“C’ERAVAMO TANTO ODIATI”: INCONTRO STORICO TRA I LEADER MEDIORIENTALI
A fine agosto un fatto di portata storica si è consumato nel silenzio dei media italiani. A Baghdad si sono incontrati alcuni leader mediorientali che, storicamente, hanno sempre registrato attriti: rappresentanti di Arabia Saudita (Faisal bin Farhan, ministro degli esteri), Giordania (Re Abdullah), Emirati Arabi Uniti (Mohammed bin Rashid Al-Maktoum, vicepresidente), Iran (Hossein Amir-Abdollahian, ministro degli esteri), Egitto (Abdel Fattah El-Sisi, presidente), Kuwait (Sheikh Sabah Khaled Al-Hamad Al-Sabah, primo ministro), Qatar (sceicco Tamim bin Hamad Al-Thani) e Turchia, con la partecipazione di Francia e Giappone e degli ambasciatori dei cinque membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si sono seduti allo stesso tavolo per affrontare i problemi legati all’instabilità dell’area. Anche solo scorrendo i nomi citati si può intuire facilmente quanto questo incontro sia stato preso seriamente dagli attori coinvolti.
Per l’Iraq ospitare tale riunione è l’occasione per aspirare nuovamente ad un ruolo importante nella politica dell’area dopo decenni di guerra che avevano portato al quasi azzeramento del proprio capitale politico. L’incontro tra il premier Mario Draghi con l’omologo iracheno Mustafa Al-Kadhimi avvenuto in estate conferma l’ipotesi della creazione di un asse italo – iracheno secondo cui alcune aziende italiane potrebbero avere un ruolo di spicco nella ricostruzione del paese.
Il paese promotore di questo summit è la Francia, interessata a trovare nuovi spazi di intesa per risolvere le problematiche legate alla guerra in Yemen e riuscire a ristabilire la stabilità sociale ed economica in Libano.
Importantissimo è constatare come rappresentanze saudite ed iraniane abbiano accettato di incontrarsi e questo primo passo potrebbe suggerire l’intenzione di dissipare i rancori. Il gelo infatti era stato acuito dall’attacco del 14 settembre 2019 agli impianti petroliferi della Saudi Aramco ad opera di combattenti filo iraniani che si scontrano in Yemen contro la coalizione saudita. Inoltre è importante registrare la portata del dialogo tra Egitto e Qatar: quest’ultimo infatti è sempre stato accusato dalle autorità cariote di sostenere i Fratelli Musulmani; il primo timido traguardo raggiunto è la ripresa dei collegamenti aerei tra i due stati. La Giordania, paese che si è sempre distinto per la propria “affidabilità” agli occhi del mondo occidentale, ha avuto modo di rincontrare le autorità saudite dopo il tentato colpo di stato avvenuto nell’aprile 2021: il fratellastro del regnante giordano accusato del tentato golpe non ha mai nascosto i forti legami ed il sostegno ricevuto dalla monarchia wahabita.
Si può inoltre facilmente ipotizzare che tale incontro sia stato voluto per discutere e tentare di iniziare a risolvere l’instabilità politica dovuta alle cellule dell’Isis (o più propriamente IS) e per affrontare le conseguenze della crisi afghana. Se i poteri di questi stati sono riusciti a superare le cosiddette “Primavere Arabe” e hanno retto al peso ideologico del Califfato, non si può certo scommettere sulla loro resistenza nel caso si ripresentasse una nuova autorità statale fondamentalista.
Arianne Ghersi
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