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IL GRUPPO WAGNER NEL MONDO: UNA MAPPA

Al centro delle cronache occidentali sembra emergere sempre in maniera più dirompente l’operato del gruppo Wagner, quanto questo ruolo sia effettivamente centrale e quanto si tenda ad un limite pressoché caricaturale è ormai difficile da definire. Al di là del comprovato utilizzo di questi mercenari su suolo Ucraino, è fondamentale notare come le gesta della milizia siano riscontrabili in ogni teatro conflittuale dei paesi maggiormente compromessi dal punto di vista politico.

Siria

Nel momento di maggior “successo” per quanto riguarda la conquista territoriale dell’Isis, il mondo occidentale era troppo impegnato nel cercare di capire quale fosse il “male minore”: sostenere Bashar al Assad (accusato a livello planetario di essere un sanguinario dittatore), sostenere l’Esercito Siriano Libero (composto da fazioni scissioniste, disorganizzato ed incapace di infondere fiducia all’estero) o pentirsi di aver provato simpatia verso gruppi apparentemente sostenitori della libertà (Jabhat al Nusra, confluito successivamente nell’Isis). Mentre l’Europa si lambiccava in questi tremendi dubbi, incapace di intraprendere una linea che avrebbe potuto successivamente far sfigurare l’anima “radical chic” del nostro paese, l’unica fonte di concreto aiuto al governo in carica è arrivato dal gruppo Wagner. Il presidente è innegabilmente una figura divisiva, accusato di perpetrare crudeltà verso i prigionieri politici, ma era ed è ancora un solido punto di riferimento.

“Archiviata” la parentesi dello Stato Islamico, trascurando il fatto che sul territorio siriano siano presenti ancora importanti esponenti, molti combattenti e ipoteticamente numerosi sostenitori ideologici, il presidente Assad ancora si affida sostanziosamente alle forze russe per il controllo del territorio. Ciò è l’esempio lampante di come la strategia del Cremlino sia quella di aiutare determinate forze di alcuni paesi nel momento di crisi al fine di creare sodalizi duraturi e garantirsi così una presenza costante in svariati teatri. La Russia è in grado di fornire sostegno militare ed economico a paesi che volgendo lo sguardo verso l’Ue non troverebbero pari sostegno.

Burkina Faso

Il gruppo Wagner sta operando al fine di stringere nuove collaborazioni in territori complessi. Non è certo un mistero la frizione creatasi da tempo tra Francia e Russia in merito all’ottenimento di sempre maggiore influenza nel Sahel.

Riprova di quanto appena asserito risiede nel fatto che il capo della Wagner (Evgenij Prigožin) abbia apertamente appoggiato la presa di potere dei militari in Burkina Faso anche se nessun dato certo può davvero essere espresso circa la reale “infiltrazione” del gruppo mercenario nel paese. Alcune fonti non autorizzate riferiscono che la definitiva “rovina” del deposto presidente Kaboré sia da imputare al rifiuto netto nei confronti del supporto offerto dalla Wagner per fronteggiare l’instabilità nella zona settentrionale del paese. A conferma di ciò si registra che in alcune manifestazioni tenutesi circa un anno fa a sostegno del golpe militare, sembra siano state sventolate delle bandiere russe.

Mali

Il caso del Mali è un esempio lampante in quanto la presenza di questi combattenti si ponga in contrapposizione con la condotta dell’Unione Europea: il governo golpista ha scelto di affidarsi all’operato della Wagner (sobbarcandosi un esborso economico maggiore) per contrastare i gruppi jihadisti, rifiutando l’aiuto offerto dal vecchio continente e, in particolare, osteggiando un intervento francese.

Conflitto Etiopia – Eritrea

I disordini, sfociati in guerra/guerriglia nel Tigray, dovuti alle istanze separatiste delle popolazioni locali, hanno posto nuovamente i due paesi in condizione di fronteggiarsi. Scarsissime notizie trapelano da questo lembo di terra nel Corno d’Africa, ma le poche indiscrezioni menzionerebbero una presenza Wagner che, nel tentativo di governare il fenomeno, sembra si stia ritagliando nuovo spazio “politico”.

