ALLA BIENNALE DI VENEZIA ARRIVA IL CURATORE IDENTITARIO
Siamo così fighi che commentiamo in chiave identitaria pure le nomine della Biennale
La nomina del curatore del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia è sempre fonte di polemiche, soprattutto quando la scelta non cade sugli scontati soggetti “dalle ampie esperienze internazionali”, molto apprezzati dal pubblico dell’arte contemporanea mainstream, connotati da un’esterofilia congenita e “politicamente orientata” con fini propagandistici, com’è accaduto in altre occasioni.
Salutata con lo scetticismo di molti “addetti ai lavori”, la scelta di Vincenzo Trione per la cura del Padiglione Italia 2015 mi ha colpito molto positivamente, non solo perchè Trione ha curato dei progetti sul tema, a me particolarmente caro, della dialettica tra classicità e arte contemporanea oltre il caos postmoderno (in questo video il curatore presenta la mostra Post Classici, allestita nel 2013 ai Fori Imperiali a Roma) ma anche perchè, a differenza delle passate edizioni all’insegna del vuoto contenutistico, finalmente sembra emergere un’idea critica chiara, congruente con le riflessioni che nel bene e nel male oggi animano le ricerche di buona parte dei giovani artisti. Da subito Trione ha annunciato che il suo progetto sarà incentrato sull’individuazione del “Codice Italia”, quindi ciò che contraddistingue la produzione artistica italiana.
La prospettiva identitaria è, infatti, un tema fondamentale dell’attualità in campo politico e sociale come in quello artistico: essa si va a contrapporre al senso di vuoto creato dalla globalizzazione delle prassi economiche, proponendo un ritorno di attenzione nei confronti delle specificità culturali in rapporto con la storia. Le differenze stilistiche nell’arte dei differenti luoghi del mondo sembrano ai più semplici retaggi di un passato estinto da ammirare nei musei, come l’artigianato locale che da sapienza millenaria diviene merce ad uso e consumo turistico. Questa errata visione di ciò che è una cultura è dovuta sostanzialmente alla scarsa abitudine all’osservazione di ciò che ci circonda al di là dello schermo televisivo. Una semplice passeggiata nella propria città ci mostrerà quanto essa sia stilisticamente diversa dalle altre, e quanto questa specificità stilistica, costante nella storia del luogo pur nei graduali cambiamenti, vada ad influire nello stile di vita dei cittadini formando un tutt’uno con essi. Se non vogliamo che le nostre città continuino a trasformarsi in immensi centri commerciali, uguali in tutto il mondo, è bene che l’arte torni ad interessarsi all’identità locale e a rapportarsi con la storia, e che lo faccia sul palcoscenico più importante è un’ottimo segnale, con buona pace di chi si crede apolide solo perchè passa la propria giornata nei social network.
Non sarà semplice per Trione individuare un’identità dell’arte italiana, tanto contaminata da decenni di esterofilia, senza cadere in vuoti eccessi folkloristici. Inoltre, l’identità italiana è formata da un insieme di moltemplici identità locali che ne costituiscono la variegata ricchezza espressiva, difficilmente riassumibili in un “codice” unico, ma è un bene che l’arte e la critica d’arte tornino ad elaborare il passato con spirito dialettico, riallacciandosi senza timori ad una dimensione storica che nelle proprie radici trova l’energia per il rinnovamento.
Andrea Lacarpia
non sono una tecnica ma ho sempre conosciuto la Biennale di Venezia come un’esposizione di risultati di ricerca nei vari campi dell’arte, credo risulterà molto difficile trovare in questo senso, “un’appartenenza” ammenochè non si voglia tornare indietro nel tempo, quando era possibile stabilire l’identità dell’artista. Ma non mi sembra questa l’occasione giusta, si tratta, comunque, di attendere i risultati