AFRICA: IL PROBLEMA LO AVREMO TRA VENT’ANNI
440 milioni di giovani entro il 2030. Dove sei, Joseph Kony?
Una buona politica vuol dire programmare il futuro, se oggi subiamo una invasione il futuro sarà molto più tragico se non pensiamo a politiche di azione reale in Africa. Il continente subisce una devastazione economia delle sue materie prime da ormai decenni come descritto nel brillante saggio di Ilaria Bifarini dal titolo: Neoliberismo e manipolazione di massa. Storia di una bocconiana redenta. Oltre alla devastazione subita da parte delle politiche neoliberiste va ricordato che l’Africa sta subendo anche un attacco da parte del governo cinese intento ad acquistare terra per costruire vere e proprie città (https://www.youtube.com/watch?v=bFdPWPS_zco).
Non serve chiudere i porti di partenza del Nordafrica, ma serve intervenire sul territorio fermando le azioni di impoverimento del territorio africano, serve investire nella formazione delle nuove generazione, serve creare un’azione coordinata a livello internazionale per bloccare l’azione del governo cinese, serve un progetto di tipo sociale ed economico su vasta scala e un accordo di azioni mirate tra pubblico e privato.
Africa Sub Sahariana, 440 milioni di giovani in cerca di un impiego entro il 2030
Entro il 2030 un esercito di 440 milioni di giovani entreranno nel mercato del lavoro dei paesi dell’Africa subsahariana. Oltre la metà (240 milioni) proverranno dalle aree periferiche e rurali che, in quanto meno sviluppate rispetto ai centri urbani, sono già oggi caratterizzate da carenze sul piano della formazione. A tracciare questo scenario è Ji-Yeun Rim, coordinatore del progetto di inclusione dei giovani dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, in un intervento presentato oggi alla Farnesina. L’occasione per affrontare questi temi è stata fornita dal seminario “Migrazione e dividendo demografico: la mobilità dell’Africa Sub Sahariana”.
Investire nella formazione direttamente nei paesi di origine
Con una popolazione di 1,2 miliardi, la popolazione africana raggiungerà 1,7 miliardi nel 2030 e tre miliardi nel 2063. Il 46% circa avrà tra i 15 e i 34 anni. Questo aumento di popolazione inciderà anche sulla crescita del tasso di migrazione. Se il sistema della cooperazione non dovesse investire già da oggi sui sistemi di formazione dei paesi di origine, la mancanza di opportunità di impiego potrebbe spingere questi giovani a lasciare il loro paese per raggiungere l’Europa. «La mancanza di livelli di istruzione adeguati è uno dei motivi che spinge i giovani a migrare», ha ricordato Jayathma Wickramanayake, Inviata speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite per i giovani. «Le problematiche connesse alla mobilità delle persone stanno scalando l’agenda della cooperazione internazionale – ha aggiunto Luigi De Chiara, della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del ministero -. Il problema è: come trasformare il dividendo demografico che caratterizza l’Africa Sub Sahariana da una sfida a un’opportunità di sviluppo?».
La mortalità diminuisce molto più rapidamente della fecondità
Investire in formazione non basta. «Occorre ridurre il tasso di fertilità – ha spiegato Arthur Erken dell’Unfpa -. Le donne hanno più figli di quelli che deciderebbero di avere se potessero liberamente pianificare questa scelta». Con una popolazione di 1,2 miliardi, la popolazione africana raggiungerà 1,7 miliardi nel 2030 e 3 miliardi nel 2063. «Dal 1960 al 2016 la popolazione di questa parte di Africa è quintuplicata – ha ricordato Patrizia Farina, docente di Demografia all’università Bicocca di Milano. -. Mentre la mortalità ha avuto performance di declino molto intense, il tasso di fecondità è rimasto elevato. In Niger ogni donna ha almeno otto figli. La media nell’Africa Sub Sahariana è di quattro figli per coppia. I figli sono concepiti come un’assicurazione, soprattutto nelle aree rurali. I figli sono fonte di lavoro».
Soda (Oim): la gran parte delle migrazioni in Africa è a livello locale
Con questi numeri, è plausibile aspettarsi una aumento della pressione migratoria sui confini europei da parte di chi è in cerca di un’occupazione e non la trova nel suo paese? Per Federico Soda, direttore dell’ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), non è detto. «Spesso la crescita demografica è associata a un aumento della mobilità della popolazione ma non credo che il nesso tra i due aspetti sia così diretto», ha ricordato. «Se si aumenta il livello di istruzione dei giovani africani, è possibile ridurre il livello di mobilità. E poi non è detto che la crescita della popolazione in questi paesi determinerà un aumento degli arrivi in Europa. La gran parte del fenomeno migratorio è infatti locale. In Africa occidentale un cittadino del Senegal può andare in Guinea con una semplice carta d’dentità. Sono le persone più istruite che cercano di raggiungere l’Europa alla ricerca di opportunità migliori. Il numero delle persone che attraversano il Mediterraneo è in calo: l’anno scorso le persone che sono giunte in Europa in maniera irregolare sono state 170mila».
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