L’ULTIMO UOMO
La storia della modernità deve essere ancora scritta
Se è vero come diceva Orwell che chi controlla il passato controlla il futuro e chi controlla il presente controlla il passato, per poter leggere gli avvenimenti di cui siamo spettatori e capire in quale direzione stiamo camminando è necessario conoscere il passato.
E non è sufficiente lo studio dei testi scolastici che anche quando non riportano la versione dei vincitori e fanno analisi degli avvenimenti raccontano al massimo gli epifenomeni storici: per conoscere il passato è necessario andare ad un livello più profondo, quello dove i fenomeni hanno avuto origine, nelle “retrovie storiche, filosofiche, antropologiche, scientifiche di un grande apparato ideologico di cui oggi non si ha più la cognizione”.
Un lavoro in questo senso è stato svolto da Enzo Pennetta prima con “Inchiesta sul darwinismo” del 2011, in cui ha indagato sulla nascita di una scienza al servizio del potere nell’Inghilterra elisabettiana e sul suo sviluppo avvenuto nei secoli seguenti fino all’affermarsi del darwinismo come massima teoria interpretativa del mondo, non solo quello naturale, ma anche di quello socio-antropologico, una visione alla luce della quale hanno trovato giustificazione le politiche coloniali e di dominio non solo inglesi ma dell’intero Occidente post illuminista.
Ma una volta documentata la nascita di quell’apparato ideologico del quale “non si ha più cognizione” il passo successivo è quello di analizzare come esso si sia potuto affermare quasi del tutto inavvertitamente, siamo qui nel campo delle dinamiche dei cambiamenti di paradigma dove l’impiego strumentale dei mezzi di informazione si somma all’azione di Organizzazioni non governative (ONG), di “testimonial” e all’uso di tecniche raffinate di persuasione e propaganda.
Il passaggio dalla fase di teoria scientifica a quella di riferimento sociale e antropologico di quell’ideologia occulta che si può identificare con quella della modernità liquida descritta da Zygmunt Bauman nei suoi scritti, è stato affrontato da Pennetta in un secondo libro dal titolo eloquente di “Ultimo uomo”, un’espressione usata da Nietzsche per indicare in modo dispregiativo il tipo umano abitante dei nostri tempi.
L’ultimo uomo di cui parla il libro, che è poi l’uomo contemporaneo, è il risultato di un’operazione di ingegneria antropologica che ha operato nella direzione della prometeica chimera di un’esistenza libera da ogni vincolo, un’azione promossa con mezzi di diffusione “scientifici” dalla quale per imparare a difendersi è necessario prima di tutto essere consapevoli.
Fabrizio Fratus per La Voce
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