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I CANI ABBAIANO E LA CAROVANA PASSA

Arriva Draghi a Palazzo Chigi? E’ la domanda che infiamma il dibattito politico degli ultimi giorni, dopo che l’ex numero uno della BCE ha inviato al Financial Times una sorta di “manifesto programmatico” per uscire dalla crisi economica che a livello globale trascinerà tutti i paesi e in maggior misura il nostro. Diceva un antico proverbio orientale: “i cani abbaiano alla luna, e intanto la carovana passa”, ciò vuol dire che dobbiamo dare una giusta lettura agli eventi per comprenderne la portata. Attenzione non ci dobbiamo distrarre sulla soluzione Draghi Premier, non abbaiamo alla luna, ma dobbiamo porre l’attenzione sulla carovana.

Dalle colonne de Il Talebano è apparso un articolo, del 13 febbraio 2020 a firma del nostro Fabrizio Fratus, dal titolo “Lezione di Realismo Politico” dove si analizzava il rapporto crescente tra i due Matteo “nazionali”, in fase di corteggiamento, e le loro eterogeneità dei fini. Entrambi mossi da un minimo comune denominatore rappresentato dalla caduta dell’esecutivo Conte, dal superare l’empasse con la creazione di un governo “allargato” (Lega-FI-FDI-IV) e dal mettere fuori gioco il movimento cinque stelle e il partito democratico.

Il consenso elettorale è condizione necessaria ma non sufficiente per poter governare e incidere, è una base sulla quale bisogna costruire un esecutivo certamente autorevole ma sopratutto credibile a livello internazionale. Vi ricordate cosa disse Giorgetti ai ministri del Lega del primo governo? Mettete una foto di Matteo Renzi sulla scrivania, dal 40% delle europee del 2014 in pochi mesi è rimasto ben poco.

I due Matteo hanno capito che l’overdose dei voti non porta a nessun risultato e allora l’uno trova l’altro perfettamente funzionale: compromesso storico 2.0? Con la nascita del Conte bis, il Matteo Fiorentino ha sì effettuato una operazione machiavellica da palazzo, come lui stesso ama definire, ma nella stessa maggioranza rappresenta la spina nel fianco. La miglior opposizione si fa in casa così da raggiungere i suoi due obiettivi: togliere ossigeno a un Pd in fase terminale e posizionarsi al Centro (lasciato libero da una Forza Italia che non esiste più).

Il Matteo Milanese non fa mistero del suo sogno di diventare Premier e per far ciò deve togliere le felpe e indossare un abito che tranquillizzi in primis i mercati ma sopratutto la politica internazionale, e allora via il vecchio modello di centro destra e un governo “allargato” di unità nazionale/istituzionale con garante Renzi potrebbe essere la possibile soluzione. Un esecutivo che possa aprire una stagione di riforme condivise e appoggiate dai moderati per non finire sotto il fuoco dell’establishment. In questo disegno c’è una variabile che fa rimescolare le carte: Giorgia Meloni. La leader di fratelli d’Italia cresce nei consensi delle ultime tornate elettorali, dal 4,35%- delle politiche del 2019- alle europee del 2019 passa al 6,46%. Attualmente i sondaggi la danno tra un 12-15%, e agli inizi di Febbraio vola a Washington, in missione internazionale, per incassare il consenso dei conservatori USA. Anche lei sogna di guidare il centrodestra e diventare Premier? Sembrerebbe di si, del resto all’endorsement di Salvini per Mario Draghi premier, Giorgia Meloni ha liquidato con un secco: “i governi non si fanno con le alchimie”.

Come andrà a finire? Intanto non abbaiamo alla luna e guardiamo la carovana, ci vuole la costruzione di un progetto di futuro- per la compagine destra-centro- serio, ben fermo nelle sue posizioni, ma autorevole. Evitiamo gli errori del passato e procediamo con realismo politico.

Domenico Barbaro

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