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Il Tricolore: una bandiera da non sventolare troppo

Il tricolore identifica lo Stato italiano nato sotto i Savoia nel 1861. Sotto quella bandiera, nel corso dei centocinquant’anni di storia italiana, è stato versato molto sangue, molti eroi hanno combattuto per difenderla, ma siamo sicuri che fosse proprio degna di tale difesa?

Proviamo ad analizzare il significato profondo nascosto dietro questo vessillo.

I tre colori scelti rappresentano un periodo fatto di dominio straniero, di rapine, di furti organizzati su vasta scala, e di idee materialiste che hanno ucciso la millenaria tradizione del nostro popolo. Questi tre colori nascono dalla rivoluzione francese, dal pensiero giacobino dei reparti che si arruolarono nelle fila dell’invasore napoleonico. Sappiamo bene cosa fece sul nostro territorio la “grandeur” francese. Beni architettonici e religiosi trasformati in stalle, magazzini o caserme, tesori del nostro genio artistico depredati senza alcuno scrupolo, il tutto condito dalla falsa ideologia libertaria di chi ha saputo solo decapitare chi cercava di essere veramente libero.

La famiglia sabauda, molto più legata alla tradizione giacobina, piuttosto che a quella italiana, portò a compimento il processo di degrado sociale e culturale iniziato da Napoleone, facendo diventare questo pensiero anti tradizionale e anti clericale, pensiero di Stato.

Cavour, infatti, con il suo concetto “Libera Chiesa in Libero Stato”, non ha sancito la libertà dei popoli italiani, come la propaganda vorrebbe far credere, ma ha solo portato avanti quel materialismo culturale tipico delle logge massoniche francesi. A dimostrazione di questa aberrazione culturale, ci sono i continui tradimenti perpetrati dallo stato italiano, nei confronti degli altri stati europei.

Dal Risorgimento fino ad oggi, l’Italia ha sempre cercato di schierarsi a fianco del più forte. L’ultimo conflitto bellico ne è la dimostrazione. Quando la Germania sembrava ormai vittoriosa su ogni fronte, tutto il popolo italiano, fascista, andò in piazza per chiedere al Duce di scendere in campo; una volta che si vide la potenziale sconfitta, il popolo italiano, divenuto antifascista, scelse di tradire l’alleato per andare nel campo del nuovo vincitore.

Il tricolore è divenuto il simbolo più evidente di tutto questo. In Europa non c’è paese che non abbia avuto modo di assaggiare la politica del tradimento italiano e questo è ciò che più mi fa vergognare.

Ogni bandiera, realmente tradizionale, dovrebbe essere espressione della propria storia e della propria cultura. Cosa nascondono i colori del tricolore italiano? Solo la sudditanza dei popoli italiani all’invasore napoleonico, prima, e all’arroganza sabauda poi. Nulla di più.

I veri colori della tradizione sono sempre tre, ma, a differenza del tricolore giacobino, sono radicati nell’antichissima tradizione culturale indoeuropea.

Questa tradizione ripartiva la società in tre categorie sociali, guerrieri, sacerdoti e contadini-artigiani unite nella comunità nazionale (o tribale pensando ai tempi più antichi). Come possiamo notare queste categorie rappresentano in modo tangibile tutta la vita di una comunità radicata nel proprio presente. Il guerriero la difende e ne espande la potenza; il sacerdote unisce le singole individualità all’interno del cosmo; i contadini e gli artigiani trasformano il creato per offrire quel benessere necessario alla sua vita.

I colori della tradizione europea sono proprio espressione cromatica di questa visione comunitaria. Il rosso, simbolo del sangue guerriero; il bianco simbolo della purezza del sacro; il nero simbolo della terra e della fecondità.

Ora che l’Europa sembra essere diventata nulla di più di un derivato finanziario, ripensare alla nostra Civiltà, ci offre l’opportunità d’uscire da questo vicolo cieco nel quale ci siamo infilati accettando la deriva della massificante cultura illuminista di fine settecento.

Non a caso le peggiori ideologie materialiste sono figlie di quella cultura. Non a caso le lacrime che ora piangiamo sono frutto della speculazione finanziaria del peggior capitalismo d’oltreoceano. Chiediamoci cosa abbiamo supinamente accettato in tutti questi secoli e, una volta consapevoli, riprendiamo sulle nostre spalle la nostra responsabilità civile per tornare ad essere realmente padroni a casa nostra.

Dobbiamo essere consapevoli che l’Italia non si è ancora unita. Siamo troppo divisi, troppo lontani dall’essere un popolo. Il crollo dell’illuminismo e delle sue illusioni ci offre l’opportunità storica di sollevarci per tornare a credere ad una vera unità nazionale, fatta di sangue, spirito e terra, e non di propaganda e prevaricazione. Le molte patrie, presenti sul nostro territorio, dovrebbero scrollarsi di dosso la polvere dell’ignoranza illuminista, e sancire un nuovo patto di alleanza per costruire una grande nazione, non più solo italiana, ma europea.

Qualcuno, poco tempo fa, disse di gettare il tricolore nel “cesso”, a questa richiesta non rispondo perché quella bandiera ha comunque raccolto il sangue di troppi martiri per essere disprezzata. Non possiamo però continuare a mantenerla come nostro simbolo, in quanto ciò che rappresenta non ci appartiene, non fa parte della nostra millenaria civiltà.

Dobbiamo avere il coraggio di abbandonare le falsità risorgimentali, dobbiamo dismettere i loro simboli che rappresentano solo il nulla tradizionale e culturale; dobbiamo tornare a guardare l’Italia e l’Europa come una terra sacra nella quale dobbiamo tornare ad essere liberi e padroni.

Lasciamo ai servi le false ideologie! Ai veri figli d’Italia e d’Europa basta la grandezza della propria millenaria tradizione per sentirsi fieri del proprio passato e fautori del proprio avvenire.

Matteo Di Bello

1 Comment on Il Tricolore: una bandiera da non sventolare troppo

  1. Salve e stupendo dove posso acquistarlo

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