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LE RADICI DELLA CIVILTÀ OCCIDENTALE

Quando diciamo che le radici della civiltà occidentale affondano nella cultura classica, in quella giudaica e nel cristianesimo esprimiamo un’indubbia verità, ma bisogna discernere in che senso l’apporto di questo molteplice universo culturale definisce l’identità dell’Occidente. In sintesi, dai greci abbiamo ereditato il pensiero logico nonché i concetti di libertà individuale e di democrazia politica quale strumento di convivenza del nucleo sociale,  mentre dai romani, oltre alla continuazione e all’affermazione dei principi di razionalità e di libertà dell’ethos ellenico, perfezionati e codificati nel Diritto romano, abbiamo acquisito  la cognizione della valenza d’una civiltà che, diffondendo la sua cultura in un ambito territoriale sempre più ampio, poteva inglobare nella condizione di cittadino romano individui e popoli d’ogni razza e provenienza culturale purché abbracciassero i principi e le leggi della romanità. Dall’ebraismo abbiamo ricevuto la cognizione del Dio unico e la rivelazione del carattere della creazione del mondo e dell’uomo, che è trascendente rispetto al mondo, generato dalla potenza di Dio, ma immanente rispetto all’uomo, forgiato da Dio con il Suo spirito. Ma l’elemento determinante della specificità dell’Occidente deriva proprio dall’avvento del cristianesimo, e si tratta d’un fattore capace di far compiere all’umanità un balzo decisivo sia rispetto all’ebraismo, da cui la rivelazione del Cristo germoglia, sia rispetto all’universo greco-romano, dove il messaggio cristiano trova il proprio terreno d’elezione.

Questo elemento è la nozione della superiorità dell’uomo sulla natura, dell’uomo come immagine di Dio che, tramite il Cristo, suo figlio fattosi uomo per il riscatto di tutti gli uomini, attesta la propria paternità sull’umanità intera. L’uomo non è una creatura come le altre perché viene concepito a immagine e somiglianza del suo Creatore. Dopo il patto di Alleanza con Abramo, nel quale Dio affida alle tribù d’Israele il compito d’intraprendere quel cammino di elevazione spirituale che liberi l’uomo dalle scorie tenebrose del suo passato di paganesimo e di idolatria e lo avvicini di più alla Divinità, è Dio stesso a farsi uomo nel suo figlio Gesù affinché l’umanità, stavolta tutta l’umanità, compia un passo ulteriore per accostarsi a Colui che l’ha creata. Ed è quindi solo col cristianesimo che la nozione dell’uomo come semplice particella del mondo viene del tutto superata, poiché, dall’altra parte, nella stessa cultura greco-romana dominata dal desiderio della conoscenza e dalla volontà di espansione dell’orizzonte umano, persisteva ancora la convinzione che la natura avesse dignità divina. La mentalità ellenica e latina accettava la natura come suo limite e perciò si sottometteva ancora ai suoi dettami. Ma, con l’avvento del cristianesimo, la mentalità occidentale, pur partendo da queste basi, compie un nuovo salto di qualità, ritenendo che la conoscenza possa andare oltre i limiti naturali e arrivando, nel corso del suo cammino, addirittura a concepire l’universo non più come quell’ordine immutabile e inaccessibile tramandato dalla stessa tradizione cristiana, ma come un’entità conoscibile e misurabile dall’intelligenza umana.

Ed è nei due aspetti di novità introdotti dalla cultura cristiana – da un lato l’universalità d’un messaggio rivolto a tutti i popoli, dall’altro l’idea dell’espansione della conoscenza umana oltre i limiti della propria condizione – a caratterizzare la natura dell’Occidente quale cultura infinitamente progressiva, con l’uomo posto saldamente al centro del mondo. Le rivoluzioni scientifiche operate dalla scienza occidentale, volte non già a comprendere la natura bensì a possederla, arrogandosi il diritto di misurare il tempo e lo spazio e riducendo così tali categorie ad oggetti, non fanno che sviluppare le premesse innescate dalla dinamica della cristianità; un percorso durante il quale, però, l’uomo tende a smarrire la sua condizione filiale rispetto alla divinità per nutrire, spinto dalla sua capacità demiurgica apparentemente inarrestabile, l’illusione di potersi emancipare dalla tutela del suo Creatore e addirittura di potersi sostituire a Lui. E’ a questo punto che si configura l’Occidente modernamente inteso, ma si tratta d’un passaggio realizzato, reso possibile dallo stesso sviluppo della cristianità. L’aspetto apparentemente paradossale di questo processo è che la modernità occidentale appare come la fine della cristianità ma al tempo stesso come la realizzazione del cristianesimo come civiltà originaria. Qui riscontriamo quanto sia complicato il nesso tra Occidente e cristianità: la cristianità rimane la premessa dell’Occidente, l’essenza della sua storia; ma essa, nel corso del suo sviluppo storico, è stata nascosta, messa in discussione, negata dallo stesso pensiero dell’Occidente.

È dunque con questo nesso, con questo rapporto problematico (quando non addirittura conflittuale) tra sé e la sua coscienza cristiana che oggi l’Occidente, posto davanti alla prospettiva di perdere la propria identità e la propria libertà a causa dell’assedio pervicace e intimidatorio di culture altre, antagoniste e aggressive come l’Islam, deve fare i conti, affrontandolo come un nodo da sciogliere prima che sia troppo tardi.

Dionisio di Francescantonio

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