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Hasta siempre, Comandante!

hugo chavez

Quando uno come Chavez comincia a soffrire per via di una brutta malattia, il suo popolo, o per lo meno parte di esso, sta col fiato sospeso e immagina la partecipazione di moltitudini al suo funerale, il lutto nazionale, i monumenti che saranno costruiti in suo onore. A tutte le latitudini del Globo, dei leader, soprattutto se tenaci e carismatici, ci si infatua facilmente al punto che il loro privato diviene rilevante ad un livello assai superiore rispetto alla semplice curiosità. Le malattie dei leader carismatici escono dalla sfera privata per essere collettivizzate. E divengono metafora del travaglio esistenziale d’ogni uomo e  del popolo stesso. I media per rispetto e per ragioni di sicurezza nazionale celano più che possono. Ma, maggiore è il loro silenzio, più cresce nella base la voglia di sapere e d’esser emotivamente partecipe.

Bisogna aver fatto nel bene o nel male grandi cose per essere nel cuore degli uomini. Quando muore un leader come Chavez il popolo pensa: “chi lo sostituirà?” Quasi non ci fosse un domani, quasi il futuro fosse d’un tratto divenuto più incerto. Quando muore uno come Chavez, schierare la polizia e l’esercito per le strade è d’obbligo. Accadrà probabilmente lo stesso quando morirà Castro. E’ sempre accaduto laddove il culto della personalità diviene più rilevante dell’ideale che si professa, laddove il potere per lungo tempo si è concentrato nelle mani di una ristretta cerchia di oligarchi che da una parte censurano e dall’altra garantiscono al popolo una baracca e un piatto di riso. Quando uno come Chavez muore, c’è già un delfino designato che dovrebbe prenderne il posto. Quando muore uno come Chavez, il giorno seguente è già tempo di bilanci.

Chavez purtroppo non ha gettato le basi per una rivoluzione, ma ha semplicemente sostituito alle vecchie élite, ora lontane dal Paese, una casta di burocrati, la sua, fatta da una schiera di amici, fratelli, generi e nipoti in pieno stile berlusconiano. Non lo ricorderemo per questo.

Ricorderemo Chavez come esempio positivo nella lotta dei popoli per l’indipendenza e la libertà. Per aver sfidato in modo plateale l’egemonia e l’imperialismo, seguendo il filone del panamericanismo bolivariano-guevariano. Lo ricorderemo per  aver creato nei fatti – oltre che nelle parole – una stretta rete di cooperazione nel Latino America e nei Caraibi, anche se va detto che il petrolio venezuelano a basso costo, che fa comodo a molti paesi dell’area, ha di fatto costituito un incentivo all’amicizia assai più allettante delle questioni ideologiche.

Ora in Venezuela c’è grande paura e timore d’instabilita. I militari hanno un potere assai rilevante visto che controllano tutti i settori chiave, necessari a garantire la sopravvivenza (Ministero della alimentazione, della Giustizia, controllo delle dogane e del commercio)  e il timore di un possibile golpe appoggiato dagli USA in questa delicata fase di transizione è alto. In aprile i Venezuelani saranno nuovamente chiamati alle urne. Il paese è come si sa, spaccato in due, come ha ampiamente dimostrato l’ultimo risultato elettorale che ha visto l’opposizione di Capriles conquistare il 7 ottobre 2012 il 45% dei consensi. Possa il Venezuela libero e prospero fare davvero la sua rivoluzione.

Dario Leotti

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