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COMUNITARISMO E INDIVIDUALISMO

O l'eterna lotta tra il Bene e il Male

Siamo nel terzo millennio, ma pochi se ne sono accorti e, soprattutto, visti i fallimenti del secolo scorso, occorre, in questo preciso frangente, ricercare nuove sintesi, nuove strade da percorrere al di fuori del paradigma liberal-capitalista basato sul consumismo.

Premessa

Il sistema sociale in cui viviamo è caratterizzato da una logica individualista che premia chi lotta e vince per se stesso, chi considera i rapporti umani sotto il profilo dell’utile e dello sfruttamento reciproco, un sistema in cui l’unico legame umano è quello basato sull’interesse soggettivo. In questo tipo di realtà è evidentemente impossibile costruire una comunità umana solidale e collaborativa. Questo processo ha origine nella teoria di Thomas Robert Malthus, elaborata a fine ‘700 con la pubblicazione  An essay of the principle of the population as it affects the future improvement of society (Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società) e da cui, successivamente, si sviluppò la teoria scientifica del Darwinismo, oggi imposta come verità assoluta. Tale teoria, infatti, sostiene che solo “il migliore” può adattarsi ai cambiamenti della società fino a trarne il vantaggio personale a scapito degli altri. Proprio come accade nella società occidentale, dove il sistema che si basa sullo sfruttamento del più debole, ottiene ricchezza anche grazie allo sfruttamento di risorse di altri popoli a cui non solo non viene corrisposto il dovuto, ma, oltrettutto, sono costretti a subire politiche di tipo economico e demografico che garantiscono la supremazia del mondo capitalista. Tuttavia, come la teoria di Thomas Robert Malthus fu, alla prova dei fatti, un fallimento, anche il sistema liberal –capitalista è ormai in fase d’implosione. La popolazione occidentale vive in una situazione di crisi spirituale ed emotiva tale da spingerla all’uso sconsiderato di droghe legali e non, psicofarmaci, o alla necessità di psicanalisti e psicologi per qualsiasi problema, anche il più banale. Inoltre, a tutto questo oggi deve essere aggiunta la depressione di tipo economico. Tutto questo, pur essendo così evidente, non risulta ancora chiaro agli occhi dei più, soprattutto a coloro che hanno abdicato all’uso del pensiero e che, per questo motivo, hanno smesso di cercare la verità. Si rischia così di non rendersi conto che un grande cambiamento sta avvenendo in questi ultimi anni e proprio noi lo stiamo vivendo in prima persona. Proprio per questo restare passivi è irragionevole, come è autolesivo attendere che altri decidano per conto nostro. Occorre aprire gli occhi il più possibile per essere consapevoli del presente, anche perché abbiamo un dovere sociale verso gli altri e nei confronti di coloro che verranno domani e che, legittimamente, cercheranno in noi risposte.

Chi siamo noi e  a chi facciamo riferimento?

Il NOI è riferito a tutti i soggetti, gruppi, organizzazioni, associazioni e quant’altro, ieri come oggi, lotti per la riaffermazione della Tradizione, o – per meglio comprendersi – per il ripristino di un sistema aggiornato riferibile alla Tradizione. La strada da percorrere, in un mondo sempre più globalizzato e portato a omologare il più possibile, è la riscoperta della PATRIA nel suo senso più pieno: la patria come terra in cui i padri tramandano ai figli la cultura, la storia, il senso di appartenenza, la visione etica e la solidarietà tra popoli. Tutto questo ha un nome: comunitarismo. 

