ITALIA E LIBIA: UNA QUESTIONE STRATEGICA.
Con la guerra Ucraina la questione energetica diviene ancor più cruciale e vengono al pettine i nodi dei nostri rapporti mediterranei. Per questo abbiamo parlato di Libia con Mohamed Fowad, Medico radiologo libico che vive in italia da 14 anni, Analista politico esperto di Libia e Medio Oriente e commentatore televisivo per Al Jazeera, France 24, DW e TRT World.
Quali paesi stranieri ostacolano e quali facilitano la stabilizzazione del paese? Perché?
Abbiamo i Paesi del Golfo (Emirati Arabi Uniti, Qatar e Arabia Saudita), l’Egitto, la Russia, la Turchia, l’Unione Europea e gli Stati Uniti. Questi ultimi sono lontani dalla questione libica, l’Europa è debole e non può intervenire specialmente il paese più importante, l’Italia, afflitta dai propri problemi. L’unico paese che sta facendo tanto per i suoi interessi è la Francia che è contro le elezioni in Libia. La Turchia dichiara sempre di essere a favore delle elezioni, non sappiamo se sia vero o meno, ma la dichiarazione ufficiale non è mai stata smentita; ha un ruolo molto importante per stabilizzare la Libia perché senza la presenza turca scoppierebbe nuovamente la guerra. Al momento non c’è la guerra perché si è creata una situazione di parità tra ovest ed est e in questa parità troviamo da una parte la Wagner che controlla una bella parte della Cirenaica e a Tripoli sono presenti i turchi. L’Egitto ha tantissimi interessi in Libia, sicuramente non vogliono le elezioni, è il principale paese che le ostacola, è uno dei paesi che crea maggiori problemi. I Paesi del Golfo sono divisi: attualmente gli Emirati Arabi Uniti, da sempre a sostegno di Haftar, si sono accostati alla Tripolitania perché c’è Dabaiba (primo ministro) che è a loro molto vicino a causa anche di relazioni personali e ciò ha fatto sì che gli Emirati si siano allontanati in questi tempi dalla questione libica. Il Qatar è impegnato nell’organizzazione dei mondiali di calcio e torneranno ad essere attivi forse successivamente alla manifestazione sportiva. La Russia è impegnata con il conflitto in Ucraina, ma la Wagner è ancora presente in Libia: controllano i pozzi di petrolio e la base militare più importante che si trova al centro del paese (Jufra).
Quale è la reale situazione militare sul campo?
Haftar domina quasi il 70% del territorio perché controlla la Cirenaica, Sirte e Jufra con la Wagner, e una bella parte del Fezzan. Al contrario, il governo di Tripoli controlla quasi l’80% della popolazione perché la maggior parte dei cittadini vive nella capitale, a Misurata e Zawiya; ci sono tanti immigrati-sfollati che sono scappati da Haftar e vivono nella Tripolitania. Come forza militare sicuramente quella del governo è molto più forte delle altre perché controllano la popolazione (ci sono più combattenti), attualmente nessuno vuole la guerra. La differenza che ha Haftar e che può avvalersi dell’aiuto degli egiziani perché, al contrario della Turchia, l’Egitto ha un confine comune con la Libia che facilita l’aiuto. I turchi continuano ad essere presenti dalla parte di Tripoli e controllano alcune basi militari importanti e svolgono addestramenti militari alle truppe locali. Come forza militare non ci sono paragoni, ma da parte di Tripoli non c’è nessuna intenzione di innescare una guerra e questo vale anche per le milizie.
Come sono schierate le diverse fazioni?
Abbiamo un governo riconosciuto che è quello di Tripoli con il primo ministro Dabaiba, abbiamo due parlamenti: uno a Tobruk, controllato da Aguila Saleh Issa (molto vicino agli egiziani, quasi sotto il controllo dell’Egitto), e un altro parlamento a Tripoli che ha meno potere. È il governo che controlla i fondi, la differenza sta in questo aspetto e ciò trasforma il primo ministro nella persona più importante della Libia. Dall’altra parte c’è Haftar, con base in Cirenaica, che ha una milizia ben organizzata; anch’egli è alleato con gli egiziani e con la Russia attraverso la Wagner. È la milizia mercenaria russa che controlla i pozzi di petrolio. C’è una grossa incognita per quanto riguarda il futuro perché la Russia è in difficoltà con l’Ucraina e forse potrebbe decidere di ritirare le proprie forze. Nella guerra del 2019 si stima che i combattenti Wagner fossero circa 3mila, alcune fonti ipotizzano fossero addirittura 5mila, ma nessuno può avere un quadro certo di ciò; sono ben addestrati ed equipaggiati con ottimi armamenti. Bisogna tenere conto che questa presenza numerica è stanziata in un paese di 6-7 milioni di abitanti.
