LA MORTE DEL BUONSENSO
Ma gli anni 70 non hanno insegnato nulla?
Non credo ci sia bisogno di spiegare a chi ci legge chi sia Sergio Ramelli: il giovane militante del Fronte della Gioventù, ucciso da un gruppo di appartenenti ad Avanguardia Operaia è diventato, suo malgrado, un simbolo e rappresenta uno dei casi più emblematici di vittime dell’odio politico.
I motivi possono essere molti: la foto in cui lo si vede, poco più che bambino, con i capelli un po’ lunghi e lo sguardo profondo, con quell’aria sognante e spensierata di chi si sta affacciando, ancora insicuro, alla vita adulta; oppure la montante ostilità di cui è stato vittima: prima le minacce che lo costringono a cambiare scuola, l’agguato sotto casa, il cranio sfondato a colpi di chiave inglese, 48 giorni di agonia prima della morte, gli applausi che a Palazzo Marino accolgono la notizia del suo decesso, le difficoltà nel trovare un sacerdote disposto a celebrare il funerale, i militanti di estrema sinistra che fotografano e schedano i partecipanti al corteo funebre e, da ultimo, la relativa impunità dei suoi assassini, che da studenti di medicina sono ora diventati affermati medici e primari. E poi le telefonate di minacce alla famiglia… le scritte sotto casa (“Ramelli vive coi vermi”) … un lungo calvario continuato anche dopo la morte di Sergio…
Sergio non è stato il primo né l’ultimo, ma sicuramente occupa un posto speciale nel cuore di tanti, ancora a distanza di anni, e anche tra chi, come me, per ragioni anagrafiche non l’ha mai conosciuto e non ha vissuto quegli tempi ma ha appreso la storia dai racconti di chi c’era o da qualche, spesso purtroppo vago, accenno sui giornali.
È così che il ricordo di Ramelli e del suo assassinio supera gli anni di piombo e giunge fino a noi, tenuto vivo dalle comunità che ogni anno, e dal 1997 in forma unitaria e senza bandiere di partito, rendono omaggio alla sua memoria con una manifestazione silenziosa e ordinata che per quasi 20 anni non aveva mai dato luogo a disordini o atti di violenza.
Arriviamo quindi ai fatti recentissimi, gli eventi di questi giorni sono noti a tutti: dopo che negli ultimi anni il tradizionale corteo era stato sostituito con un presidio fisso, un gruppo di 60 esponenti politici firma un appello perché il corteo sia nuovamente autorizzato, ma il prefetto lo vieta, concedendo solo una cerimonia statica, permettendo invece una contromanifestazione dell’estrema sinistra che contesta la commemorazione (e che si dice pronta a intervenire a intervenire in prima persona per impedirla).
Quella che segue è una situazione convulsa: le comunità si ritrovano in piazzale Susa, come annunciato, a poche centinaia di metri dal controcorteo e con un grande dispiegamento di forze dell’ordine, per evitare che ci sia un contatto. A un certo punto i militanti di destra si spostano verso la casa di Ramelli ma la polizia, in maniera del tutto inaspettata, carica le prime file, tra lo stupore di tutti, sorpresi da una reazione violenta contro persone disarmate e non intenzionate ad aggredire gli agenti. La situazione si sblocca solo dopo ore di immobilismo e grazie alla mediazione dei politici presenti, che convincono la polizia a concedere al gruppo di sfilare in silenzio e stando sul marciapiede fino al murales sotto casa di Sergio.
Ora, in tutto ciò non è chiaro perché si sia voluto essere inflessibili nel negare il diritto a una manifestazione per ricordare un caduto, che per giunta non aveva mai creato alcun problema, mentre nello stesso giorno e per giunta nelle vicinanze è stato concesso un controcorteo di area politica opposta. Qual è il senso? Protestare contro un ricordo? E con quale diritto? Da quando l’estrema sinistra ha il diritto di decidere chi può sfilare? Da quando si autorizzano manifestazioni che hanno il solo scopo di creare tensione e rovinare la giornata dedicata al ricordo di un caduto, esasperando gli animi, con gli effetti che si sono visti?
Alcune immagini del corteo antifascista, l’ unico autorizzato dalla Questura: caschi, bastoni e fumogeni.
Credo che, al di là dei momenti di tensione che tutto sommato non ha causato gravi danni (si parla di tre feriti), l’aspetto che più spiace è che la serata sia stata rovinata e una giornata di preghiera e commemorazione è stata ridotta a un’occasione di scontro tra opposti schieramenti e tra manifestanti e polizia, secondo dinamiche che rimandano agli anni di piombo. Esattamente le stesse dinamiche che hanno portato alla morte di un giovane come Sergio.
Credo che la figura di Ramelli commuova e coinvolga ancora tanto perché, di fatto, non aveva fatto nulla di male: il suo calvario è stato frutto semplicemente di un odio profondo e viscerale, una volontà di annientamento totale del nemico, anche se in questo caso il “nemico” è un ragazzino di 18 anni colpevole di aver scritto un tema. Un odio che, a distanza di anni ancora non si è sopito, e si manifesta nei volantini che riportano fieramente una chiave inglese, nelle scritte recentemente comparse per Milano (“10, 100, 1000 Ramelli”), oppure nella vernice rosa che nella notte tra il 28 e il 29 aprile è stata gettata sul murale che ricorda Sergio… la stessa macchia di vernice rosa scelta come logo per la manifestazione antagonista (autorizzata), come una specie di firma e rivendicazione…
In tutto ciò, il fatto spiacevole è che a causa della cattiva gestione degli eventi da parte delle Autorità in un giorno come questo si parli di cariche e tafferugli, e non del vile omicidio di un ragazzo di 17 anni, ma soprattutto mi spiace che, a distanza di molti anni, quell’odio che ha colpito Sergio esista ancora e continui a manifestarsi…
Per questo è importante continuare a ricordare quegli eventi e quegli anni, perché nulla del genere possa più ripetersi e perché la sua figura e il suo martirio non vengano mai dimenticati.
Solo così, forse, riusciremo un giorno a dare un senso a tutto ciò e questo odio assurdo sarà stato assolutamente inutile, perché alla fine, Sergio, i nomi di chi ti ha ucciso e di chi ancora oggi ti insulta sono destinati all’oblio e nessuno li ricorderà, mentre il tuo sacrificio vivrà in eterno nei cuori di chi ama tutto ciò che tu hai amato prima di noi.
Ciao Sergio
Andrea Campiglio
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