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Mario Monti: il Robin Hood italiano

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(tratto da http://www.ildigestivo.it)

Ormai di Monti si parla in ogni modo. Ci sono giornali che lo dipingono come se fosse un “salvatore della Patria”, e ce ne sono altri che lo considerano come una sorta di servo delle lobby finanziarie. Dove sta la verità? Come sempre, soprattutto in Italia, nel mezzo.

Al fine di evitare fastidiosi fraintendimenti, riferendomi ad un fantomatico “centro”, ci tengo a precisare che non intendo la famosa “sintesi” hegeliana, ma intendo proprio l’ubicazione esatta all’interno della nostra aula parlamentare a Montecitorio.

Da Andreotti a Casini, infatti, il fulcro del potere italiano si è sempre trovato nelle mani di quel mondo fatto di “moderati” che conoscono l’arte del dire tutto e il contrario di tutto in modo affabile, gentile, elastico, ma anche rigoroso, con quell’amore istituzionale fatto di una virtù italiana tutta particolare, mantenere inalterato il proprio posto sugli scranni del potere. Questi “moderati” vedono con odio ogni ricorso diretto al popolo perché lo ritengono populismo, mentre preferiscono discorsi aulici, quasi accademici, che sappiano offrire oppio alle orecchie degli elettori, per il bene della loro “cosa pubblica”.

Il premier di tutti i moderati, Mario Monti, si sta predisponendo per diventare la legittima guida di questo mondo, portando avanti la teologia della finanza e del mercato, uniche guide sicure, a suo modo di vedere, per la vita dei popoli. Meglio sarebbe dire, che i popoli, secondo Monti, dovranno mettersi ancora di più al servizio del grande dio dell’economia globale, di quel mercato a cui è giusto sacrificare libertà e futuro pur di mantenerlo in vita. Ovviamente il tutto è condito con belle parole e concetti aulici, grazie a quell’arte di cui sono capaci i grandi banditori delle fiere paesane, o gli usurai di mestiere.

Ovviamente, considerando il grande curriculum del nostro ex premier mai votato, non oserei mai dargli del banditore popolano, non sarebbe all’altezza di Sua signoria. Egli si sente talmente in alto che rifugge persino il voto diretto del popolo e chiama agenda quello che, in molti altri casi nella storia, sarebbe stato chiamato ricatto. Del resto lo si sente il nodo teso alla gola d’Italia; un nodo che coloro che guidano i fili dell’illuminato gran maestro, mostrano allo sguardo del disattento elettore.

Tra le righe del discorso di Monti risulta evidente che non importa chi votiamo, tanto o accettiamo lui come premier o falliremo inesorabilmente grazie ai meccanismi speculativi della finanza internazionale. Ovviamente se il tutto fosse messo nelle mani del popolo, Monti cadrebbe in una debacle elettorale, ma grazie all’abilità del moderatismo italiano, riuscirà a farsi eleggere premier per merito delle antiche prassi costituzionali della prima repubblica, mai formalmente abrogate.

Il voto diretto fa paura ai dinosauri del centro. Fa paura la parola del popolo che viene definita demagogia, fa paura il giudizio del popolo per loro troppo ignorante per comprendere le delicate dinamiche del potere internazionale (mai nazionale e locale).

Così il grande centro va compattandosi dietro i vessilli della squadra e del compasso, magari un po’ camuffati con la croce della vecchia democrazia cristiana. I giornali, posti al suo servizio, e i magistrati, suo braccio armato, hanno colpito a fondo il cuore di tutti quegli esponenti politici lontani dal “moderatismo di mestiere”. Solo pochi partiti sono riusciti a rimanere in piedi nonostante i colpi inferti, la Lega Nord di Maroni, Sinistra Ecologia Libertà di Vendola e la Destra di Francesco Storace.

Abbiamo già sentito con che toni sprezzanti Monti ha definito Vendola, chiamandolo un conservatore, giusto per metterlo in cattiva luce davanti ai suoi elettori; il grande ministro, coltivatore di orti, Fornero, puntaspilli di Monti, ha dimostrato il suo disprezzo nei confronti dei rappresentanti della Lega Nord in Parlamento, tappandosi le orecchie durante una dichiarazione di voto per la “legge di stabilità”; adesso attendiamo l’attacco nei confronti della Destra di Storace, forse in questo momento non considerata troppo pericolosa per il “moderatismo” di centro.

La guerra per la libertà non si combatte più con i fucili, ma con la determinazione nel rimanere ancorati ai propri valori e, soprattutto, al grande ideale di un’Italia sovrana sul proprio territorio. Paradossalmente è molto più vicina agli interessi nazionali una Lega Nord, capace di prestare ascolto alla voce del popolo, piuttosto che i tanti mestieranti che si nascondono dietro a concetti risorgimentali capaci solo a mantenere inalterato il disastroso corso della nostra storia.

Non cadiamo nell’errore di credere che la bella parola detta in televisione sia una sostanza. Monti è il Robin Hood delle banche, ruba a noi per dare le nostre ricchezze a coloro che l’hanno mandato ad impoverirci. Torniamo a credere nella politica, torniamo ad ascoltare i veri tribuni capaci di dare voce al popolo e non ad astratti concetti istituzionali.

L’era dell’istituzionalismo è finita, ora è il momento della Nazione. Mandiamo a casa una volta per tutte i mestieranti del moderatismo figli di quegli ignavi che Dante mise addirittura nell’ante inferno, perchè nemmeno delle fiamme eterne essi sono degni.

Matteo Di Bello

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