QUANDO A VOTARE SONO DEGLI STRACCIONI, È ANCORA DEMOCRAZIA?
Aspettando un re o una disgregazione, pare di no
Democrazia: Patria, famiglia e Dio, Terra e Sangue
“La democrazia fa schifo” è uno slogan che oramai si sente dappertutto, sia tra i black bloc più esasperati – e disperati – sia tra i professori universitari che, sconsolati, lo dicono in modo sommesso e usando qualche ipocrita eufemismo. Ma non è vero: la democrazia è nobile perchè è ciò che discerne l’uomo libero dall’uomo suddito. A far schifo è l’oclocrazia vigente in questo periodo, da non confondersi con la più nobile democrazia.
La Democrazia – scritta con la D maiuscola – è, dico e ribadisco, meravigliosa. Sono oramai passati gli anni in cui il leviatano di Hobbes incuteva timore: la belva, a suon d’insurrezioni, è stata domata, i poteri sono stati tripartiti e Stato e Chiesa operano separatamente. Queste conquiste splendide sono la garanzia delle nostre libertà attuali quotidiane e i malinconici dei totalitarismi staliniani o hitleriani devono proprio a esse la facoltà di potersene tranquillamente lamentare. L’uomo, nel concetto più puro di democrazia, diviene homo homini deus, in quanto è maestro per gli altri uomini e può essere, grazie alla sue virtù, suddito glorioso e sovrano mansueto al contempo.
La Democrazia è, nell’impalpabile mondo del Noumeno, nell’iperboreo mondo delle idee, qualcosa di meraviglioso a cui non posso che dedicar lacrime di gioia e commozione durante cortei e manifestazioni politiche. Però, la nostra dolce Democrazia, è nel mondo del fenomeno qualcosa di difficile da gestire: le oasi di democrazia in cui sovranità nazionale non è ancora stata corrosa dal cancro del liberismo economico internazionalista sono, ahimè, sempre di meno.
Opera al nero – La putrefazione: Oclocrazia
Come diceva il grande stratega e storico Polibio la storia è ciclica. La monarchia, quando viene mitigata, diviene aristocrazia, che a sua volta si muta in oligarchia e che, per finire, nell’ars magna della gestione della Polis, in un mondo di individui ragionevoli e in grado di apprezzare i loro diritti, ma, soprattutto di adempiere ai loro doveri, essa sublima in democrazia. Quando però la gestione della polis viene affidata non più al demos, ossia quel popolo illuminato e composto da individui saggi e mansueti, essa cade, imputridisce e muta in Oclocrazia.
L’oclocrazia è la tirannia della gentaglia, il governo dei pezzenti, l’elevare a dogma assoluto i capricci delle minoranza disadattate. In italiano non esiste la traduzione esatta di ὅχλος, ma diciamo che in francese è traducibile con “populasse”, concetto più esteso dei nostri “volgo”, “masnada” e “popolino”. La democrazia, esasperando la libertà e l’uguaglianza (ma non la fratellanza) non è stata in grado di porsi dei freni e, dopo essersi ubriacata, è annegata nel suo stesso vomito.
L’oclocrazia – foneticamente così simile a cloaca – ha esasperato l’uguaglianza distruggendo i cardini della democrazia: L’uguaglianza è diventata la scusa con cui uccidere la meritocrazia, la libertà è diventata la bugia con cui avvalersi solo dei diritti omettendo i propri doveri e la fratellanza, anziché diventare coesione sociale all’interno delle comunità è diventata un’inutile filantropia cieca che di fatto è uno sperpero d’amore per chi tradisce i propri doveri e ripudia la meritocrazia.
Opera al Bianco – La via di mezzo: Monarchia
A detta di Polibio, quando una democrazia perde la via, mutando i suoi stessi principi cardine in ipocrite scuse per legittimare comportamenti aberranti e per giustificare il menefreghismo (comportamenti che bloccano il buon preservare della specie) non v’è rimedio altro che la monarchia. E il cerchio si chiude.
La monarchia ha la grande fortuna di essere centralizzata, facilmente amministrabile e, in teoria, dovrebbe anche essere duratura. La monarchia però ha un solo unico e grande difetto: ha nella sua stessa essenza la credenza che le persone siano homo homini lupus, ossia incapaci di badare a sé stesse senza farsi del male. La monarchia, a differenza della democrazia, ha il difetto di essere paradossale anche nel mondo del noumeno: quale dio coerente, per dirla in termini Nietzscheani, vorrebbe un universo in cui tutti sono sudditi mentre un solo e unico individuo è Signore su tutti gli altri?
Opera al Rosso- la sublimazione: la Democrazia
Libertà è partecipazione, cantava Giorgio Gaber. La democrazia, vien da sé, per sussistere nella sua forma più pura ha bisogno di due elementi:
- essere esercitata in un territorio di dimensioni ristrette e con un numero non troppo elevato di abitanti
- un forte senso di coesione sociale, al fine di permette a chiunque di partecipare e “Governare”.
La coesione sociale (comunitarismo) può essere di tipo metafisico (come la religione) culturale (come le tradizioni ed il dialetto) o biologico (come l’etnia e il sangue). La Lombardia, con quasi dieci milioni di abitanti, è già un territorio i troppo grande per essere ben governato mediante la democrazia.
La democrazia, come ci insegnano le polèis greche, i comuni medievali o i cantoni svizzeri, per funzionare in modo sensato non deve, innanzitutto, essere eccessivamente centralista bensì deve prediligere un’amministrazione quanto più sparpagliata in quartieri e micro-zone. Le assemble di quartiere, col relativo portavoce (referente) sono ottima usanza in atto solo in pochi comuni italiani, ma sono un buonissimo strumento per far partecipare tutti in modo dignitoso alla democrazia. La possibilità di partecipare facilmente alle assemblee di quartiere, prendere voce o aprire un dibattito è un modo utile per far sentire la gente parte della politica e non succube a essa. È infatti proprio il senso di lontananza dalla politica ciò che porta i cittadini a sentirsi estranei da essa e quindi bisognosi di usare molotov per farsi sentire. Una democrazia estesa su troppi abitanti è inevitabilmente, distante dai cittadini. Il traguardo dei dieci milioni di abitanti della Lombardia, se diventasse una Nazione Sovrana, implicherebbe comunque un suo essere troppo distante dai cittadini.
Nello squallido fenomeno dell’oclocrazia, i piagnistei delle minoranze schierate, perpetrati attraverso chiassose manifestazioni, vengono assecondati, mentre i referendum eseguiti in modo legittimo vengono spudoratamente ignorati. Ciò è, purtroppo, ciò che di fatto ha dato benzina – e non metaforicamente – ai noexpo che hanno devastato la città di Milano.
Se i noexpo avessero, cinque anni addietro, partecipato ad assemblee di quartiere ed avessero organizzato un movimento apartitico, sostenuto da tesi sensate, legittimo e coordinato, per mezzo di un referendum – in una vera democrazia – non più grande della Padania – avrebbero anche potuto impedirlo. Ed è qui che, allora, il demos, ossia il popolo dei saggi, avrebbe potuto dirsi veramente sovrano.
L. T.
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