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Oh, say can you see…

Mettiamo becco a prescindere

Trenta dicembre del 2006: mentre nel ricco Occidente eravamo pronti a festeggiare l’arrivo del nuovo anno con feste e sollazzi vari, a Baghdad, nella sede dei servizi segreti militari, Saddam Hussein, il legittimo leader dell’Iraq, veniva condannato a morte per “crimini contro l’umanità”. A distanza di sessant’anni, veniva riproposta la farsa giudiziaria del processo di Norimberga, con l’uso indiscriminato ed atipico di una fattispecie di reato, appunto i crimini contro l’umanità, non solo fortemente aleatoria, ma anche con efficacia retroattiva, andando perciò contro uno dei principi basilari del diritto penale internazionale.

Non a caso, con la caduta del comunismo e l’avvento del Sistema mondialista, sono stati sempre di più i leader internazionali processati per questo “crimine”. I motivi di tale accanimento? Principalmente l’opporsi all’imperialismo statunitense in nome della sovranità nazionale del proprio paese. Saddam, Milosevič, Gheddafi e via elencando, tutti additati alla pubblica opinione come crudeli e sanguinari dittatori, in realtà strenui oppositori delle politiche degli States. Una volta cacciati, anzi eliminati fisicamente, è tutto un peana di evviva sulla libertà ritrovata di questi poveri popoli finalmente liberi. E poi osano ancora dire che il colonialismo appartiene al passato…

Ma come reagiscono questi popoli, una volta liberati dalla magnanimità degli sceriffi a stelle e strisce? A differenza di noi europei, che da sessant’anni a questa parte continuiamo a scodinzolare davanti ai nuovi padroni del mondo, i popoli di quello che disprezzamene viene definito Terzo Mondo si comportano diversamente. Ci avete dato la libertà? E noi adesso (giustamente) ne facciamo ciò che ne vogliamo. Ci piace sgozzarci, picchiare le donne, uccidere infedeli e così via? Siete voi che ci avete detto che adesso siamo liberi, cosa volete da noi? Esattamente quello che sta accadendo in queste settimane in Iraq. Gli jihadisti si stanno impadronendo di un’importante fetta del territorio iracheno, ma questo sta terrorizzando Obama e i suoi compagni. Eppure sarebbe bastato loro leggere qualche testo di Jules Monnerot per sapere come, spesso, i risultati ottenuti divergono dalle intenzioni dei soggetti agenti. Si chiama eterotelia. Ma comprendiamo che in un paese come gli Stati Uniti che ha fatto dell’incultura il fulcro della ropria civiltà (“Contro Roma, città dell’anima, sta Chicago, capitale del maiale”, scriveva un profetico Berto Ricci negli anni Trenta…), parlare di lettura sia quasi incomprensibile.

Intanto, noi non possiamo che sorridere di fronte all’ennesimo tragico errore della politica estera statunitense. Forse troppo poco? Sicuramente, ma non è detto che il futuro non ci proponga ulteriori soddisfazioni. Staremo a vedere, continuando a cercare anche di fare il più possibile per velocizzare la caduta dell’Impero a stelle e strisce.

Alessandro Cavallini

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