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Una volta c'era il deterrente nucleare. Ora c'è il 5G..

Chissà se Richard Nixon e il suo Segretario di Stato Henry Kissinger l’avrebbero mai immaginato ma la più grande minaccia alla supremazia USA oggi sarebbe giunta proprio dalla Cina, il cui riavvicinamento fu uno dei principali successi nella loro politica estera.
Dagli anni Settanta a oggi, in effetti, gli scenari sono davvero cambiati.
Mezzo secolo or sono, infatti, esisteva un’accesa rivalità militare tra Cina e URSS che oggi ha invece lasciato il posto a una ritrovata intesa strategica fatta di manovre congiunte dei due eserciti e comunione d’intenti in teatri operativi strategici (Siria e Iran su tutti).
Lo sterminato mercato interno cinese viene ormai  soddisfatto principalmente con le merci prodotte nel Paese del Dragone piuttosto che essere importate.
Il serbatoio di manodopera a basso prezzo ambito dalle aziende occidentali ansiose di delocalizzare al risparmio le loro produzioni si è trasformato in una formidabile macchina produttiva sempre più simile (anche in termini di qualità) a quanto realizzato nelle economie più sviluppate con le quali si trova a competere a tutti i livelli.
Una commistione tra capitalismo, turboliberismo e dirigismo politico con retaggi di maoisismo comunista, ha trasformato la più popolosa delle nazioni nella maggiore economia produttiva del mondo.
Qualsiasi misura pensata da Washington si rivela foriera di inimmaginabili contraccolpi negativi, come l’ipotesi di alzare i dazi doganali, cui la Cina ha prontamente risposto dicendosi pronta a dismettere parte dei propri investimenti in Buoni del Tesoro USA (e quindi dal finanziarne il debito pubblico) e disponendo dazi speculari sulle merci nord americane, o il ventilato embargo tecnologico intrapreso per spingere l’americana Google (proprietaria del sistema Android) a mettere in difficoltà nel mercato degli smartphone la cinese Huawei (che sta sviluppando il sistema di trasmissione dati di ultima generazione 5G) avversato da Washington.
La discesa in campo del robottino di Android e la minaccia di bloccarne l’utilizzo al marchio cinese, tuttavia, è prontamente rientrata: congelata per 90 giorni in attesa di eventi, in seguito alla simbolica ‘visita’ del Presidente cinese Xi Jinping alla  sede della Jl-Mag, azienda leader nel settore delle terre rare di cui la Cina ha quasi il monopolio, detenendo oltre il 95 per cento della fornitura mondiale, meno conosciuta di Huawei a livello del grande pubblico ma strategica per il commercio di materie prime fondamentali per l’industria hi tech, in particolare per quel che riguarda i micro conduttori.
Il ‘cuore’  di pc, laptop, tablet e smartphone importanti come l’acqua in un mondo assetato ora – soprattutto – di tecnologia.
La mossa del presidente cinese è stata resa ancor più significativa dal fatto che era accompagnato da Liu He gran tessitore delle strategie di Pechino sulla questione del commercio con gli Usa.
Un segnale che pare sia stato correttamente interpretato dagli analisti a stelle e strisce tanto che ha portato a una clamorosa sospensione dell’embargo nel volgere di poche ore.
Lo stesso Sole 24 ore, del resto, ha definito le ‘Terre Rare’ “un’arma cinese puntata su Trump”.
Anche perché, forse la cosa non è ancora del tutto chiara a chi è abituato a guardare il mondo con l’ottica miope dei film di Jhon Wayne, ma la supremazia USA – pur ancora sostenuta da un’enorme macchina bellica – si trova in un equilibrio sempre più fragile e che potrebbe non durare ancora a lungo, seguendo lo stesso destino delle sanzioni alla Huawei.
Gianluca Castro

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