L’omosessualità è una razza
E’ passata la proposta di legge relativa all’allargamento a omofobia e transfobia della legge Mancino del 1993, che condanna l’istigazione alla violenza per motivi religiosi, etnici e razziali con pene più severe rispetto all’articolo 61 del codice penale sulle aggravanti comuni. Il nuovo articolo, definito ‘legge vergogna’ persino da alcune associazioni gay, integra dunque la norma con le discriminazioni sull’identità sessuale, equiparando l’omossessualità al razzismo, considerando di conseguenza gli omossesuali come una razza a parte da tutelare. Eh già, una razza a parte.
Ma la legge appena approvata non si limita a questo, discriminando anche chi ha un parere diverso: potrebbe condurre alla condanna tanto la mamma che suggerisse alla figlia di non sposare un bisessuale, quanto il padre che decidesse di non affittare una casa di proprietà al figlio che volesse andare a vivere nell’immobile con il proprio compagno. O chi, per motivi religiosi, ad esempio, si attenesse alla parola della Bibbia (“Con un uomo non avrai rapporti come si hanno con una donna: è un abominio”, La Sacra Bibbia, Leviatico 18/22).
Ma era veramente necessario? Dall’articolo 3 della Costituzione della Repubblica Italiana (principio di uguaglianza formale e sostanziale):
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
Era già stato scritto tutto il necessario, ma si è deciso di rimescolare le carte e rincarare la dose. Lo scopo è molto semplice e non ha nulla a che vedere con il volere difendere i diritti di omosessuali, transgender e altri: si tratta di un passo avanti verso l’omologazione assoluta e irreversibile del pensiero unico e allineato, in cui pochi decidono come debbano pensare tutti, pena la galera. Quel pensiero unico che ha permesso in Argentina che un ragazzino di 13 anni fosse sottoposto al cambio di sesso per volere dei genitori.
Con il termine “omofobia” quindi si indica generalmente un insieme di sentimenti, pensieri e comportamenti avversi all’omosessualità o alle persone omosessuali, ma – se non è inserita in alcuna classificazione clinica delle varie fobie – allora perché definirla tale? Perché, psicologicamente, la parola fobia induce automaticamente a pensare a una cosa negativa e influenza facilmente chi non è abituato a prendere posizioni autonome.
Fabio Ferracci
Rispondi