Oggi più che mai abbiamo bisogno di gas e c’è un gasdotto che collega la Libia all’Italia, qual è la capacità del Greenstream e come mai le forniture sono così esigue?
La maggior parte dei pozzi di petrolio sono sotto il controllo militare di Haftar però egli non può venderlo perché il controllo vero è sotto il NOC (National Oil Company of Libia), gli uffici centrali sono a Tripoli. Ci sono stati dei tentativi di vendere il petrolio “in nero”, ma gli intenti sono falliti e gli americani sono intervenuti per interrompere questa pratica. Quindi, anche se Haftar controlla i pozzi e i terminali, la vendita è sotto il controllo del NOC. Attualmente la produzione libica si aggira attorno ai 1300-1400 barili al giorno, non sono tanti e la maggior parte di questi vengono venduti all’Italia. Questo petrolio è di alta qualità (tipologia Brent), l’altro grande acquirente è la Germania (seppur con quantità decisamente inferiori).
Negli ultimi anni di Gheddafi, nel 2007 e 2008, hanno scoperto nuovi giacimenti di gas; dallo scoppio della rivoluzione libica nel 2011 nessuno ha avuto la possibilità di metterli a profitto. Esiste unicamente un’intesa tra l’Eni e la Libia legato al gasdotto del Greenstream: in questo accordo è specificato che quando la Libia necessita del gas può ridurre l’esportazione per far fronte al proprio fabbisogno nazionale. Ultimamente si sono verificati tantissimi problemi: Haftar, due o tre mesi fa, ha chiuso i pozzi di petrolio, conseguentemente il gas impiegato per creare energia elettrica non era usufruibile e la Libia si è ritrovata costretta a ridurre drasticamente le esportazioni. Recentemente il Ministro del Petrolio Libico ha spiegato a Bloomberg che c’è la possibilità di creare in pochi mesi un gasdotto parallelo al Greenstream, con questa soluzione si potrebbe ottenere il triplo del gas attuale; ad oggi il gas libico sopperisce al fabbisogno italiano solo per circa il 4%.
Si è parlato tanto di elezioni, come mai non si celebrano? Si è candidato anche Saif Gheddafi vero?
Le elezioni presidenziali non sono fattibili. Gheddafi non ha nessuna possibilità di vincere per due motivi: noi abbiamo ucciso il padre in una maniera bruttissima e quelle stesse persone dovrebbero accettare suo figlio? Questo però non è il principale aspetto: anche se fosse candidato non ha possibilità di riuscire perché tutte le grandi città in Libia (Tripoli, Misurata, Zawiya, la parte occidentale del paese prettamente amazigh) sono tutte contro di lui, anche in Cirenaica sono nemici di Gheddafi. È una bugia quando viene detto che le elezioni non vengono svolte a causa della sua candidatura. L’anno scorso il primo ministro Dabaiba aveva una popolarità incredibile e se avessero fatto elezioni, quelle che poi hanno cancellato, avrebbe vinto sicuramente.
Le elezioni presidenziali sono nette: o vinci o perdi; ci sono tante fazioni in Libia che hanno un potere e che in caso di sconfitta verrebbe compromesso. A tutto ciò si legano gli interessi degli altri paesi (Turchia, Egitto, Francia, Emirati Arabi Uniti ed Unione Europea) ed ognuno ha il suo candidato di riferimento, anche per le forze estere veder sconfitto il proprio riferimento vuol dire perdere la propria influenza. A queste condizioni è impossibile svolgere le elezioni.
L’unica soluzione per la Libia è fare delle elezioni parlamentari così tutti possono vincere perché così si farebbe in modo che ognuno abbia il suo rappresentante. Il problema è che ci sono due parlamenti ma purtroppo non hanno più legittimità. L’accordo sottoscritto in Marocco, Libyan Political Agreement (principalmente voluto dall’Italia), ha dato più potere al parlamento di Tobruk; il governo è a Tripoli e non è possibile che un’altra città possa dirigere il paese perché la classe dirigente è nella capitale.
