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E DOPO LE TRIVELLE, I CAMPI DI PUZZETTE

Quanto fa discutere il biogas?

Dopo le scandalose vicende di Tempa Rossa che hanno evidenziato quanto siano forti le influenze delle lobby energetiche, non solo petrolifere, su certa politica schiava degli interessi di tutti tranne che dei cittadini italiani, è necessario fare il punto della situazione.

È chiaro come il sole che la mancanza del principio di Stato inteso come “Potenza” al servizio della comunità, sia il grande assente con cui abbiamo a che fare poiché i partiti, invece di formare la propria classe dirigente sui territori, se la fanno imporre dai grandi gruppi economico finanziari attraverso persone espressione di tali ambienti. La magistratura in Basilicata si sta muovendo, ma anche nel resto del Paese attendiamo che si attivino le inchieste riguardanti le ricadute ambientali dovute allo sfruttamento – quantomeno allegro – delle risorse naturali, vista la vastità del modus operandi in tutta la penisola.  A nostro avviso, ci vuole maggiore attenzione verso il fenomeno  correlato alla mangiatoia dei finanziamenti pubblici legati alla produzione di energia da rifiuti, in particolare in aree a ridosso delle grandi città, individuate da qualcuno come “pattumiere d’Italia” quando non “tumorifici”.

È ormai evidente una diretta correlazione tra l’aumento delle patologie tumorali e la presenza di siti inquinanti non solo di carattere estrattivo, ma soprattutto legato alla trasformazione della spazzatura. Esistono esempi molto emblematici di come vaste e popolose aree del nostro territorio siano piagate da una massiccia presenza di tali impianti, e la popolazione è esposta a un mix di fattori inquinanti, tra cui l’arsenico nelle acque poco sotto la soglia di legge e aree de-industrializzate mai bonificate. Ciò si riflette nei dati presenti sia nei vari studi epidemiologici locali e regionali e sia in quelli del Registro Nazionale dei Tumori.

Anche i grandi media si stanno occupando di ciò, partendo dalla tristemente nota “Terra dei fuochi casertana”, si sta risalendo la penisola arrivando ora in provincia di Latina – dove risiedo –  nel frusinate fino alla Basilicata. Verrà anche il vostro turn,o non temete. Il nocciolo del problema però è se le istituzioni e le formazioni politiche come la nostra, che fanno dell’appartenenza al proprio territorio un vanto,  si faranno trovare pronte quando il bubbone scoppierà, e sarà inevitabile, oppure faranno finta di non capire e reciteranno la parte degli stupiti e delusi da quanto si scoprirà. È ora che tutte le aziende “biogas” spuntate come funghi senza alcun coordinamento e funzionalità, se non quella di far soldi a palate sulla salute dei cittadini spesso inconsapevoli, siano sottoposte a controlli sia dal punto di vista burocratico sulle autorizzazioni, che sulle emissioni ma finora, tutti “allineati e coperti”.

Da che parte vogliamo stare? Vogliamo attendere l’inevitabile esplosione di “Biogassopoli” e assistere alla puerile quanto inutile corsa alla discolpa di tutti coloro che hanno rivestito incarichi di rilievo su scala sia locale sia nazionale, oppure iniziare subito a fare qualcosa? Le speculazioni come questa nascono dalla mancanza di regole chiare e di una visione strategica dello Stato infatti, l’assenza di un Piano Energetico Nazionale permette questi scempi, e sarebbe ora di iniziare a dirlo e a chiederne la creazione. Abbiamo la fortuna che il “nostro” l’Italia la giri sul serio e che abbia anche la capacità e l’umiltà di andare a conoscere le problematiche delle genti e dei settori produttivi, ma forse sarebbe opportuno che in tema di Ambiente si inizi ad avere una linea politica organica e non a trattare l’argomento esclusivamente come pretesto per attaccare giustamente il Governo e auspicarne la caduta. La politica ambientale è strategicamente importante e non averne è una grave colpa. L’ambientalismo di regime, quello rosso-verde-arancio o se volete, quello dei “gessetti colorati”, che in altre aree del Paese fa affari con gli inquinatori partecipando attivamente al business, si limita a grattare la superficie del problema ambientale, a gettare acqua sul fuoco e a sminuire la portata del fenomeno, mentre strepitano come anatre solo e soltanto quando i protagonisti delle situazioni non solo loro amici.

E noi? Vogliamo ancora stare a guardare oppure raffazzonare qualche azione rispondendo a tale emergenza con iniziative che appaiono solo trovate pubblicitarie e che non impattano positivamente in alcun modo sulla salute dei cittadini? In Italia c’è bisogno di scavare sia metaforicamente sia di fatto, chi ha orecchie per intendere lo faccia. L’emergenza ambientale e le relative ricadute nefaste sulla salute dei cittadini, devono essere affrontate con le maniere forti, con iniziative radicali di contrasto a ogni livello partendo da una campagna di controlli spietata che alla minima infrazione faccia scattare sigilli e chiusure in quei particolari impianti che non solo inquinano e uccidono, ma nemmeno portano lavoro sui territori. Bisogna far capire che la musica è cambiata, che il nostro territorio è stufo delle speculazioni energetiche in cui migliaia di persone pagano lo scotto con malattie e sofferenze, mentre pochi anzi pochissimi s’ingrassano.  Se noi non avremo alcun cedimento su questa linea, siamo certi che verrà il nostro momento. Dove c’è una volontà c’è una strada, e noi la nostra dovremmo conoscerla bene. Difendere la salute dei cittadini per garantire un futuro al Paese.

Emanuele Campilongo  

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