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Una moneta parallela locale come risposta alla crisi

Un paio di giorni fa, su questo blog, lanciammo con un articolo-provocazione la moneta padana che, come previsto, ha scatenato lo stupore di alcuni lettori, forse terrorizzati dall’idea di qualche becerata leghista. Leggendo “moneta padana”,  inutile stare a pensarci… sarà di certo una boiata.

Eppure il contenuto sottostante alla provocazione è ben più solito di quanto il lettore possa pensare a primo impatto. E si riferisce al concetto generale di valuta complementare, ossia di strumento di scambio – affiancato al denaro ufficiale – all’interno di una comunità, volto a favorire la circolazione di beni e servizi. In tal modo il denaro si spoglia delle pratiche di accumulo finalizzate a guadagnare sul denaro (vedi pratiche finanziarie speculative) per recuperare la sua funzione originaria, di semplice mezzo di pagamento. Per dirla alla Keynes, il denaro deve valere per quanto è in grado di procurare. Riportando l’attenzione sull’economia reale, sull’investimento in attività produttive. Tanto che l’accumulo è disincentivato dall’adozione di scadenze o di svalutazioni temporali.

Una delle manifestazioni concrete di questa moneta parallela è data dalla valuta locale, utilizzata in zone geografiche definite e limitate che ha, tra gli altri, due scopi economici ben precisi: favorire il consumo e lo scambio di beni prodotti in loco (ad esempio il “km 0”) e limitare gli effetti dell’inflazione. Motivi per cui la Germania ha già diversi anni addietro ha deciso di introdurre all’interno dei propri Land, le nostre Regioni, questo tipo di moneta… si chiama Regiogeld, e la moneta locale più conosciuta è il Berliner. Sperimentazioni sono state avviate anche in molti altri Paesi (vedi Francia, Stati Uniti, ecc.), trattandosi di soluzioni che già nel passato hanno permesso di limitare i danni prodotti dalle grandi crisi economiche.

Ovviamente non è tema nell’agenda della politica internazionale, nè i media parlano di queste esperienze, poichè l’implementazione di questi strumenti farebbero imbestialire le banche, che sul denaro (interessi, accumulo, investimenti) costruiscono i loro profitti. Ma, quella che sembra fantascienza, è una realtà già sotto gli occhi di tutti: i buoni pasto, le miglia delle compagnie aeree, ecc. sono strumenti che nascono proprio da questo concetto.

Insomma, in un contesto globalizzato e finanziarizzato che ci ha condotto ad una crisi profonda, questa potrebbe rappresentare una delle ancore di salvataggio. Soprattutto se si pensa alla situazione dell’Euro, che rischia di scomparire, si tratterebbe di creare uno strumento parallelo che in caso della scomparsa della moneta unica limiti i disastri prodotti dall’esplosione inflazionistica. E che potrebbe convivere con l’Euro stesso, poichè mentre questo favorisce gli scambi internazionali, la valuta complementare si limita a quelli locali (e funziona su base volontaria, oltre ad essere tranquillamente scambiabile con euro).

Ecco dunque spiegato l’arcano della moneta padana: creare, all’interno del nostro Paese, delle monete locali complementari all’Euro, per tutelare le produzioni interne. E, mirando a favorire lo scambio di prodotti locali, è pure ipotizzabile la creazione di tre monete macro-regionali, visto che le usanze, le tradizioni e dunque le tipologie di alcuni beni e prodotti scambiati sono stati dimostrati essere raggruppabili in tre aree geografiche: Nord, Centro, Sud.

Vincenzo Sofo

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