Fesserie spaziali
di Barbara Leva
I quotidiani cartacei, purtroppo, non li legge più nessuno. Costano troppo, sono faziosi, richiedono tempi di lettura lunghi. Quindi, l’informazione passa attraverso tv, stampa free press, internet. Mezzi di comunicazione che selezionano e abbreviano le notizie, filtrano ciò che si ritiene importante da ciò che non merita attenzione.
Solitamente, qualche trafiletto dà notizie su ciò che avviene, senza approfondire ma, essendo trafiletti o titoli di coda, certe questioni piombano nel vuoto dei cervelli distratti.
Si parla fin troppo delle avventure sessuali degli uomini politici, si mostrano senza sosta le celebrità al mare, si riempiono telegiornali e prime pagine di notizie ridondanti, già conosciute, ripetitive. E si dedicano poche righe e poche parole alla nuova missione spaziale irachena.
Partendo dal presupposto che poco mi interessa di conquiste spaziali, che anzi trovo spregevole l’inquinamento dell’universo e non riesco proprio a comprendere la tensione espansionistica dell’uomo moderno, accetto questa ricerca costante di esplorazione cosmica. Tutto sommato, starei bene anche in uno stato bucolico, ma sto scrivendo su un Mac con la tv digitale accesa e il cellulare sempre a portata di mano, e magari dopo faccio una partita alla Wii o un po’ di step mentre ascolto il mio I-pod, e perciò mi tengo alla larga da giudizi sull’utilizzo esagerato di tecnologie sperimentali.
Ciò che critico invece è l’invio nello spazio di una scimmia, al fine di testare la capacità umana di reagire alle spinte gravitazionali all’interno delle navicelle di nuova progettazione. Dopo altri svariati animali, una scimmia.
La scelta dell’animale viene giustificata con la teoria che il corpo della scimmia è simile a quello dell’uomo e quindi si suppone che reagisca allo stesso modo del nostro. Beato Darwinismo! Una starlette siliconata, vorrei chiedere agli emeriti scienziati, cosa condivide con un lemure, visto che la natura ad oggi questo offre. Magari dopo scrivo una tecnologica mail ad Ahmadinejad.
Per ora, traslando il tutto su un tono riflessivo, mi chiedo cosa abbiano fatto di male gli animali.
I cani, i migliori amici dell’uomo. Argo riconosce Ulisse, bestia più fedele di ogni essere umano, dotata di un senso d’amore immenso. Laika, mandata nello spazio, sola, senza che avesse fatto altro che fidarsi erroneamente dell’uomo.
I gatti, dall’antichità considerati divini in virtù del loro muoversi soave, del contatto magico che instaurano tra l’uomo e il trascendentale, dello sguardo mistico che percepisce l’inconoscibile. Anche loro, infilati in capsule. Terrorizzati, morti di paura. Si spera solo che le divinità di cui sono devoti li stiano proteggendo.
Gli insetti, ci fanno schifo ma sono necessari per l’ecosistema in cui viviamo. Gli stessi frutti bacati sono molto più succosi di quelli ricoperti di pesticidi chimici, e questo è tutto un dire.
I topi. Escludendo i personaggi Disney, fanno mediamente schifo anche loro. Però anche loro sono esseri viventi che ricoprono un ruolo fondamentale all’interno dell’ambiente in cui vivono. Sono solitamente usati come tester per medicine e cosmetici, in prove scientifiche fallimentari in virtù della diversità del loro organismo dal nostro. Ma normalmente questo si tace, a ben pochi viene in mente di informarsi sull’effettiva efficacia degli esperimenti, e i più, capre, credono alla falsa informazione.
Le capre. Vivono nelle nostre città, e sono più simili a se stesse che ogni altro animale vivente.
Propongo quindi una petizione, affinché le scimmie tornino sugli alberi a mangiare banane, e le capre in giacca e cravatta che annuiscono ad ogni belato vengano incapsulati per testare la forza di gravità su riporti e filler.
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