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NON PENSO PROPRIO!

Veniamo al quarto ed ultimo punto che abbiamo elencato: ossia quello riguardante l’accettazione e l’uso, da parte di Marx, del lògos speculativo dialettico tratto da Hegel. Il concetto stesso di struttura contiene in sé il principio speculativo della contraddizione dialettica. La struttura non è una sostanza fissa e stabile, ma contiene in sé la contraddizione, che diventa sempre più insanabile con l’andar del tempo, fra forze produttive e rapporti di produzione. Inoltre, essendo essa la base da cui tutto si diparte a livello socio-economico, la sua natura contrastante si riverserà anche sugli aspetti politici e culturali della società, e cioè sulla sovrastruttura. Marx mutua con un linguaggio socio-economico il concetto di sostanza hegeliano. Per Hegel la sostanza non è quella intesa dalla tradizione aristotelica basata sui connotati di stabilità, permanenza e identità con se stessa, bensì è intesa come “relazione sostanziale”, cioè come una totalità che si scinde e si differenzia in se stessa: da un lato essa è unità, dall’altro è una molteplicità di accidenti, ossia di determinazioni. Per chiarire ancora, in Marx la sostanza è la struttura che si accidentalizza nei rapporti di produzione al proprio interno e nella sovrastruttura all’esterno. Ora, la struttura che viene da lui studiata è quella capitalistica, in particolare nel suo capolavoro “Il capitale”.

Il metodo, o meglio, la forma di esposizione (Darstellungsweise) con cui Marx affronta l’analisi del modo di produzione capitalistico è prettamente hegeliano. E’ un metodo tratto dalla “Logica dell’essenza” che costituisce la seconda parte della “Scienza della logica”. Il capitalismo viene esaminato come una totalità organica, in cui tutti gli elementi accidentali vengono unificati nel concetto stesso di capitale: produzione, distribuzione, scambio, consumo appartengono alla stessa unità. Ogni aspetto è concausa di un altro. Ciò significa che la causa è l’effetto, e l’effetto è la causa secondo la categoria relazionale dell’ “azione reciproca”. E qui sta la grande abilità di Marx nel vedere a livello storico la stretta relazione che vi è nelle varie componenti di un sistema. E in questo egli è stato, come giustamente afferma Preve, il più grande erede di Hegel. Questo metodo gli consentirà di rivelare in modo incontrovertibile che l’essenza del capitalismo è il profitto ricavato dal plus-valore. Egli avrebbe potuto scrivere in quattro pagine questa verità, ma la verità la si può conseguire solo con un lungo percorso rivelativo. 

A questo punto possiamo perciò, in base a quello che si è scritto, giudicare Marx un idealista? Risulta evidente una risposta negativa. Marx è pur sempre un pensatore materialista, poiché la storia umana è, secondo il suo pensare, determinata principalmente dalla quantità e non dalla qualità. Si tratta invero di un materialismo socio-economico, che contiene sicuramente aspetti idealistici colti dal pensiero di Hegel e calati nel mondo della quantità economica. Certo però che parlare di un materialismo idealistico è un ossimoro, perché alla fine quello che va colto è il senso profondo della filosofia marxiana, che si muove sempre all’interno del regno della quantità, sebbene egli colga con acume speculativo le contraddizioni terribili che essa provoca. Il capitalismo è a tutti gli effetti una forma di produzione che con la sua scienza e tecnica rappresenta compiutamente il regno totalitario della quantità.Marx è e resta un pensatore del mondo finito che esclude una qualsiasi forma di realtà spirituale superiore. C’è una sua famosa frase che chiarisce definitivamente questa sua dimensione materialistica: “ …essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per l’uomo, è l’uomo stesso”. Qui c’è la cifra del suo pensiero: il fondamento dell’uomo è l’uomo stesso. L’escludere ogni forma di trascendenza, o meglio, qualsiasi differenza ontologica fra Essere ed esserci umano, implica necessariamente avere una visione puramente quantitativa dell’uomo, poiché viene a mancare una qualsiasi forma qualitativa superiore.

In Marx vi è il conseguimento completo del nichilismo estremo, proprio perchè il suo pensiero si muove sempre all’interno di una visione antropocentrica, svuotata di ogni dimensione sacra e trascendente, e al di dentro di una dimensione comunista che viene altresì proposta come una finalità inevitabile e necessaria. Ma il comunismo, che, tendenzialmente, dovrebbe cancellare le differenza fra gli uomini stessi, cos’altro non è, se non il trionfo della quantità che annullando le qualità, porta con sé il delirio del nulla e che conduce ad una violenza incontrollata? C’è da aggiungere, comunque, che se il comunismo ha cessato di essere una idea-forza nel nostro mondo, oggi il sistema liberal-liberista sta realizzando con molto più successo lo stesso obiettivo, usando metodi molto più complessi e persuasivi.Ii pensiero di Marx resta, nonostante tutte le osservazioni e critiche che si possono fare, uno strumento importante per comprendere l’intima natura del sistema in cui viviamo. I grandi filosofi non sono né di destra, né di sinistra: sono solo grandi filosofi.

Beatrice Mantovani

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