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“GAY” SARETE VOI. PAROLA DI RICCHIONE

Personaggio eccentrico e controverso, Nino Spirlì è indubbiamente una di quelle personalità che si fatica enormemente a collocare nelle angustie di un dibattito pubblico organizzato secondo categorie stantie e statiche. Figura versatile e dalla formazione eclettica, ha attraversato e sperimentato in modo trasversale svariate forme che la cultura assume ai giorni d’oggi: è stato attore, tragico e comico; autore per format Tv e soggetti cine-visivi; ha diretto spettacoli rappresentati in diversi teatri europei; è scrittore ed autore per diverse testate giornalistiche. La sua posizione scomoda è associata anche al suo essere insieme omosessuale (o ‘vecchia checca’, come lui stesso si definisce) e sostenitore di posizioni tradizionalmente conservatrici. Sfuggendo agli stereotipi di ogni genere e ai composti dettami del politically correct, Spirlì non ha timore ad esporsi ed argomentare con autoironia e sincerità, mandando in cortocircuito i luoghi comuni con i quali la pigrizia del pensiero è solita cavarsela. Per questo, ad un personaggio così interessante, abbiamo rivolto alcune domande su alcuni temi civili e morali di attualità.

Signor Spirlì, lei opera una distinzione (ironica, ma solo fino a un certo punto…) tra ‘omosessuale’ e ‘gay’. In che cosa consiste questa disambiguazione?

R: A dirla tutto, io mi definisco “Ricchione alla vecchia maniera”, non avendo paura delle parole. Mi preoccupano di più certe intenzioni. Quelle, ad esempio, che cercano di creare categorie e, conseguentemente, associazioni. Gay è un termine estero che mi fa schifo anche per il suo significato: gay si dovrebbe tradurre con un offensivo “leggero, gaio, allegro”. Può farmi schifo?

Vi è qualche specificità nei diritti propri di un omosessuale? Se sì, qual è il modo per difenderne concretamente la dignità?

R: Ma quale specificità??? Essere come si è, non ha nulla di speciale. Siamo tutti uguali, con uguali diritti e doveri. A voler categorizzare e specificare, si creano delle presunte necessità particolari, che non se ne esce più vivi!

Replico la domanda declinandola rispetto al mondo femminile: come si difendono concretamente oggi i diritti delle donne?

R: Rispettando i diritti e i pretendendo i doveri di tutti e da tutti.

Secondo lei, l’istituzione della famiglia è in pericolo? Sta subendo o ha già subito trasformazioni sensibili? Se sì, quali sono i principali fattori responsabili di ciò?

R: Eccome! In gravissimo pericolo! La leggerezza con la quale molti giovani fanno famiglia, salvo, poi, disintegrarla al primo litigio; la follia di pretendere di affiancare alla Famiglia vera altri modelli di nuovo conio, come la ridicola famiglia arcobaleno; il pericoloso sdoganamento delle famiglie multigenerazionali, con mogli o mariti d’età pari al doppio o triplo di quella del compagno; la mortale abitudine delle “famiglie allargate”, nelle quali un forzato “volemosebbene” tenta di tenere insieme persone che, fondamentalmente, si odiano. Questo e tanto altro stanno minando la sacralità della Famiglia.

A suo dire, quali sarebbero gli effetti sistemici da un punto di vista sociale di un approccio eccessivamente liberale rispetto alla famiglia?

R: La sua scomparsa. E, di conseguenza, la scomparsa del genere umano.

È possibile avere posizione non liberali da una prospettiva non cattolica? In altri termini, una posizione generalmente definibile di conservatorismo sociale gode di ragioni proprie e argomentabili razionalmente, o non potrebbe essere condivisa indipendentemente da un orizzonte confessionale?

R: Perché mai? Perché negarci il piacere del dono della fede nella costituzione e nella gestione della famiglia? C’è esempio migliore di quello dato da oltre duemila anni dalla Famiglia di Nazareth? Una Famiglia moderna, tanto da fondarsi sulla fiducia nell’Altro, sulla dedizione, sulla consegna di sé, sull’accettazione, sulla condivisione di gioie e dolori. Sulla povertà. Sulla speranza e sulla certezza nel futuro. Una Famiglia, madre di tutte le famiglie. Perché negarlo, cercando altro di meglio?

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