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L’11 Settembre e l’Occidente permaloso (No Usa, No Cry)

L’11 Settembre, a undici anni di distanza, è ancora impresso nelle menti di tutti noi. Assistere in diretta televisiva alla morte di migliaia di persone, come fosse un qualsiasi film pulp, ha creato shock sdegno e orrore in chiunque abbia un cuore. Ed uno strano senso di distaccamento, di non coinvolgimento emotivo pieno in ciò che stavamo guardando… proprio perchè, in fondo, non era poi tanto diverso da quello che vediamo tutti i giorni in tv.

Così, un pò il senso di colpa un pò la costante riproposizione (con annesse colonne sonore struggenti) di quelle scene ha fatto sì che tutti si sentissero in dovere di schierarsi al fianco degli americani. Posizione che, da genuina solidarietà alle vittime innocenti, è stata sapientemente veicolata e trasformata in sostegno morale alla politica degli Stati Uniti. Il messaggio diffuso è stato quello del tranquillo, pacifico e democratico occidente improvvisamente colpito alle spalle da un nemico subdolo e spietato. Altrettanto sapientemente si è pompato sulla resurrezione del coraggioso ed indomito popolo americano, impossibile da piegare, e dunque naturale condottiero della necessaria risposta all’affronto subito.

Affronto. Ebbene si, di questo si tratta. Gli Stati Uniti d’America, da circa 60 anni facevano scorribande a destra e a manca per il mondo. Bombe di qua, bombe di la, uno dopo l’altro hanno sterminato donne e bambini di ogni emisfero: lo scempio più immondo resta Hiroshima, ma dall’Iraq all’Afghanistan (facendo il giro largo), milioni di persone vengono piante dai loro cari.

Fino al 2000, fondamentalmente, nessuno però aveva osato alzare la voce contro questi massacri. Tutti, in fondo, speravano in una lezione agli americani… ma il pensiero se lo tenevano nascosto. Il mondo, drogato di beni di consumo, aveva in fondo bisogno dei suoi carnefici. Proprio come l’eroinomane ha bisogno del suo spacciatore e dunque, seppur consapevole che è proprio lui che gli sta distruggendo la vita, se lo tiene stretto… non potendo farne a meno. In questo mono consumista di americana memoria, ci si era però dimenticati di una parte – il mondo arabo – rimasto a galla grazie all’orgoglio, l’identità e le tradizioni tipiche di quella cultura.

Quel piccolo pezzo di mondo, con due palle così, non l’ha invece tenuta. E proprio per mezzo di quelle forze un tempo armate dagli americani ad uso e consumo proprio, ha voluto vendicarsi. L’11 Settembre, dunque, conseguenza di prepotenze imperialiste durate decenni; non causa di campagne di liberazione dal terrorismo. Gli Usa si sono resi conto di non essere immuni e hanno chiamato alla loro corte tutto il resto dell’Occidente (pecora Ue in testa).

Quell’11 Settembre 2001 che poteva dunque essere occasione di redenzione, punto di partenza per comprendere gli errori e intraprendere un percorso di riarmonizzazione dello scacchiere internazionale basato sul diritto all’autodeterminazione dei popoli, è invece diventato la giustificazione inattaccabile per nuovi genocidi. Da 11 anni, le lacrime da coccodrillo commemorative dell’Occidente non fanno che alimentare la catena della morte.

Chiunque creda nei valori della Tradizione, della Patria, dell’autodeterminazione e della Libertà, sa bene che il vero nemico da combattere non è il terrorismo islamico, ma proprio quegli U$A e quell’Occidente esportatori di pensiero unico e standardizzazione. I veri nemici li abbiamo in casa ed hanno il nostro stesso passaporto… e sono, tra gli altri, coloro che invocano vertici europei per eliminare i movimenti popolari che contestano la dittatura della finanza. E sono, tra gli altri, coloro che annunciano missioni di pace in mete esotiche, che permettano ai propri cittadini di pagare meno la benzina che serve per andare a lavoro, produrre e consumare.

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