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DIALOGO TRA UN INDIGNATO E UN SUO AMICO

di Alfonso Indelicato

 

– Ciao Vladimiro. Perché hai quella faccia? –
– Lasciami stare, Alberto. –
– Perché quel sopracciglio sollevato? E lo sguardo cupo? Le labbra dagli angoli piegati all’ingiù? Le braccia conserte? Andare in giro a scatti, rigido come un palo?-
– Ti ho detto: lasciami stare. –
– Apriti con me. Sennò a che servono gli amici? –
– E va bene … sono indignato! –
– E perché mai? –
– Siamo governati da un puttaniere. – –
– Ah … –
– Perché dici ah? Non ti sembra un buon motivo? –
– Dai, non ho voglia di parlare di politica. E poi dimmi: devi rimanere a lungo con quell’espressione sulla faccia? –
– Se sono indignato sono indignato. –
– Ma l’indignazione è uno stato d’animo. Come tale dovrebbe avere una fine, prima o poi. –
– Ti sbagli. Martin Luther King ha detto in una sua celebre orazione: “Io vi supplico di essere sempre indignati”.-
– E tu lo sei sempre? –
– Sempre. –
– Anche quando mangi al ristorante vegetariano? –
– Certo. –
– Anche quando ascolti Imagine? –
– Anche. –
– Se vai a una lettura di Camilleri? –
– Perfino. –
– Mostra Dada?
– Ahimè. –
– Jogging all’alba attorno al caseggiato? –
– Sì! Diamine! –
– Anche di notte? –
– Che domanda … finché rimango sveglio, sì. –
– Anche mentre … ? –
– Ma chi ha voglia di pensare a certe cose? Sono troppo indignato. –
– Scusa, ma da quanto dura la tua indignazione? –
– Da quando quello lì è al governo. –
– Dal 2008? Ed è da allora, dunque, che tu non … –
– Ti ho detto che non sono nello stato d’animo adatto, per certe cose. –
– E tua moglie? –
– La Mara? La Mara è indignata anche lei. Ed è depressa e nervosa. –
– Non ne dubito, caro Vladimiro, non ne dubito … –

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