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Beppe Grillo ha fatto bene

Il web, i media e l’opinione pubblica tutti sono scandalizzati per la decisione di Beppe Grillo di allontanare dal partito da lui fondato due dei sue esponenti più noti alle cronache: Favia e la Salsi. E giù di accuse di tirannia e despotismo al comico genovese, reo – secondo i ben pensanti – di aver riposto nel cassetto lo spirito del 5 Stelle.

Il Talebano non è certo un elettore del Movimento 5 Stelle: non nascondiamo di condividere la sua volontà distruttiva riferita al sistema attuale, oltre ad alcuni temi specifici (vedi moneta alternativa e reddito di cittadinanza) che peraltro rientrano a pieno titolo anche nella visione della Lega Nord. Ma ne critichiamo determinati aspetti.

Fatto sta che il Movimento 5 Stelle è stato creato con uno scopo ed un concetto di azione politica ben definiti. E sulla base di ciò ha costruito tutta la struttura, con le sue regole, le sue modalità, la sua comunicazione e – in generale – la sua strategia. E’ indiscutibile che sia stato l’insieme di tutte queste cose a rappresentare l’elemento di novità e diversità che ha attratto molti italiani.

Il progetto di un movimento politico virtuale fu da molti inizialmente benedetto come un ammodernamento. I vaffanculo di piazza catalizzati da un unico personaggio che si accollava sulle spalle gli istinti di tanti, furono inizialmente da molti altrettanto benedetti e quando possibile strumentalizzati. Il fatto che Grillo fosse l’unico megafono di quel movimento che cresceva, non fu inizialmente contestato da nessuno. Perchè non spaventava e talvolta faceva anzi comodo. Ora che Grillo è una realtà volente o nolente ingombrante, sorgono le “pregiudiziali di costituzionalità”.

Oggi la trasformazione dei movimenti politici in contenitori vuoti e finalizzati alla mera gestione del potere, ha fatto dimenticare il vero scopo dell’associazionismo politico e ha consentito l’imperversare del concetto-farsa di democratizzazione estremizzata interna. Se un’associazione nasce con uno scopo preciso, è chi decide di associarsi che decide di sposarne la causa, non l’associazione che cambia il proprio fine a seconda di chi entra dentro. Ecco perchè, ad esempio, le primarie possono avere un senso in un partito vuoto di idee, per cui si chiede ad ognuno di dire la sua, che tanto ogni posizione va bene purchè consenta di ottenere il potere (quindi i contenuti sono solo un mezzo per raggiungere il potere, che è l’obiettivo); mentre sono una cavolata in un movimento dotato di una sua identità politica-programmatica ben definita, per cui il contenuto è il fine ed il potere un mezzo per affermarlo.

Ecco dunque per cui un’associazione che si costituisce legittimamente e legalmente per raggiungere uno scopo, deve essere libera – entro ovvi limiti – di adottare le forme, le strutture e le modalità che meglio si adattano allo scopo stesso. Ed è naturale che colui al quale è stato affidato il compito di guidare il movimento e garantire la persecuzione dello scopo, possa decidere di escludere dall’associazione coloro che decidono di ostacolare il progetto dell’associazione alla quale hanno deciso di aderire.

L’idea di un movimento che si esprimesse pubblicamente solo attraverso il suo leader e concedesse alla base solo il web e la piazza, non è una mossa recente ad hoc per arginare un’emorragia. E’ l’idea originaria di Grillo (o Casaleggio, come preferite). Idea antidemocratica? Certamente… ma chi l’ha detto che la democrazia sia l’unico strumento per portare avanti un’associazione e un’idea… in fondo, la Rivoluzione, non si è mai fatta per alzata di mano.

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