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Le buone maniere vi uccideranno

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E’ il giorno dei commenti alla protesta dei cosiddetti ‘forconi’. Una protesta che i media hanno pensato bene di ridimensionare a manifestazioni degenerate in episodi di violenza. Scalmanati in cerca di sfogo, insomma. Ma è stato qualcosa di più, qualcosa la cui natura spaventa a morte i governanti che – non a caso – avevano minacciato severi provvedimenti contro chi avrebbe osato manifestare… un timore non riscontrato in casi precedenti.

La verità è che questa protesta ha delle caratteristiche differenti dalle altre alle quali siamo abituati ad assistere. Innanzitutto perchè non è stavolta non è contro una persona, un gruppo o un governo specifico: non è un No Berlusconi Day o un’azione contro una parte/maggioranza politica, bensì contro un sistema, un modello che non funziona e che sta strozzando le vite delle persone. Quel che in pochi hanno sottolineato, mentre invece è la novità più importante, è la composizione del blocco di protesta. una trasversalità che non si era mai vista nella storia recente, che è riuscita addirittura a far convivere la destra e la sinistra radicali. Gli opposti, gli acerrimi nemici (almeno per come ce li fa concepire il sistema) che per un giorno smettono di combattersi per contribuire ad uno scopo comune. Ma non si è trattato solo di composizioni politiche: l’identikit del manifestante medio è stato insolito. Non militanti di partito, sindacalisti o studenti, ma soprattutto la gente comune – quella che di solito non si nota – quegli agricoltori, commercianti, trasportatori e via dicendo che fino ad ora hanno portato avanti la carretta in silenzio. Ma ora hanno deciso che basta, è giunto il momento di ‘menare le mani’.

Ebbene sì, anche di ‘menare le mani’, se necessario. Necessario, ecco il termine che però media e politici non hanno compreso. Il giorno dopo è stato un coro di “condividiamo le ragioni ma i modi no, quelli proprio no, perchè le proteste devono mantenersi su toni pacati“. Andate a dire ad un padre di famiglia che all’improvviso non ha più uno stipendio per dar da mangiare ai figli, che deve essere pacato. Una protesta non può essere pacata per definizione. Una manifestazione autorizzata è qualcosa di fallimentare già in partenza, perchè approvata dal sistema. Contro un potere che non ne vuole sapere di scrostarsi, il cambiamento non può avvenire tramite carezze. Deve passare da atti decisi e forti. I media e i politici continuano a proporre la contrapposizione tra civili e forze dell’ordine, ma quel che è accaduto ieri è eclatante: poliziotti che si tolgono il casco per solidarizzare con i manifestanti, perchè in fondo sanno di essere tutti nella stessa posizione. Forze dell’ordine disorientate, perchè non si capisce più bene da che parte sia giusto stare. Questo è l’emblema del fallimento del nostro Stato.

Ieri è stata bloccata tutta Italia, da nord a sud, senza differenze territoriali, di colore o di credo politico. Tutti con una sola missione: abbattere l’esistente. Lo stesso sta avvenendo in Francia – vedi Bretagna – e in tutto il mondo occidentale ormai al collasso. E’ un momento storico di fermento, un’onda di cambiamento sembra materializzarsi e al primo istante la politica sembra, tanto per cambiare, essersi fatta trovare sorda. Ma ogni forza politica che si proponga come opposizione all’oligarchia dominante, farsi megafono, portavoce e supporto di questa onda. Non commettendo l’errore di farsi risucchiare dal pensiero unico che invoca le buone maniere. La rivoluzione non si fa in punta di piedi: le buone maniere finiranno per ucciderci.

Vincenzo Sofo

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