FILOSOFIA,NAZIONE E IDENTITA’: JOHANN GOTTFRIED HERDER
Negli anni ’80 la narrativa di intrattenimento televisivo utilizzava, come canovaccio tipico, un chiaroscuro catastrofista da Era post-atomica. La distruzione narrata ineriva i luoghi e le cose con i popoli (o quello che ne rimeneva) regretiti ad uno stato tribale , a volte, sub-umano. Si narrava, allora,una metafora che parrebbe quasi realizzarsi oggi? Viviamo, oggi, un’epoca di progressivo inaridimento sociale e di confusione profonda. Un termine, molto glamour per certi versi, è Grande Reset per indicare l’attuale processo di svuotamento di contenuti globale. A farne le spese è anche la Politica che smarrisce il suo ruolo di Guida per slanci più mediocri. La cura esiste e va applicata tassativamente. Bisogna innanzitutto superare l’attuale moda di fare Politica per semplice opposizione che si traduce in infantile protesta. E’ opportuno evolvere, come un bruco diventa farfalla, e tornare a studiare i classici del Pensiero politico. Parlare di un serio identitarismo significa, innanzitutto, rivolgersi a Giovanni Goffredo Herder: pensatore, teutonico, di forte riferimento filosofico. Herder insegna come la Nazione rappresenta lo stato più naturale a patto che corrisponda ad una effettiva identità etnoculturale. Le persone hanno un costante bisogno di appartenenza e il loro modo di essere, viene costantemente plasmato dai luoghi e dalle emozioni che trasmettono. Herder parla di Spirito Nazionale o Spirito di Popolo ispirato ad un’area geografica. Tale Pensatore trasmette chiaramente uno spirito romantico anticosmopolita. Nel suo Pensiero vi è la rivalutazione del monadismo di Leibniz. La visione di Herder è affine alle più raffinate teorie comunitariste della Nuova Destra e di Marcello Veneziani.
Purtroppo, la concezione nazional-risorgimentale, di matrice antitradizionale e giacobina, ha deviato la vena romantica che pur esisteva del nazionalismo italiano. Nei tempi, odierni, lo Stato Nazionale nel ruolo di mero esecutore di Poteri Forti, si ritrova svuotato dell’idea sana e romantica di sovranità che troviamo in parte in Hegel.
Cosa ne deriva?
Una crescente, stressante, alienazione che porta ad un rigetto radicale dell’intera comunità dove si vive in un ribellismo individualistico e populista.
Che tristezza!
Le radici di questo malessere identitario e comunitario, certamente, sono complesse e profonde e per questo è bene affrontarle su più piani. Almeno provarci!
Va menzionato il recente convegno del Centro delle Culture Lombarde “Dante e Porta un incontro tra giganti” dove si è cercato di rivalutare la lingua e letteratura etnoregionale in un confronto senza complessi d’inferiorità con la cultura nazionale. Si è provati a superare lo schema giacobino che relega la cultura locale come espressione rozza e popolana.
Lo splendore che, invece, offriamo è il concetto di Popolo come entità organica. In tale declinazione il Popolo assurge a cellula per un ripensamento dello Stato Nazionale in grado di essere garante degli interessi nazional-popolari. Il comunitarismo ne rappresenta il nucleo progettuale, il miglior antidoto a derive post-democratiche che non cadano nelle logiche di quello che, Alessandro Campi, chiama “imprenditori del caos”, ovvero un confuso ribellismo meramente individualista e centrato sulla protesta che lungi da opporsi al sistema lo legittima.
Abbiamo bisogno di una definizione seria di identita, comunità e sovranità, dove Patria e Matria si armonizzino tra loro in una visione organicistica rispettosa dell’etnopluralismo.
E’ una sfida difficile? Allora ci piace ancor di più! Tutto ciò può sembrare utopico ma, infondo, non lo è affatto.
Tale sensazione è il prodotto di un progressivo inaridimento culturale e metapolitico che va combattuto. Abbiamo l’antidoto: Herder, Leibniz e Salvemini, le armi metapolitiche da coniugare con un interesse alla geografia,etnografia,storia,linguistica per un autentica Italia dei popoli
Paolo Guidone
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