“PATRIA”, OSSIA DOVE ARRIVA LA RAFFICA DEL MIO MITRA
Ecco perché ce ne servono mille
Le recenti riflessioni relative agli ultimi eventi della politica nazionale ed europea hanno di fatto indotto la politica a serie riflessioni su un’evidente spinta politica votata al cosiddetto patriottismo dei “localismi”, in apparente contrapposizione rispetto alle “necessità di aprirsi all’Europa se non all’Eurasia” come taluni amano affermare.
Certamente ci si chiede come conciliare, e se sia possibile farlo, un tale patriottismo del sentire e dell’essere dei particolarismi geografici con un mondo che si apre a realtà fino ad ieri sentite come distanti. Certamente il progresso tecnologico e scientifico ha ridotto significativamente le distanze rendendo peraltro meno “esotiche” realtà poco conosciute in passato. In tale contesto di dilatazione e contrazione dinamica di tipo politico, quale tipo di patriottismo può e al limite deve essere attuato? Ed ancora, essendo il concetto di patria legato non solo a discendenza genealogica e comunione di lingua, ma anche al differente intendere il concetto di patria stesso in relazione al divenire della storia, quali riflessioni è opportuno fare?
Certamente la storia insegna sempre qualcosa che deve essere appreso. D’altro canto, affermare che i seppur superati e superabili intendimenti passati sulla patria fossero privi di valori da recuperare solo perché non più moderni sarebbe poco intelligente. Occorre saper leggere tra le righe della storia e dei suoi paradigmi per individuare i valori intramontabili che si perpetuano nei secoli.
Certamente oggi non possiamo parlare di valori da difendere senza rilevare un senso doppio dei valori, che in un caso sono quelli definibili “tradizionali” mentre in un secondo caso si deve parlare di valori cosiddetti “universali” perché non dipendenti da fattori legati al localismo geografico. Entrambe le concezioni definiscono due “valori che hanno valore”. Questi due valori, dunque, non sono in realtà in contrapposizione. Il messaggio di qualità è detto universale perché si apre all’armonia con il tutto universale, e quindi appartiene alla politica della giustizia sociale e del bisogno di pace e sicurezza di un popolo tra i popoli. Il valore “tradizionale”, invece, può essere inteso essere come pietra preziosa che con altre pietre preziose impreziosisce il gioiello unico che è la patria. Quindi se consideriamo la patria nelle tradizioni dei padri una piccola porzione della nostra penisola può essere definita patria e, a ragione, si parla di 1000 Patrie. Se invece parliamo di valori comuni che ci innestano in un sentire comune ad altre nazioni, allora il concetto di patria si estende certamente ben oltre la nazione Italia ed infatti in molti parlano ormai da tempo non solo di Europa, ma persino di Eurasia.
Taluni auspicano un patriottismo costituzionale e non ricordano che proprio la costituzione sembra aver subito un attacco da questa Europa che “supera” la costituzione talvolta annullandola. Non si riflette inoltre sul limite del concetto di patria intesa come “comunità di discendenza”, che conferirebbe qualità solo in virtù di un concetto di presunta superiorità di razza. Io ritengo sia preferibile parlare di “comunità di destino” e di “comunità del sentire” ove i valori siano precisati e soprattutto messi in pratica, e che da tale applicazioni dei valori elevati ed elevanti possa nascere una comunità di continuità valoriale, unica discendenza degna davvero di nota! Chi, in un momento di seria meditazione personale può assegnare al solo sangue un valore di qualità ed assolutezza?
Personalmente preferisco una patria della comunità di eccellenza piuttosto che di presunta tale. Certamente sono avverso alla definizione di patria intesa come sinonimo di nazione, essendo quest’ultima realtà geografica determinata da confini politici e non logico-valoriali. Per me oggi c’è patria dove c’è un sentire comune. Solo una politica basata su filosofie romantiche d’altri tempi poteva forzare gli intendimenti unificando i due lemmi “patria” e “nazione” intesi quindi essere come un unico concetto.
Certamente riflettendo su ciò che di patria si disse in epoca risorgimentale ci sembra si possa felicemente recuperare un senso di rispetto della propria patria nel rispetto tra le patrie. Questo concetto sembra felicemente recuperabile. D’altro canto una patria del sentire comune e dell’atto “caritatevole” ove la politica asserve l’interesse collettivo e il rispetto tra le patrie è certamente auspicabile. Pare che Mazzini definisse la patria non come comunità di discendenza soltanto, ma come associazione di valori condivisi. In questo senso la patria è comunità di destino non solo per via di sole radici, ma anche di un sentire ed intendere comuni che proiettano verso un futuro chiaro e condiviso da chi ad una patria appartiene. Inoltre, solo nella conquista del vero senso della libertà che prevede il rispetto delle libertà delle altre patrie noi possiamo individuare il valore intorno al quale realizzare la vera Europa o Eurasia dei valori.
Probabilmente il concetto di patria deve trovare nella politica dell’amore per le manifestazioni particolari dei localismi geografici un elemento di controllo di eventuali slanci eccessivi verso l’annullamento delle identità, e nell’apertura verso le patrie il freno verso certe concezioni ormai superate proprie di certo nazionalismo teso a uniformare tutto forzatamente. Nel mio intendere la patria non posso fare altro che dirmi d’accordo con personaggi come Maurizio Viroli laddove affermano che si può recuperare il senso risorgimentale del termine patria laddove esso definisce un “valore di libertà e di giustizia internazionale”. Molti oggi citano l’articolo 52 della costituzione laddove cita che la difesa della patria è sacro dovere del cittadino convincendosi che tali termini siano soprattutto legati alla nazione e ai suoi meri confini piuttosto che ai valori di un popolo all’interno di una porzione territoriale più o meno estesa. Popolo dei valori che si auto-configura come comunità di destino. Ecco la nuova patria. Un gruppo umano che è patria etica che vive bene in se stessa e nel rapporto con altre realtà dette patria.
Dunque è certo che solo una patria definita in senso etico è degna di essere luogo di utile e proficua ripartenza per una comunità che costruisce il futuro su vera giustizia sociale nel segno della rinascita civile. Un nuovo risorgimento, dunque, ma con un linguaggio nuovo. Un impegno vero verso la tanto agognata e ancora non realizzata rinascita civile. Si ritorna, dunque, al senso del dovere e dell’onore che gli individui prima, e il collettivo poi, devono mettere in atto da sempre.
Infine, credo queste riflessioni messse insieme abbiano sottolineato la necessità di un discorso e di una prassi politica di vero patriottismo valoriale e qualitativo della vera rinascita sociale, e ciò tenendo conto che solo questo patriottismo, e non certo quello proclamato o artefatto, saprà realizzare qualcosa di buono e dagli effetti duraturi. Un tale impegno è in effetti imponente, e richiederà impegno politico ed umano di un gruppo importante di uomini e donne seriamente impegnati. Eccolo finalmente definito il senso della patria tra le patrie e delle patrie in una patria.
Fabrizio Cossu
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