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Due erbe, due fasci (meno sigarette, più canne: la fumosa ipocrisia della politica obamiana)

Come spesso accade, in particolare di venerdì, il Foglio si rivela miniera di analisi ficcanti, talmente sotto gli occhi di tutti da essere taciute o obnubilate da buona parte della concorrenza.

La decisione di Cvs, la seconda catena di drugstore d’America, di sospendere in via definitiva la vendita di sigarette ha suscitato esultanze da vittoria della guerra culturale nei democratici custodi del bene pubblico. Barack Obama, che quando si tratta di lotta al tabacco è giocoforza degradato a ufficiale di complemento – il commander in chief è Michelle – ha dettato un comunicato trionfante: “La decisione di oggi aiuterà gli sforzi della mia Amministrazione di ridurre le morti legate al tabacco, la percentuale di tumori e di malattie cardiache, e ridurrà anche le spese sanitarie, contribuendo a salvare vite”. È seguito uno stuolo di commenti analoghi da parte di quell’establishment politico e culturale che vuole salvare il mondo con gli hamburger senza grassi per decreto e il divieto di produrre anidride carbonica.

Strano che sia lo stesso establishment che con l’altra mano tifa per la legalizzazione delle droghe leggere anche a scopo ricreativo, com’è successo in Colorado, perchè ciascuno nella land of the free è libero di cercare la felicità un po’ come gli pare. Obama dice che “è importante sperimentare” la legalizzazione, spiega che la marijuana in fondo non è poi così diversa dall’alcol, s’incarta giusto quando le sue idee personali collidono con un’ambigua politica ufficiale del governo, ma il punto della legalizzazione rimane l’affermazione di un diritto. Nel nome del diritto individuale si innalza la marijuana come il massimo della civiltà occidentale, e si condanna il tabacco a uscire prima dai bar, poi dai parchi, dai marciapiedi affollati, infine dagli scaffail di un drugstore la cui scelta certamente ispirerà anche i concorrenti.

Se il problema è la libertà si legalizzi la canna e si condanni il Cvs illiberale e paternalista; se il problema è la salute si inauguri una nuova éra proibizionista. Ma la moral clarity non è il pezzo forte di questa classe dirigente americana. Sarà che tutti forse fanno come Clinton, che non aspirava, sarà anche che il tabacco non è più cool e quindi può essere condannato da un governo che corteggia la coolness, ma qualcosa nell’atteggiamento di chi fa di due erbe due fasci sa di cedimento ipocrita alle più sciatte convenzioni di giornata.

Tratto da Il Foglio, venerdì 7 febbraio 2014

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