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IL FRONTE DEGLI INSUBORDINATI

Se la vera Sinistra sta col governo...

In Italia, agli angoli del Parlamento ma al centro dei salotti mediatici, sta una ‘sinistra’ piuttosto bizzarra che fa scompostamente il tifo per lo spread, fomenta ad ogni ora un febbrile allarmismo e accende quotidianamente un cero, pregando per l’apparizione della santa Troika. Forse la nostra ‘sinistra’, rimbambita dal suo stesso starnazzare, non ricorda quali furono le conseguenze nefaste della stessa serie di eventi per il popolo greco solo pochi anni fa – o, più probabilmente e ancor peggio, lo ricorda e semplicemente se ne disinteressa totalmente.

Per fortuna nell’Europa transalpina la vera sinistra (che, in quanto tale, è populista) ha ben altre posizioni. Jean-Luc Mélenchon (leader di France Insoumise, letteralmente ‘Francia insubordinata’) è intervenuto a Strasburgo schierandosi apertamente dalla parte del nostro governo: “Io preferisco difendere la sovranità popolare e il governo italiano. Per la prima volta la Commissione se la prende con il budget votato dal Parlamento di uno Stato che rispetta i trattati. Dal momento che non si tratta di rispettare i trattati, ma di una scelta di budget, si capisce che è una espropriazione della sovranità dei popoli, qualunque cosa pensiamo delle scelte che hanno fatto”.

Oltre alle dichiarazioni in conferenza stampa, sul suo blog Mélenchon ha aggiunto: “La Commissione Europea ha rifiutato il bilancio presentato dal governo italiano. I commissari non eletti, incluso il socialista francese Pierre Moscovici, minacciano uno Stato sovrano con una multa di molti miliardi di euro se non si conforma alle loro direttive. Il governo italiano, che lo si sostenga o si combatta, è stato eletto democraticamente. Questa decisione è un altro passo nella direzione della sovranità limitata dei popoli in Europa”.

Le parole del politico francese denotano bene quello che è il vero scandalo della bocciatura del Def: la prevaricazione tutta politica di una classe sovranazionale non eletta sulla volontà generale delle classi popolari nazionali, la cui espressione in forma di legge è peraltro pienamente conforme ai parametri di Maastricht. Una reazione così scomposta è evidentemente dovuta al fatto che, in questo caldo autunno economico, cominciano ad essere messi in discussione principî ed interessi mai toccati prima.

Infatti, finché si è trattato di chiudere i porti e rispedire avanti e indietro tra le frontiere gli immigrati, ai rimproveri sguaiati degli eurocrati non hanno mai fatto seguito atti concreti – il che testimonia come, al di là del moralismo di facciata quale puro strumento legittimante, essi non abbiano alcun interesse per i popoli africani se non come riserva di forza-lavoro a basso costo. Ma adesso che comincia ad essere toccato il pilastro dell’Unione Europea, il neoliberismo in salsa tedesca che ha conformato il trattato del ’92 e tutta l’architettura successiva, ecco che prontamente i cani europeisti mordono oltre ad abbaiare.

È il nemico stesso a non occultare la propria orgogliosa ideologia: “Non può esserci alcuna scelta democratica contro i trattati europei”. Questo Jean-Claude Juncker diceva nel 2015; questo oggi intende continuare a realizzare con ogni mezzo possibile, conscio del fatto che è precisamente nell’intrinsecità dei trattati europei che la democrazia nazionalpopolare è negata.

È pertanto cruciale costruire un fronte politico compatto non solo per sconfiggere, ma per vincere nelle migliori condizioni questa storica guerra, l’ultima dopo tutte quelle che l’euroburocrazia ha condotto contro i popoli in forma di tagli della spesa pubblica, snellimento dello Stato sociale, compressione salariale, mobilitazione della forza-lavoro e precarizzazione – ma non era l’Europa ad aver garantito settant’anni di pace e prosperità?

Un fronte che sia ben oltre le residuali e stantie contrapposizioni di destra e sinistra (oggi, come già in passato, estrema destra ed estrema sinistra si danno la mano) e, soprattutto, che identifichi in modo nitido ed intransigente il proprio nemico: il neoliberismo, del quale l’UE è solo un’istanza particolare. È questa la vera sfida della nostra epoca, che è decisivo tenere a mente per combattere la malattia e non il sintomo: impedire che dalle ceneri imminenti dell’UE rinasca un’altra economica gabbia dorata essenzialmente analoga all’attuale; ostacolare questa ed ogni Europa futura eretta sui principi del liberismo, al cui altare le esigenze locali saranno inevitabilmente sacrificate. Ma di un’Europa fatta di popoli liberi e prosperi, rispettosa di identità, diversità e valori popolari – di questa Europa, e questa soltanto, non si deve aver paura.

 

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