Il Comunitarismo: dalla famiglia al vero concetto di patria

Il Comunitarismo è un’ ideologia che richiama con forza la comunità. Vediamo, quindi, di capire quale sia la sua vera origine.Per comprendere il vero significato del concetto di comunità, dobbiamo concentrare la nostra attenzione su quella realtà che è origine stessa di ogni forma comunitaria umana, la famiglia. Partendo, infatti, dal nucleo famigliare e allargando tale concetto ad ogni relazione ad essa più o meno collegata si può ben comprendere come si formi e si realizzi l’ideologia comunitarista. Il comunitarismo, infatti, come ideologia, ha una sua origine ben precisa e se già Aristotele sosteneva che la famiglia fosse la “comunità che si costituisce per la vita quotidiana secondo natura”, si arriva a comprendere come l’aggregazione di più famiglie potesse dare origine alla comunità di un villaggio nei tempi più reconditi. Il concetto di famiglia come cellula primaria della società è in parte condivisa in tutta la storia dell’umanità sino ad oggi. Il presupposto partendo dalla famiglia, è quello di mantenere un sistema di natura informale, affettivo, spontaneo, fatto di interazioni tra gli appartenenti della comunità, in opposizione ai rapporti informali, impersonali, burocratici dominanti nella società moderna in cui volenti o nolenti oggi viviamo. Tra i diversi studiosi a cui fare riferimento, certamente, va ricordato anche il celebre Ferdinand Tonnies che concepiva la comunità come una famiglia molto più grande. È con Tonnies che la comunità sarà intesa come una formazione sociale regolata da un diritto analogo a quello familiare, “un sistema giuridico in cui gli uomini sono in rapporto tra loro come membri naturali di un tutto”Nessuna norma scritta, quindi, ma una volontà solidaristica di appartenenza ad un gruppo. Ecco, dunque, che la visione dello studioso, introduce un forte elemento caratterizzante la comunità: l’ETHOS, capace di unire le persone tra loro, a partire dal nucleo familiare, per poi svilupparsi ad anelli concentrici a livello sociale e relazionale. In questo modo la famiglia diventa la base sociale da cui scaturisce il vero concetto di patria. Il comunitarismo diviene un programma specificamente sviluppato in relazione ai cambiamenti avvenuti divenendo così ideologia. In sostanza è con la fine della società medioevale e con l’affermarsi della società moderna che la visione organicista diviene sistema di pensiero politico e ideologico denominato “comunitarismo” da contrapporre al modello ora vincente basato sull’individuo. Il comunitarismo, quindi, è un fenomeno moderno, ed è proprio il sociologo Ferdinad Tonnies che sviluppa le basi ideologiche del pensiero comunitari sta. La comunità è “ogni convivenza confidenziale, intima, esclusiva” fondata sulla comprensione cioè su un modo di “sentire comune e reciproco” che unisce tutti gli appartenenti alla comunità (uomini) in un tutto organico.

Sistema sociale organicista e sistema sociale basato sull’Individualismo

Se per lungo tempo la società ha seguito lo schema familiare/comunitario, con la Rivoluzione Industriale, a poco a poco, tuttavia, è andato ad affermarsi lo schema attuale fondato sulla logica individuale.  Due sono, dunque, ad oggi, i modelli che si contrappongono. Il primo ha una concezione in cui il corpo sociale si lega a un modello di sistema vivente, dove il bene comune e le diverse parti che lo compongono sono legate tra loro da un valore solidale. Nel secondo caso, invece, è il soggettivismo a dominare la scelta dell’azione e del comportamento. La società, in questo caso, è un “meccanismo di puro coesistere di persone, indipendenti l’una dall’altra”. Vediamo allora le differenze sostanziali tra i due modelli. Alla comunità si appartiene per nascita (il sangue e la terra), mentre la società individualista è per definizione artificiale e si regge su vincoli contrattuali. Se nel primo caso, la fiducia e la reciprocità sono una normale prassi basata sul comune sentire in nome di un sentimento di appartenenza, nel sistema moderno – in cui la società è costruita artificiosamente e si basa sull’interesse specifico individuale – diviene comprensibile la complessità dei rapporti, burocratici e basati sulla sfiducia nel prossimo. La modernità cerca di nascondere tutto questo nascondendosi dietro al fenomeno della mondializzazione. Per i liberali questo sarebbe un processo naturale e, come anticipato all’inizio del mio intervento, solo chi sarà in grado di adattarsi, cogliendo le opportunità per il suo vantaggio, potrà sostenere l’impatto del cambiamento in cui stiamo riversando. Per questa corrente di pensiero, quindi, quanto avviene è un fatto a cui ci si deve adattare e non è una “costruzione” dell’uomo, un artificio voluto e sviluppato per interesse relativamente ad una visione di tipo materialista ed economico. I teorici del comunitarismo, al contrario, pensano che la mondializzazione, il pensiero unico, la moneta unica e il volere un sistema di governo mondiale siano un male, siano un problema da combattere. Quanto stiamo vivendo, in sostanza, è una “guerra” tra il piccolo contro il grande. Tra chi vuole vivere in un mondo multiculturale e chi vuole una unica cultura basata sul consumismo e sull’uomo economicus (cioè colui che basa la sua esistenza sul suo interesse personale ed economico). Una guerra tra coloro che credono nella cooperazione e tra coloro che vogliono agire individualmente. È, sostanzialmente, uno scontro tra due visioni di libertà; da una parte chi crede nella libertà di popolo e dall’altra in chi crede in una libertà individuale. Noi sappiamo, in quanto lo verifichiamo ogni giorno nel mondo in cui viviamo, che nella società basata sull’individuo, proprio perché lo scopo è quello del maggior interesse del soggetto e non della comunità, la maggioranza delle persone, poiché slegate dal rapporto di reciprocità, di solidarietà e di interesse comune, sono semplicemente autoreferenziali e pronte a tutto per il loro successo personale. Una condizione normale dettata dal sistema sociale in cui viviamo. Eppure, solo qualche anno addietro, era impossibile pensare ad un corpo sociale in cui non fossero le famiglie la cellula primaria. Pertanto, con quanto sta accadendo nel mondo occidentale sotto diversi aspetti, è facile presumere che un prossimo futuro vedrà la scomparsa della famiglia, come la consociamo,  per l’affermarsi di una famiglia duttile e riproducibile in diverse forme, basata sulla volontà del singolo individuo e dal suo desiderio (interesse) specifico del momento. Le conferme già ci sono e si riscontrano nella mutevolezza dell’ordinamento giuridico per quel che concerne sia la visione della famiglia sia la sua tutela garantita in ciascuna delle forme in cui si propone.

