ABITUATEVI AL POPULISMO PERCHÈ DIFFICILMENTE VE NE SBARAZZERETE
Meglio anche evitare bersaniani pregiudizi
Populismo, lo spettro che si aggira per il mondo a partire dall’inizio del XXI secolo e che si è espanso dall’America Latina al mondo occidentale. È stato questo il tema del convegno tenutosi presso il Collegio Augustinianum dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano.
Introdotti da Lorenzo Nicola Roselli e moderati da Andrea Muratore, coautore del saggio “Il socialismo del XXI secolo. Le rivoluzioni populiste in Sudamerica” e redattore de L’Intellettuale Dissidente, i relatori hanno cercato punti in comune e divergenze di questa vera e propria ondata che nel corso del 2016 ha portato alla vittoria della Brexit nel Regno Unito, all’elezione del magnate americano Donald Trump alla Casa Bianca e alla ripetizione per brogli del voto presidenziale austriaco dove l’esponente del Fpo, ex partito di Jorg Haider, Norbert Hofer ha sfiorato la vittoria in un tesissimo secondo turno.
Distinguendo la storia contemporanea in due distinte fasi Marcello Foa, firma de ilgiornale.it e direttore del gruppo editoriale del Corriere del Ticino, ha chiarito come dalla fine della seconda guerra mondiale fino al crollo dell’Unione Sovietica nelle democrazie occidentali si siano fatti largo i partiti moderati di destra e sinistra lasciando ai margini esperienze brevi di populismo come quella de L’uomo qualunque in Italia. Viceversa, dal 1991 in poi e in particolare con la crisi economica del 2007, dalla quale ancora non si è usciti, i cittadini, dopo aver sperimentato l’alternanza dei due poli, non si sono più sentiti rappresentati dai partiti di riferimento inoltrando istanze fatte proprie da nuovi movimenti come i pentastellati in Italia piuttosto che Syriza in Grecia o il Front National in Francia. Una parte delle accuse di Foa è andata anche al mondo del giornalismo, non più in grado di intercettare il malcontento popolare perché nuovo megafono dello status quo. La sfida della comunicazione è stata risolta dai nuovi contenitori populisti attraverso l’abile utilizzo dei social network che consentono di arrivare alla maggior parte della popolazione che li utilizza sempre maggiormente come primo canale preferendolo perfino alle tv e alla stampa, oramai in forte difficoltà.
L’intervento di Luca Lezzi, saggista e coautore de “Il socialismo del XXI secolo” per le Circolo Proudhon edizioni, si è focalizzato sul populismo latino-americano e i suoi precedenti storici. In particolare è stato dato rilievo alle somiglianze tra l’esperienza di Juan Domingo Peron in Argentina e quella di Hugo Chavez in Venezuela che hanno ribaltato l’idea degli apparati militari nel continente come strumenti in mano all’ingombrante vicino di casa statunitense. L’esperienza sudamericana coglie appieno successi e problematiche del populismo al governo legate al passaggio del testimone del leader di riferimento e alla necessità di mantenere le promesse in grado di coagulare istanze diverse sotto un unico slogan contrapposto ad un nemico comune, spesso rappresentato dall’establishment interno e dall’alta finanza internazionale.
Di diverso parere il senatore Marcello De Angelis, secondo il quale si è voluto parlare di populismo proprio per salvaguardare l’ideologia dominante del pensiero unico contrapponendo la capacità, tutta da verificare, di improbabili tecnici al servizio del capitale a politici incapaci e immobili. L’importanza della lingua italiana, il ripristino delle accezioni neutre dei termini, a partire proprio da quel “populismo” ormai associato ad insulto nel dibattito politico, sono state le tematiche conclusive del dibattito aperto alle domande del folto e partecipativo pubblico dell’incontro.
Flavio Pagano, Fronte Identitario Campania
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