Repubblica Centrafricana

Le autorità statuali locali menzionano una prima presenza del gruppo Wagner già nel 2019 con la finalità di “riempire un vuoto” causato dalla mancanza dell’aiuto promesso dalla Francia. I mercenari hanno sicuramente contribuito ad impedire un ennesimo colpo di stato in un territorio segnato da decenni di guerre civili. La nazione era supportata anche dall’Onu, da compagnie militari del Ruanda e da EUTM (L’European Union Training Mission); i sostegni da parte del vecchio continente però sono venuti a mancare un anno fa e la Wagner si è così trasformata in una solida risorsa agli occhi delle forze di sicurezza locali.

Tunisia e Libia e rotte migratorie

Per quanto possa apparire improprio l’abbinamento tra questi due paesi, è corretta una riflessione comune per quanto concerne il ruolo della Wagner. La Tunisia è uno stato economicamente fallito, che riesce a sopravvivere solo grazie al sostentamento fornito dalla Banca Mondiale che, recentemente, ha annunciato la sospensione dell’erogazione degli aiuti data l’inadempienza da parte di Tunisi agli obblighi sottoscritti. La Libia continua ad essere uno stato diviso in due grandi monoliti che non trovano modo di “riunirsi”.

Alla luce della strategia Wagner di insinuarsi in ogni varco creato dall’instabilità politica insita di uno stato, era “prevedibile” l’interessamento verso queste due realtà nazionali; soprattutto in Libia l’obiettivo sembra essere quello di accaparrarsi la “gestione” dei gasdotti.

Ipotizzare che una compagnia militare privata diriga gli scafisti al fine di destabilizzare gli stati europei con la presenza di un numero sempre maggiore di migranti appare poco credibile, è più avveduto immaginare che la crescente instabilità spinga sempre più disperati a partire e che ciò venga valutato nell’ottica “wagneriana” come un “effetto collaterale non sgradito”.

La componente religiosa

La chiesa ortodossa russa fornisce sostegno e legittimità alle azioni di Putin in patria e ciò si ripercuote anche all’estero, prova ne è la nomina del metropolita Leonid (Gorbačev) come guida dell’esarcato africano per la Chiesa di Mosca.

L’obiettivo è quello di instaurare il patriarcato di Mosca come unica istituzione egemone fra le realtà ortodosse e ciò risponde all’esigenza di creare un conflitto di natura sia teologica che politica all’interno degli stati in oggetto.

L’esarcato per l’Africa si concentra in 19 Paesi del continente ma, ad oggi, solo la Repubblica Centrafricana ha riconosciuto in maniera ufficiale la Chiesa di Mosca. Il tema religioso è legato al conflitto in Ucraina e non è difficile notare come la Chiesa ortodossa russa ottenga influenza nei teatri di conflitto dove opera la Wagner.

Qualsiasi persona abbia studiato “scienza politica” ha immediatamente compreso la differenza tra soft power e hard power: volendo semplificare e banalizzare anni di importanti teorie su cui si basano le relazioni internazionali, si può facilmente dedurre che la prima fattispecie è contraddistinta dal “convincimento”, la seconda dall’“imposizione”.

Quanto accennato porta ad un’importante riflessione: negli ultimi due decenni il mondo si era “accomodato”, pensando che la cristianità fosse ormai lontana da certi condizionamenti e che l’imposizione di un credo o la strumentalizzazione di esso in chiave politica fosse ormai da ritenersi a totale appannaggio di un manipolo di barbuti, tendenzialmente bifolchi, corroboranti di strampalate teorie coraniche. Errore! La fede, necessaria all’umanità per credere alla bontà della vita su questo pianeta, è “affare” diverso dalla manipolazione teologica, dalla compenetrazione ideologica finalizzata all’ottenimento del potere e, purtroppo, il caso russo è la dimostrazione di come non ci siano religioni “affrancate” da tale dinamica che tende a corroborare gli interessi economici e geopolitici dei popoli.

Arianne Ghersi

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