Ma tutto ciò è irreversibile?

La domanda è implicita in relazione a quanto sta accadendo, come detto, molti credono che questi processi siano solo la normale conseguenza del processo di sviluppo della vita. In realtà i processi in atto sono solo artificiali e, grazie ad una capacità incredibile di manipolazione della realtà, sono fatti passare come unico percorso possibile per il benessere delle persone e degli individui. Come abbiamo avuto modo di comprendere facilmente la nostra società non riversa in un benessere, ma, al contrario, in un agglomerato di individui che non trovano senso nelle loro azioni e per sopperire la loro esistenza senza scopo ricorrono a palliativi di diverso tipo. Io credo che la strada da seguire sia una e sia ancora praticabile per ogni gruppo con legami. Il comunitarismo è una soluzione pratica che è attualizzabile in diversi contesti. Dalla famiglia, ai rapporti interpersonali e professionali a tutti gli altri ambiti in cui si sviluppi la persona umana. Il punto di svolta, allora, consiste nell’inserire in ogni settore l’ethos del comunitarismo di cui abbiamo parlato prima. Vediamo di concretizzare quanto appena rilevato in un caso legato al quotidiano. Prendiamo come esempio il problema dell’EURO: grazie alla teoria comunitarista sarebbe facilmente praticabile una soluzione come la moneta complementare. Una moneta ad uso e beneficio della comunità che la utilizza in cui, per esempio, il prodotto locale assume un prezzo inferiore in rapporto a quello che si andrebbe a pagare utilizzando il comune Euro. La logica è quella di tornare alla moneta come mezzo di scambio e che non abbia, quindi, valore in relazione alla fiducia “costruita” dal mercato. Questa semplice azione, della moneta complementare, metterebbe al riparo l’intera comunità che ne fa uso da problematiche basate sul prezzo di mercato. Darebbe luogo ad un’economia dell’autoconsumo libero da problematiche lontane e basate su economie terze. Un processo molto importante per ristabilire la sovranità dei popoli all’interno di macrosistemi. La moneta complementare è, ovviamente, uno strumento al servizio della comunità che deve necessariamente aprire ad un percorso di riorganizzazione sociale sulle basi della teoria comunitarista, lo stesso sistema agricolo non dovrà più agire sviluppando una produzione per la vendita in relazione al sistema di mercato, ma sarà in relazione alla necessità della comunità di cui si fa parte. Uscire dalle logiche consumistiche è il primo passo per riprendersi la libertà del potere e scegliere non più in relazione a desideri “costruiti” e fluidi, ma grazie a reali necessità o volontà che comunque non creino problematiche di qualsiasi tipo verso la propria comunità di appartenenza; si pensi ad esempio all’aumento dell’inquinamento derivato dalla produzione di tutte quelle infinite cinfrusaglie che riempiono le nostre case senza produrre nessun tipo reale di beneficio.

Il comunitarismo è la strada da percorrere per non soccombere al modello capitalista basato sul consumismo e sulla mondializzazione, la battaglia è appena cominciata e NOI abbiamo tutti gli strumenti per vincere.

Fabrizio Fratus (con il contributo di Chiara Magliocco)

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