SIAMO NOI! SIAMO NOI! I LAUREATI PIÙ POVERI D’EUROPA SIAMO NOI!
Non solo abbiamo i salari più bassi dell'Eurozona, anche più della Slovenia, ma i laureati italiani, specie quelli con la triennale, sono il fanalino di coda degli stipendi
Solo Grecia, Spagna e Portogallo. Sono questi gli unici Paesi in cui gli stipendi sono più bassi che da noi in tutta l’Europa Occidentale, quella che formava l‘Unione Europea prima dell’allargamento a Est. Eurostat distingue diverse tipologie di lavoratore, da quello single senza persone a carico, a quello che con il proprio salario deve mantenere coniuge e due figli, alla famiglia con due stipendi, di cui uno però più basso di un terzo rispetto alla media.
In tutti i questi casi la classifica europea cambia di poco. Ricordiamoci che la UE comprende 11 Paesi ex comunisti dal reddito decisamente inferiore a quello dei Paesi fondatori e anche nell’eurozona ora sono inclusi Stati come Slovenia, Slovacchia e i Paesi Baltici. Nonostante questo i salari italiani sono al di sotto sia della media Ue che di quella dei Paesi dell’eurozona.

Lontani appaiono ormai Francia, Germania, Regno Unito, lontanissimi i Paesi extra-UE più ricchi come USA, Norvegia, Svizzera.
Si tratta di un gap dalla media, per esempio dell’eurozona, che è andato man mano ingrandendosi negli anni della crisi economica. Se nel 2007 lo stipendio netto di un lavoratore con coniuge e due figli a carico era del 13,18% più basso rispetto a quello percepibile nei Paesi dell’euro, nel 2015 si è passati a un meno 17,38%.

Si dirà, giustamente, che d’altronde l’Italia da 20 anni cresce meno degli altri Paesi, che la crisi economica ci ha colpito più di tutti, tranne la Grecia, che la nostra produttività è così stagnante che questi salari ne sono la normale conseguenza.
Tutto vero, ma c’è di più.
Perchè per esempio c’è qualcosa in cui non siamo al fondo della classifica, anzi, siamo al sesto posto, ed al di sopra della media sia dell’eurozona che della UE. È il cuneo fiscale, al 42% in Italia.

La Spagna, il Paese a noi più vicino sia nel Pil sia nelle tante classifiche economiche, in questo caso è lontana: lì è solo del 36%.
Certo, negli ultimi anni, dobbiamo dirlo, il cuneo fiscale è sceso, da un record del 44,7% nel 2012, ai valori attuali, ma siamo rimasti al di sopra della media dell’eurozona.

E c’è cuneo fiscale e cuneo fiscale. Tra le differenze tra lo stipendio lordo e netto la parte del leone la fanno chiaramente le tasse, ma non sono l’unico elemento. Oltre alla sicurezza sociale (nel nostro caso l’INPS) vi sono in tutta Europa gli assegni familiari, i contributi per le persone a carico, in particolare i minori, che vengono versati direttamente o percepiti indirettamente tramite generose detrazioni fiscali.
Ebbene, questa voce dal 2007 è l’unica a non crescere, dai 1683€ all’anno per una famiglia con un solo lavoratore e coniuge e due figli a carico, siamo passati ai 1579€ del 2015.

E non basta. C’è anche stipendio e stipendio.
Perchè se guardiamo ai salari, lordi in questo caso, degli italiani in base al titolo di studio, vediamo che cambia, eccome, il confronto con i principali Paesi europei.
Coloro che hanno solo la licenza elementare e media possono vantare stipendi più alti della media in quasi tutti i settori, tranne quelli dell’educazione. Siamo ai livelli della Germania e nel settore pubblico anche decisamente più in alto.

Anche i salari dei diplomati sono quasi sempre superiori alle medie, e se la Germania qui ci sopravanza, noi superiamo i francesi.

È con i laureati che l’Italia affonda. E in particolare con gli stipendi dei laureati nei 3 anni (o dei corsi post-diploma che non costituiscono una laurea), l’unico gruppo in cui i giovani sono molto rappresentati. Qui siamo appena al di sopra della Spagna, e al di sotto dei principali Paesi occidentali


E questi sono i salari lordi. Sappiamo bene che a causa del cuneo fiscale molto alto il confronto con i valori netti sarebbe più impietoso.
C’è naturalmente un fortissimo legame tra questi dati e la situazione del mercato del lavoro, con una massa di lavoratori anziani, a bassa istruzione, che continua ad aumentare in proporzione sul totale per la dilazione dei pensionamenti, ed è anzi l’unica a crescere, a fronte di un tasso di occupazione dei giovani (ma qui si parla anche di persone che vanno ben oltre i 40 anni), maggiormente istruiti, che è bassissimo e stagnante.
Con il primo gruppo che ha goduto nel tempo di generosi aumenti di stipendio e di un elevato grado di protezione del posto di lavoro, mentre il secondo si ritrova a subire le condizioni che il mercato e la congiuntura economica impone.
L’economia, con le proprie condizioni congiunturali e strutturali, alla fine si torna sempre lì. La situazione della nostra produttività è così compromessa che paradossalmente per mantenere stipendi che non vadano anche al di sotto dei livelli spagnoli siamo costretti ad avere meno occupati, perchè la torta è così piccola che le fette sarebbero troppo sottili se fosse distribuita a tutti come avviene altrove, dove i tassi di occupazione sono molto più alti.
Possiamo lamentarci dei bassi stipendi quanto vogliamo, ma solo una crescita più alta, spinta da una maggiore produttività, può farci avere dei veri aumenti.
(di Gianni Balduzzi, tratto da Linkiesta)
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