Il problema del paese non è un conflitto ideologico, c’è sicuramente la ricerca della creazione di uno stato democratico, ma la vera criticità è controllare i fondi dato che stiamo parlando di un paese ricchissimo; i soldi ci sono ma è presente una fortissima corruzione. Il governo controlla due cose molto importanti: il NOC e la Banca Centrale. Questo ricade anche sull’aspetto militare perché per creare una milizia è necessario avere i soldi.
Haftar è l’uomo forte della Cirenaica. Ha la nazionalità americana, negli scorsi mesi una corte civile della Virginia l’ha condannato per crimini di guerra e nessuno voleva far parola di ciò. Haftar ha una forza militare, è sostenuto dall’Egitto, dalla Russia e dalla Francia.
All’Italia converrebbe la stabilizzazione del Paese, qual è il suo ruolo?
Tutto ciò che sta succedendo in Libia è possibile perché l’Italia è debole, se fosse forte tutto ciò non sarebbe accaduto. Per la Libia il partner economico più importante è sempre stata l’Italia, la maggior parte delle risorse petrolifere e di gas giungono sulla penisola; in passato era il principale interlocutore per l’import libico. Tutto ciò è facilitato anche dalle condizioni geografiche dato che tra i due paesi ci sono solamente 300 km; è di prioritario interesse per l’Italia riuscire a stabilizzare il proprio partner.
Quali sono i paesi che creano confusione in Libia? L’Egitto e la Francia. L’Italia non è intervenuta, si sta solo lamentando. Quando Haftar ha deciso di attaccare Tripoli, l’Italia è rimasta a guardare nonostante i due governi fossero alleati; sono partiti circa 300 militari da Misurata e sarebbe stato semplice per gli italiani impedire il passaggio. La Turchia è intervenuta perché la capitale stava cadendo sotto attacco della Wagner. Non ci si può riferire ad un singolo episodio, ma il problema è complessivo: l’Italia non è presente neanche politicamente e, quando si esprime, fa riferimento unicamente al problema immigrazione.
La Libia ha un problema di flussi migratori molto più importante di quello italiano: siamo 7 milioni, di cui 1-2 milioni di stranieri. Sappiamo che chi approda sulla penisola non ha intenzione di restarvi, ma puntano a recarsi in Germania e in Svezia quindi il problema è principalmente legato alla sicurezza. Come si può combattere il fenomeno? È facile: stabilizzare la Libia, in caso contrario gli scafisti continueranno a perseguire indisturbati il loro business.
Ci sono paesi che volutamente vogliono l’instabilità della Libia per far sì che ci sia più immigrazione irregolare e colpire l’Europa?
Ricordi quando Minniti è andato nel 2017 in Libia? Ha tentato di creare un accordo con le milizie del porto di Superata (70 km da Tripoli; circa il 70-80% dei migranti partono da questa città). Minniti ha tentato con Fayez al Sarraj (primo ministro dell’epoca) di creare un accordo secondo cui le milizie presenti a Superata sarebbero entrate a far parte delle forze regolari libiche per impedire che partissero altri migranti. Le milizie in oggetto non sono riconducibili a nessun politico libico, seguono i propri interessi.
La maggior parte dei migranti che giungono in Italia sono originari dell’Etiopia, della Somalia: passano attraverso il Sudan, forse l’Egitto e attraversano la Cirenaica che è sotto il controllo di Haftar. Non è difficile ipotizzare che sussista un accordo per collegare questo percorso. Per quanto riguarda i migranti provenienti dalla zona centrale dell’Africa, passano attraverso la Nigeria, il Niger, il Mali ed entrano in Libia dalla zona meridionale.
La maggior parte dei migranti che giungono in Italia non arrivano subito perché quando arrivano in Libia una bassa percentuale ha i soldi sufficienti a continuare il viaggio, ma la maggior parte non ne ha; ragion per cui si fermano per lavorare e comprare il biglietto. Molti migranti sono pentiti perché rimanere il Libia sarebbe stato meglio dal punto di vista economico perché possono arricchirsi lavorando come muratori, nelle costruzioni; il problema in Libia è che non hanno nessun diritto invece in Italia possono ambire a diventare cittadini europei. Qua hanno le garanzie. Tutti quelli che fanno riferimento al fatto che “vengono trattati male”: sicuramente qualcosa avviene, ma la realtà viene esagerata. L’economia di Tripoli si basa sul lavoro dei migranti, costruzioni e agricoltura è basata tutta su queste persone. L’agricoltura, soprattutto nella capitale, è quasi tutta controllata dagli egiziani, dalla produzione fino alla vendita e si tratta di una sorta di “potere informale”.
