FANTOZZI È LO SFIGATO CHE TUTTI OGGI SOGNIAMO DI ESSERE
Fantozzi faceva ridere perchè rappresentava lo sfigato. Il problema è che quel modello di sfigato è oggi l'ambizione di tutti noi.
Paolo Villaggio era vecchio, ma Fantozzi di più, Fantozzi era morto da un pezzo. Fantozzi aveva il lavoro sicuro e una casa di proprietà. Villaggio attraverso quella maschera raccontava, con le dovute esagerazioni narrative, la vita spesso mediocre, a tratti insulsa, sovente frustrata e spiritualmente misera di un 40enne impiegato degli anni ’70. Era misero e dunque comico Fantozzi. Era misero e dunque comico Calboni. Era misera nella sua fordiana routine, e dunque comica nel suo paradosso, quella vita puntualmente mortificata da un cartellino da timbrare al secondo, da soprusi e angherie, lagne e tracotanze, patetici servilismi e cattiverie piccolo-borghesi, grottesche gite aziendali e Corazzate Potemkin serali.
Oggi però molti 20-30-40enni inseguono come un novello sogno americano quella “miseria”, dunque una casa propria e un lavoro sicuro. L’ambizione è la routine, l’anticonformismo è il conformismo. Ci ha costretto alla diminutio il nuovo ordine economico, ci ha racchiuso apatici in fregole impiegatizie la globalizzazione dei denari, che scambia scientemente i privilegi con i diritti e che ha ridotto l’Uomo in ginocchio a implorare un tozzo di pane. E’ lo spirito guida del nostro tempo: inculati e felici (dunque assunti, non conta dove e da chi) è pur sempre meglio che inculati e infelici (ergo precari o disoccupati). La terza via, felici e basta, non si contempla nemmeno più, a prescindere.
Una volta essere Fantozzi era una sfiga, oggi quella sfiga è un sogno di tanti. Fantozzi è morto da un pezzo e con lui è morto un mondo dove si poteva ancora godere del lusso di sognare ‘qualcosa di più’. Oggi l’unico lusso che ci è concesso è essere Fantozzi.
Francesco Barana
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