglio di posizioni le più disparate su ogni tema, su qualsiasi argomento.
Su quali basi si dovrebbe governare? Quale tipo di società si vuole costruire? Un’Italia autarchica o un’Europa dei popoli dall’Atlantico agli Urali? Autodeterminazione o statalismo ottocentesco? La vecchia destra missina riusciva a far convivere tutto e tutti grazie all’assedio da cui doveva difendersi. Monarchici e reduci di Salò erano costretti a stare spalla a spalla di fronte alle continue aggressioni. Ma non avevano il problema di governare, costretti com’erano all’opposizione senza alternative.
Ora, però, la situazione si è rovesciata. Governare si può, anzi si dovrebbe. Ma nascono i problemi, le difficoltà. Legate, in primo luogo, alle carenze del personale politico. È vero che se hanno governato Fedeli e Gelmini, Poletti e Bernini, chiunque è in grado di governare. Ma farlo bene è un’altra cosa.
E poi, appunto, bisognerebbe passare dall’amministrare al governare. Bisognerebbe comprendere che nella “stanza dei bottoni” i bottoni non ci sono perché il potere vero, quello che andrebbe conquistato, è collocato in altre stanze. A partire da quelle delle grandi aziende come Eni, Enel, Leonardo. Per proseguire con le fondazioni bancarie, con tutti gli enti culturali che gestiscono teatri, musei, manifestazioni di ogni tipo.
Tutte realtà che hanno a disposizione montagne di denaro, che occupano complessivamente un numero colossale di lavoratori, che impregnano di sé ogni attività arrivando a condizionare le politiche economiche e culturali del Paese. Ed è su questo fronte che le destre, in ogni accezione, hanno dimostrato i propri limiti. Totalmente perdenti su tutto ciò che riguarda la comunicazione, assenti dalle cattedre universitarie, dalle cattedre delle scuole di ogni ordine e grado, dai tribunali se non sul banco degli imputati. E mai un tentativo per cambiare questo stato di cose. Destre rassegnate a non avere voce in capitolo su tutte le scelte strategiche che potrebbero incidere sul cambiamento dell’Italia.
Perché i posti di potere reale andrebbero assegnati a chi ha le competenze necessarie. Fedeli può fare il ministro, ma il Pd non l’avrebbe mai scelta per andare a dirigere un festival culturale. Poletti non può andare a decidere le strategie di una fondazione bancaria di primo livello. Le destre, invece, si impegnano per piazzare i politici trombati. Incapaci come politici ed ancora più scarsi come esperti. E quando finiscono i trombati si fa ricorso agli avversari. Sperando di ottenere riconoscenza (non succede mai) o, più semplicemente, evitando di far crescere qualche personaggio della propria area che potrebbe finire per far ombra al politico che lo ha sistemato.
Così si preferisce procedere per slogan. Perché non richiedono studio, approfondimento. Colpiscono la pancia e permettono di conquistare consensi. Il problema è che, poi, non si sa che farsene dei consensi se non accontentare le richieste di qualche gruppo di potere. Gestire le clientele, però, non è governare. Si procede in ordine sparso perché differenti sono le clientele e, dunque, manca un progetto d’insieme. Oggi tutti al servizio degli industriali, domani dei commercianti ed il giorno seguente si prova a tutelare i lavoratori.
Qual è il modello economico che si vuol seguire? Quali sono le alleanze internazionali su cui puntare? Era un sottosegretario leghista del governo gialloverde ad aver cercato, intelligentemente, di gestire in modo proficuo i rapporti con la Cina. Erano leghisti i parlamentari che non volevano intese con Pechino per non irritare Washington. E pazienza se Trump, come ringraziamento, ha messo un po’ di dazi per penalizzare le merci italiane.
Ma responsabilità le hanno anche le basi delle destre. Tutti a pretendere strapuntini a prescindere da meriti e competenze. Un continuo assalto alla diligenza giustificato esclusivamente dalla fedeltà. E vince non chi è più bravo ma chi obbedisce senza creare problemi e senza apportare idee. Gli intellettuali italiani tra le due guerre litigavano magari tra di loro, tra diverse scuole di pensiero. Ma si ritrovavano, i pittori ritraevano colleghi e scrittori, gli scrittori descrivevano poeti e scultori. Ora nessuno vuole far squadra, prevale l’invidia, vince il rancore. E con queste premesse è davvero impossibile governare.
Augusto Grandi per Il Guastatore
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