Come vede allora il ruolo dell’Italia nel futuro libico?
Si tratta di un mix di aspetti dovuti alla pandemia e a governi tecnici, ma anche dal fatto che l’Italia non ha più un ruolo di forza diplomatica attualmente. L’unico che ha provato a fare qualcosa era Minniti, ma è stato lasciato da solo perché la sinistra ha sempre parlato tanto ma non ha mai poi compiuto azioni concrete.
Ripongo tanta speranza nel governo nascente: una donna forte, con ambizione, ha dalla sua una gran parte del parlamento quindi può creare un governo stabile. La Lega ha preso come focus di interesse solo l’immigrazione ma essa non è il problema in sé, è il risultato; non hanno compiuto azioni per risolvere le criticità che determinano il fenomeno.
Tutti sanno che la Francia è un attore destabilizzante della Libia e l’Italia non sta facendo nulla per contrastare l’operato dell’Eliseo. Quando Haftar ha attaccato Tripoli erano presenti dei militari francesi nella sua milizia; costui è il principale problema della Libia perché vorrebbe nuovamente instaurare un regime militare.
L’Italia può fare davvero tanto in Libia perché gli interessi sono forti: invece che andare in Angola come ha fatto Draghi o in Mozambico, basterebbe rivolgersi a 300 km da Lampedusa. Per far arrivare il gas dal Qatar ci vuole una struttura importante perché ciò che viene esportato in forma liquida deve poi tornare in forma gassosa. Il Greenstream c’è e nonostante le guerre nessuno lo ha danneggiato, gli stabilimenti si trovano a Mellitah (15 chilometri circa da Superata).
Personalmente, come individuo che vive in Italia, aspetto l’operato di un governo di destra. Ho sentito dire dalla Meloni che gli interessi dell’Italia devono essere preponderanti rispetto a quelli dell’Europa. Gli interessi di quest’ultima non sono pochi in Libia: tralasciando la Francia, per quanto riguarda la Germania, la Spagna, Malta sono partner economici importanti per Tripoli.
La settimana scorsa i turchi hanno mandato una delegazione molto importante: erano presenti il Ministro degli Affari Esteri, il Ministro della Comunicazione, il Ministro della Difesa ed altri tre o quattro e hanno stipulato un accordo con il governo libico per cominciare a fare le trivellazioni. Nel 2019 la Turchia ha stretto accordi con al Sarraj in merito alle acque territoriali; l’unico paese sul Mediterraneo dotato delle adeguate tecnologie per la ricerca del gas in mare è l’Italia. Fonti verificabili sostengono che dietro questa operazione ci sia la compagnia British Petroleum.
Una mia fonte all’interno del governo libico sostiene che dietro questa operazione ci sia la compagnia British Petroleum.
Il mio prioritario obiettivo è far comprendere che l’Italia deve fare di più; se la Meloni, come dice, vuole curare gli interessi della nazione è necessario stabilizzare la Libia. Il primo passo è giungere alla elezioni parlamentari perché è necessario sia emanata una legge elettorale, anche se intaccherebbe gli interessi dei due parlamenti e di alcuni paesi esteri (Francia, Russia ed Egitto). L’Onu sta proponendo di individuare un delegato, ma tutte ipotesi sono ferme a causa del conflitto in Ucraina. Per giungere alla pace in Libia è necessario creare un governo legittimo che almeno in teoria possa controllare tutto il territorio; è necessario l’aiuto internazionale perché i politici libici non vogliono a causa dei loro interessi personali. L’Italia e gli Stati Uniti hanno sempre avuto relazioni forti e il continente oltreoceano potrebbe avvalersi della collaborazione italiana.
Ad aprile 2023 l’ambasciatore italiano terminerà il suo mandato a Tripoli. Le mie fonti mi riferiscono che è presente un inviato speciale della Farnesina, a breve ne invieranno uno nuovo ma proveniente da Palazzo Chigi.
Arianne Ghersi per La Luce
Rispondi